Formazione

E il Sud ci azzecca, o no?

Centro-nord pigliatutto nelle elargizioni: 84 miliardi su 100 finiscono là. E i progetti del Sud rimangono al palo. Il rimedio? "Applicare la legge"

di Redazione

L e fondazioni bancarie italiane sono un po? come la pietra filosofale. Tutti le cercano, perché potrebbero trasformare in oro tutto quello che toccano, ma finora nessuno le ha trovate. Il loro immenso patrimonio, infatti, rimane ancora in larghissima parte al sicuro nei forzieri. Per colpa di chi? Molti dicono che è colpa loro, delle fondazioni stesse, le quali certo non smaniano per adeguarsi a una legge che le chiama così pesantemente alla responsabilità sociale.
Ma c?è qualcuno che non la pensa così, e anzi rimanda i sospetti al mittente. È Sandro Molinari, presidente dell?Acri, l?associazione Casse di Risparmio italiane, che nel quadro della legge 266/91 ha il ruolo chiave di nominare alcuni componenti dei Comitati di gestione dei Centri di servizi del volontariato. Molinari anticipa a ?Vita? gli ultimi dati sulle erogazioni dirette ai Centri di servizio per il volontariato. E interpreta così i ritardi nell?applicazione della normativa: «Gli obblighi di destinazione e la creazione di strutture intermedie non sempre improntate alla massima efficienza, come i Comitati di gestione, hanno provocato uno slittamento dei tempi di ben otto anni» dice. «È un sistema vischioso che impedisce ai fondi accantonati di affluire rapidamente ai Centri di servizio».
Dunque le fondazioni hanno assolto pienamente ai loro compiti?
Alla fine del 1998 le fondazioni bancarie avevano destinato ai fondi speciali per il volontariato oltre 213 miliardi, di cui 111 sono stati amministrati direttamente dei Comitati di gestione. Le nomine dei rappresentanti delle fondazioni in seno ai Comitati sono state effettuate con tempestività e con spirito di collaborazione. Se in qualche regione si sono avuti dei problemi, o delle lungaggini, ciò è stato causato da difficoltà di natura più spesso politica che tecnica che hanno riguardato sempre gli altri soggetti che avevano diritto alle nomine.
Niente da rimproverare, allora?
Un rilievo che occorre fare è sulla distribuzione dei fondi, che secondo un?indagine condotta finora su 62 fondazioni, sono andati per l?84 per cento al Centro-Nord e solo per il 16 per cento al Sud, dove i bisogni sociali sono senza dubbio più rilevanti. Non solo. Se si considera la percentuale di assegnazione dei fondi ai Centri di servizio, si vede che se la media nazionale è al 76 per cento, nel Sud scendiamo al 40. Un dato che fa capire quanto sia serio il problema della scarsità di fondi per il Mezzogiorno.
Cosa si potrebbe fare per migliorare la situazione, secondo lei?
Molti hanno proposto di introdurre vincoli legislativi per indirizzare i finanziamenti obbligatoriamente al Sud, ma io non sono d?accordo: sarebbe un inutile, ulteriore appesantimento. Molto meglio invece applicare fino in fondo l?articolo 1, che prevede la possibilità per le fondazioni di destinare fino al 50 per cento dei fondi a regioni diverse da quella di appartenenza.
Finora il cammino della 266 al capitolo fondazioni è stato molto tortuoso. Se dovesse fare un augurio per il futuro, quale sceglierebbe?
Spero che tra tutti i soggetti coinvolti in questo sistema così complesso si possa presto aprire un tavolo di discussione, per individuare insieme, e non l?uno contro l?altro come spesso è accaduto finora, proposte e soluzioni utili a superare le difficoltà che ancora ci impediscono di realizzare in pieno i nostri obiettivi a favore del Terzo settore.

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