Volontariato
E finalmente tutti si tornarono ad abbracciare
Un laboratorio di scrittura a distanza, da fare da soli o con i compagni di classe. Per dare ai bambini un posto "giusto" in cui esprimere le loro emozioni. Perché le emozioni dietro le mascherine non si vedono, ma dentro di noi ci sono sempre. Anna Genni Miliotti lo fa con la novella ambientata nello strano paese di Acqua Muchina, dal finale aperto. Cinquanta bambini hanno già risposto
I Muchinesi hanno strane abitudini. Anche se si conoscono tutti, per salutarsi non si danno la mano, non si abbracciano, non vedi mai nessuno dare un bacio… Per salutarsi, fanno così: un gesto con la mano, da lontano, e non si avvicinano mai a meno di un metro! Nessuno qui ti invita a una festa, troppa gente non sta bene e nemmeno ci sono le feste di paese. La banda suona qualche volta, ma è difficile suonare il trombone o il clarinetto con una mascherina sul viso. Già, perché qui tutti portano una mascherina. Ma non come quella di carnevale, tutta colorata. No, una verdolina che copre naso e bocca. Tutto funzionava così da tanto tempo e nessuno si ricordava più come fosse prima. Nemmeno i più anziani del villaggio. In questo paese, tutti sono "malvenuti".
Il paese in cui si svolge questa novella è Acqua Muchina, un villaggio celebre per la sua sorgente. La sua acqua aiuta a guarire da molte terribili malattie: dal raffreddore alla diarrea, dal mal di stomaco al mal di denti. E perfino dai tristi pensieri. Poi un giorno, la fonte si prosciuga, l’acqua smette di sgorgare e la gente inizia ad ammalarsi: colpa dei turisti, che a Acqua Muchina ci venivano a frotte, pensano gli abitanti. Insomma, un paese dove stare vicini è diventato un rischio, la distanza è diventata la norma, la scuola si fa via skype. Tante le similitudini con la nostra vita di oggi. Il progetto si intitola “Scrivi con me una favola” ed è un progetto di scrittura terapeutica. Si basa sulla novella “Nel paese di Acqua Muchina”, scritta da Anna Genni Miliotti (allegata all’articolo e scaricabile gratis online dal sito nazionale di Soroptimist International Italia) per bambini dai 6 ai 10 anni. Il racconto è stato tradotto anche in lingua inglese, adattandosi così anche ai ragazzi dei primi anni della scuola secondaria di primo grado. Il finale è aperto e bambini e ragazzi sono invitati a completarlo (potete inviarlo a: contact@annagennimiliotti.it). C’è il virus a Acqua Muchina, ma anche un altro problema: dietro le mascherine non si vedono le emozioni, men che meno i sorrisi.
«I bambini hanno maggiori risorse di noi adulti, perché sanno vivere il presente con lo sguardo rivolto al futuro. Forse, le storie che verranno fuori da questo progetto serviranno non solo a loro, ma anche a noi adulti, per affrontare con il loro fiducioso sorriso, tutto il presente che stiamo vivendo», dice Anna Genni Miliotti. La scrittrice ha lavorato con la scrittura terapeutica con bambini adottati, con i bambini del terremoto dell’Aquila e poi di Norcia, in più riprese. «La scrittura è strumento per aiutare i bambini che hanno subito o stanno subendo un trauma a comprendere meglio, ma soprattutto ad esprimersi trovando finalmente uno spazio adeguato per le loro emozioni. Con leggerezza, perché i bambini ne hanno bisogno. Passo per passo li conduco alle emozioni che provano in quel momento. Noi adulti siamo stressati, forse più dei bambini, non abbiamo tempo per ascoltarli e accogliere le loro emozioni: spesso l’intervento che funziona allora deve venire da fuori. Con una favola puoi entrare dalla finestra anziché dalla porta, ma arrivi al cuore», dice.
Un lavoro che non serve solo ai bambini, quello sulle emozioni: «Ha un valore anche sugli adulti, perché i genitori che leggono la novella trovano una via diversa anche loro per guardare al presente», dice Miliotti. «L’ho sperimentato dopo il terremoto dell’Aquila, i genitori spesso guardano al futuro con la nostalgia di tornare come prima, mentre i bambini vivono più nel presente e guardano al futuro in maniera diversa».
Sono già una cinquantina i finali inviati dai bambini. Da dalla Sicilia, dall’Abruzzo, persino dall’America… «C’è il bambino “ambientalista” che va a cercare la sorgente e vede che è bloccata dalla plastica. C’è l’ingegnere che fa un nuovo scavo. C’è quello furbo che attacca la fontana all’acquedotto, spacciando l’acqua normale per quella medicamentosa. C’è tanta magia, c’è il sindaco che parla con Conte, ci sono i medici che studiano una pozione per far guarire l’acqua», racconta la scrittrice. Serena per esempio la storia l'ha fatta finire così: «ristrutturarono il paese, ma c’era ancora un problema, l’emozionevirus. Gli scienziati dissero che per sconfiggere questo emozionevirus bisognava far vedere ed esprimere tutte l’emozioni, così ricominciò tutto da capo e l’emozionevirus non cera più e tutti ricominciavano a fare quello che non potevano fare, tipo i bambini ricominciavano ad andare a scuola e tutti si potevano abbracciare e togliere quelle mascherine che non ti facevano capire niente e tutti vissero felici e contenti nel paese di Santa Amuchina».
Le parole chiave di tutti i finali, sono tre: «il ritorno alla normalità, il tornare ai baci e soprattutto agli abbracci, perché tutti smettono di avere paura, si tolgono la mascherina e tornano ad abbracciarsi e infine la scuola. Ne parlano proprio tutti. Lo dico con la frase di un bambino: “E tutti vivono felici e contenti e finalmente i bambini ritornano a scuola”. Perché stare bene è stare a scuola, insieme agli amici».
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