Welfare

E l’italia rimase un paese solo per vecchi

Fu Prodi a volerla. Ma quando vennero rese pubbliche le conclusioni, i sindacati gridarono allo scandalo...

di Maurizio Regosa

Le contraddizioni di ieri sono quelle di oggi. Né più né meno. I bisogni, sempre più diffusi, cercano (ancora) un vero progetto politico che sappia farsene carico. E per dirla con Paolo Onofri, presidente della Commissione che dieci anni fa mise a punto una serie di proposte di cui ancora si discute, «siamo ancora in mezzo a un guado»?

Vita: Eppure la Commissione aveva le idee chiare: introdurre nell?epoca moderna principi di equità. Non è così professore?
Paolo Onofri: Sì. Sullo sfondo il principio era quello. Ma da quella stratosfera scendeva a livelli molto operativi. Soprattutto alla luce della considerazione che l?assetto di natura sociale del nostro sistema economico non aveva e non ha ancora raggiunto quei livelli di protezione sociale che altri Paesi avevano da 20, 25 anni. La domanda era: dobbiamo cambiare qualcosa o continuare a perseguire obiettivi individuati da anni? Eravamo come in mezzo a un guado: mentre si passava il fiume verso un sistema sociale molto più moderno, i punti di riferimento dall?altra parte della riva stavano cambiano?

Vita: Siamo ancora in mezzo a quel guado?
Paolo Onofri: Sì. Questa è la sensazione. Qualcosa è stato fatto. Ci si è dati alcuni strumenti. Come l?Indicatore di situazione economica equivalente. Molti Comuni e Regioni lo usano per selezionare le prestazioni sociali a favore dei cittadini o per determinarne i contributi. È un aspetto importante: tende a realizzare quel concetto di universalismo selettivo. Inquadrato poi dalla legge del novembre 2000 che ha fornito la cornice per la prestazione di servizi sociali e costituito il fondo sociale. Quest?ultimo poi è stato svuotato nel corso degli anni seguenti. Le motivazioni più forti per andare verso un sistema di protezione della non autosufficienza si sono affievolite? Ci sono state nel 96-97 le riforme del mercato del lavoro, seguite da quelle del 2002, 2003.

Vita: Fra le raccomandazioni della Relazione c?erano gli ammortizzatori sociali, che oggi riempiono le pagine dei giornali?
Onofri: Giornali pieni di proposte, non di scelte. E questo è il punto più complesso. Forse anche più di ulteriori interventi sul sistema pensionistico, che non chiamerei riforma ma applicazione di norme già in vigore.

Vita: La Relazione è figlia di un?epoca in cui non c?erano né l?euro e né la riforma del Titolo V.
Onofri: L?euro però c?era, in prospettiva. La riforma del Titolo V non era assolutamente all?ordine del giorno. C?era la percezione in astratto che sui servizi sociali ci fosse una competenza specifica degli enti locali, più a contatto con i cittadini. Comunque è vero che ci si è mossi con l?idea che lo Stato mette i soldi, dà i criteri generali, definisce livelli di assistenza possibilmente uniformi, poi l?offerta è fatta dai Comuni.

Vita: Le proposte di allora sono molto più avanti di quelle di oggi?
Onofri: I problemi non sono cambiati. Nella Relazione finale si individuano due macroproblemi: invecchiamento della popolazione e globalizzazione. Le due grandi ?derive?, in senso neutro, alle quali è impossibile opporsi. Bisogna capire come adattarsi a questi fenomeni di molto lungo periodo. La globalizzazione in particolare richiede più flessibilità sul mercato del lavoro e mobilità occupazionale. I problemi sono gli stessi. Di conseguenza le proposte attuali, lei dice, sono peggiorative? Forse scontano una difficoltà oggettiva di implementazione che in questi anni si è manifestata.

Vita: Bisogni diffusi cercano progetto politico?
Onofri: Questo è quello che appare anche dall?attività della legislazione attuale: dove sono i problemi, lo si è individuato, ma l?interagire delle pressioni dei diversi gruppi porta a dare soluzioni a spizzichi e forse a non superare la soglia della piena efficacia per risolverne almeno uno. Mi spiego: nella Finanziaria ci sono provvedimenti che vanno nella direzione giusta. Ad esempio gli aumenti degli assegni al nucleo familiare. Misure che però non riescono a realizzare a pieno il diritto di cittadinanza nei confronti delle famiglie con figli perché il diritto agli assegni non è universale, ma riguarda solo i lavoratori dipendenti e in parte quelli a contratto ma sotto certe condizioni?

Vita: La Finanziaria ha aumentato la base imponibile: chi ha figli paga più tasse di un single?
Onofri: Forse c?è stata ingenuità nel pensare che riducendo i trasferimenti ai Comuni di 4,2 miliardi, questi non toccassero le imposte. O forse c?è stata ingenuità nel pensare che la pressione dell?elettorato nei confronti dei Comuni potesse impedire loro di aumentare le imposte.

Vita: Comuni e regioni avevano messo in guardia il governo?
Onofri: Sì. Però è anche vero che una accountability, una certa assunzione di responsabilità nei confronti dell?elettorato da parte di Regioni e Comuni, deve essere messa in atto in modo più efficace. Dovrebbe essere chiaro agli enti locali che se aumentano le addizionali lo fanno perché ritengono di non essere in grado di modificare i meccanismi di spesa?

Vita: Molti hanno l?impressione di una recrudescenza di tipo dirigista.
Onofri: Posso essere d?accordo. Alla luce di quello che dicevo prima: non si vede ancora emergere una responsabilizzazione politica molto forte degli enti locali nei confronti dell?elettorato. In assenza di questo, e dovendo ancora governare la finanza pubblica complessiva, si arriva alla conclusione che tirando un po? più la corda, stringendo le redini agli enti locali e alle Regioni può essere raggiunto un obiettivo di controllo della spesa?

Vita: Ma come far sì che gli enti locali sentano questa responsabilità?
Onofri: Vedo come si potrebbe configurare un sistema di maggiore responsabilità ma non mi è chiaro come arrivarci. Ci vorrebbero imposte palesi percepite e attribuite dai cittadini a Comune e Regione. Ora per le varie tasse il cittadino non sa quanto va allo Stato, alla Regione o alla Provincia. Finché non facciamo questa distinzione non arriveremo alla accountability di cui parlavo prima.

Vita: I problemi saranno anche gli stessi, ma con il tempo si aggravano?
Onofri: Aumenta però anche la consapevolezza dei cittadini che i problemi vanno affrontati. Ad esempio sugli ammortizzatori sociali è già decisamente più chiaro che se vogliamo più mobilità occupazionale dobbiamo sostenere chi sopporta la flessibilità del sistema e non caricargliela tutta sulle spalle.

Vita: Quindi lei sarebbe favorevole più che alla riforma, al completamento della Biagi?
Onofri: Sarei favorevole all?introduzione di ammortizzatori sociali costruiti in modo tale da rendere un po? più uniforme il trattamento. Dieci anni fa avrei detto universali.

Vita: Mi sono accorto della sfumatura?
Onofri: Ora in termini di realismo applicativo direi: più uniforme. Non è realistico immaginare di abbandonare la cassa integrazione, ma dovrebbe essere finalizzata più specificamente ai casi di riduzione congiunturale dell?attività ed estesa a tutte le aziende? Rimane sempre il problema di come affrontare le crisi aziendali.

Vita: Spesso risolte con il prepensionamento che criticavate già dieci anni fa.
Onofri: In assenza di uno strumento alternativo sono rimasti i prepensionamenti, sia pure in calo. Non c?è uno strumento universale e non si può lasciare senza alcun reddito chi è a tre anni dalla pensione.

Vita: La Relazione auspicava un nuovo rapporto pubblico-privato. Per alcuni c?è stata poi un?involuzione.
Onofri: Non vedo involuzioni vere e proprie. Mi sembra che il privato sociale sia un po? più presente soprattutto nella consapevolezza dei cittadini.

Vita: Sì, ma gli si riconosce una funzione meramente esecutiva?
Onofri: Lei ha ragione. Non vedo un grande mutamento in positivo. Salvo la considerazione che facevo prima sulla maggiore presenza nella comunicazione. Lei dice non c?è concertazione con il non profit e quindi quello che viene rimane una graziosa concessione volta per volta?

Per leggere le conclusioni della Commssione Onofri: www.edscuola.it/archivio/handicap/onofri.pdf

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