Non profit

È italiano il capo mondiale degli scout. Il lupetto di tutti i lupetti

Che differenza c’è tra un esploratore africano e uno americano? Perché molti manager sono stati scout? Qual è il futuro del movimento? Intervista ad Eduardo Missoni.

di Antonietta Nembri

“Mi hanno trovato i cacciatori di teste”. Anzi, lui, Eduardo Missoni, per quel posto di segretario generale dell?Organizzazione mondiale del movimento scout non aveva neppure presentato la domanda. Ma è proprio Missoni, 49 anni, manager, il nominato per l?incarico che ricoprirà ufficialmente dal prossimo aprile. Eduardo Missoni, medico specialista in medicina tropicale, è oggi docente di Management della cooperazione allo sviluppo alla Sda della Bocconi, un incarico assunto dopo 16 anni alla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del ministero degli Affari esteri. Una lunga esperienza nei Paesi in via di sviluppo, prima come volontario, poi come funzionario Unicef e infine come responsabile degli aiuti sanitari italiani in America Latina e Africa. Esperienza che ora, succedendo a Jacques Moreillon, in carica dal 1988, mette a disposizione dell?organizzazione mondiale del movimento scout, con sede a Ginevra, che raccoglie 28 milioni di aderenti in 215 Paesi. Vita: Lo scoutismo è una realtà immensa. Quali sono le aree e le nazioni dove questa presenza è maggiore? Eduardo Missoni: Se guardiamo i numeri, il 70% degli scout è in Asia. In questo continente il movimento non è solo ben visto dai governi, ma spesso viene promosso da essi e questo è un po? in contraddizione con l?anima dello scoutismo. Poi abbiamo gli altri movimenti, di area americana, dove ha rilevanza la forma e l?educazione è legata agli skill, alle abilità pratiche. Un esempio? Negli Usa non esiste che tu indossi il fazzolettone e i jeans: l?uniforme è l?uniforme. Da noi, al contrario, il rischio è quello dello svacco totale. Personalmente sono molto attento all?uniforme, ha un suo senso. Lo stile scout non è lo svacco. Vita: Cosa contraddistingue lo ?stile scout?? Missoni: Innanzitutto va tenuto presente che non siamo un?organizzazione sorta per fare parate. Il nostro è un compito educativo, educhiamo i giovani a essere cittadini del mondo e se questo compito era valido nel 1907 per il nostro fondatore Baden Powell figuriamoci ora, in un?epoca di globalizzazione. Lo scoutismo non ti dice come devi comportarti, ma come dovrebbe essere un buono scout. La legge scout non ti dà delle prescrizioni, ma un obiettivo da raggiungere. Vita: Tornando al fenomeno scoutismo nel mondo: la presidente del Comitato scout mondiale, Marie-Louise Correa, è senegalese. Com?è lo scoutismo africano? Missoni: Molto interessante: anche per loro l?attenzione all?uniforme è importante, ha anche una funzione di status, ma sono un movimento che si confronta con realtà estreme. La lotta all?Aids sta diventando una delle attività degli scout africani: è dentro ai programmi. Si pongono il problema della lotta alla povertà. Temi quali lo sviluppo, l?ambiente, l?umanizzazione della globalizzazione sono all?interno di strategie approvate dalle conferenze internazionali E sono appunto le strategie che dovrò mettere in atto come segretario generale. Con l?attenzione non a sottolineare le differenze, ma a unire. Vita: E venendo all?Europa? Missoni: Ci sono gli scoutismi latini, non solo quello italiano, ma anche spagnolo, portoghese. Da noi c?è uno spirito più attento al sociale, al servizio. Sicuramente questo in Italia è molto forte, basti pensare alla presenza degli scout alla Marcia della pace. Gli scout italiani hanno anche preso posizioni vicine alla rete di Lilliput. Vita: In Italia gli scout sembrano vivere un nuovo protagonismo, non solo partecipano, ma sono anche tra i promotori della Marcia Perugia-Assisi. E ora c?è il primo italiano alla guida del movimento mondiale… Missoni: A ben guardare, in un momento in cui ci sono pochi italiani alla guida di un?organizzazione mondiale, non se ne sono accorti in molti fuori dal nostro mondo. È vero che si tratta di una realtà non profit, ma mi ha comunque sorpreso la scarsa attenzione riservata a un fenomeno mondiale come lo scoutismo che, in Italia, soffre ancora di luoghi comuni. Purtroppo da noi l?immagine che passa è quella delle Giovani Marmotte… Vita: Quale potrebbe essere la ragione? Missoni: Forse c?è l?incapacità, non solo del pubblico, ma anche dei media, a leggere il movimento scout nella sua essenza: la più grossa realtà di educazione informale e il maggior movimento giovanile mondiale. E forse, anche la non capacità dell?Agesci e della federazione di fare un?adeguata informazione. Dico forse perché sono fuori dallo scoutismo attivo, quello in divisa, da una ventina d?anni. Anche se semel scout, semper scout. Vita: Quello che assumerà ad aprile non sarà un incarico onorifico, ma pratico. In un?epoca di globalizzazione questo cosa chiede a chi dovrà gestire il movimento a livello mondiale? Missoni: Lo scoutismo arriva prima della Società delle Nazioni e Baden Powell ha fatto dell?unione dei ragazzi del mondo un punto forte del suo metodo, in un?epoca in cui non si parlava di globalizzazione e c?erano pure pochi mezzi per incontrarsi. Oggi abbiamo degli strumenti in più. È, si può dire, il primo movimento globale, inserito in diversi contesti a livello locale. Proprio per questo occorre fare in modo che si possa vivere la dimensione internazionale nel lavoro quotidiano con i ragazzi. Vita: In pratica? Missoni: Occorre collegare, attuare cioè quello che si chiama glocale. Per esempio, uno scout di Roma o Milano ha contatti con lo scout di Nairobi o Kampala. In qualsiasi Paese ci sono scout di cui sei fratello, e con i quali ti puoi collegare attraverso canali privilegiati di contatto. Credo che l?organizzazione mondiale abbia il compito di privilegiare questi canali. Vita: Molti uomini di potere sono stati scout. È un caso? Missoni: Credo che lo scoutismo possa essere una buona scuola. In molti Paesi, il movimento ha abbandonato l?impronta originale di Baden Powell, che aveva iniziato negli slum di Londra, e si rivolge alle élite. Molte grandi aziende poi utilizzano, deformandolo, il metodo scout per formare i manager. Non basta dire, come si usa: ci sono state 300 milioni di promesse quindi altrettanti scout, perché sarebbe interessante vedere quante di queste sono state, in realtà, rinnovate di anno in anno divenendo il motivo della vita. Se così fosse, credo che il mondo sarebbe diverso.


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