Mondo

E il clowndottore diventa professionista

La clownterapia è ormai entrata in quasi tutti gli ospedali italiani per aiutare i pazienti, soprattutto i bambini, a sdrammatizzare l’ambiente ospedaliero

di Redazione

Che si potesse vivere facendo il clown, è noto, ma che lo si potesse fare anche come clowndottore è cosa recente. La clownterapia è ormai entrata in quasi tutti gli ospedali italiani per aiutare i pazienti, soprattutto i bambini, a sdrammatizzare l?ambiente ospedaliero. «Il nostro stipendio va dagli 800 ai 1.200 euro al mese con un contratto a progetto. Generalmente siamo in ospedale tre giorni la settimana con interventi di almeno due ore ciascuno». Così Cristiana De Maio, responsabile dell?associazione Lacarovanadeisorrisi.

Con il nome d?arte ?dottoressa Clorobrilla? da dieci anni svolge questa professione e aggiunge: «Lavoriamo grazie al bando Sorrisi in ospedale pubblicato dal Comune di Roma che permette a quattro associazioni di lavorare nelle strutture sanitarie della capitale. Poi ci sono anche le aziende private che sempre di più sponsorizzano le nostre attività in centri di cura per l?infanzia». Il clown ha il compito di sdrammatizzare la figura del medico e dell?infermiere: «Per questo usiamo strumenti trasformati in giocattoli come stetoscopio e siringhe. Quando arriviamo ci informiamo della situazione dei pazienti. All?interno del reparto noi siamo l?unica figura che può essere rifiutata; se invece accettano di giocare con noi, eseguiamo dei giochi di prestigio. Molto è lasciato all?improvvisazione che ha alle spalle però un grande studio. Ad esempio la capacità di cogliere le situazioni e gli spunti che gli stessi pazienti danno o chiedono». Al momento i clowndottori ?professionisti? sono circa una sessantina, all?opera grazie a diverse associazioni: due anni fa, la maggioranza di queste si è riunita nella Federazione nazionale dei clown dottori. Non suoni male la parola ?professionisti?, perché fare i clowndottore implica una profonda conoscenza non solo delle arti circensi, ma anche della particolare psicologia del bambino malato: formazione teorica e pratica in ospedale, quindi, sono obbligatorie. «Ci sono corsi ad hoc organizzati da associazioni e dagli enti locali», spiega Cristina De Maio, «con lezioni di clowneria, palloncineria e micromagia, e poi di psicologia dell?età evolutiva, di igiene ospedaliera, di storia della risata e di conoscenza del codice deontologico che la federazione ha redatto».

Non tutti però possono fare questo lavoro. Il requisito più importante è l?età. «Preferiamo persone che vanno dai 22 ai 40 anni ed escludiamo i giovanissimi che potrebbero non essere pronti a gestire emotivamente l?esperienza di malati oncologici. È avvantaggiato chi suona uno strumento musicale, chi ha una base artistica e una formazione umanistica ». Importante, poi, è il lavoro in team: «Gli ospedali, infatti, stipulano convenzioni con le associazioni e non con i singoli professionisti».

Info: La carovanadeisorrisi onlus, Roma – www.lacarovanadeisorrisi.it

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