Sostenibilità

E così il sociale finisce in bolletta

Settanta miliardi sottratti alla difesa dell' ambiente,tutela dei minori e all’assistenza ai bisognosi. Finiscono nelle casse delle Poste e delle compagnie telefoniche.

di Carlotta Jesi

Comunicare. Ancora? Ma con Internet gratis, telefonate a basso costo con tanto di pubblicità su misura, fax che passano come d?incanto da computer a telefonino, globalizzazioni, mondovisioni giubilari e gadget tecnologici da far invidia a un marziano, chi può ancora inserire la comunicazione tra le sfide da vincere nel nuovo Millennio? Il Terzo settore. Italiano e non di un Paese in via di sviluppo. Riconosciuto dalle autorità come parte sociale e non più alla ricerca di una identità. Futuro protagonista del welfare ma ancora considerato come un cliente di serie B, con scarse business opportunities, da colossi delle telecomunicazioni e Poste S.p.a. Chi, insomma, comunica per aiutare gli altri e sintetizza la sua sfida più importante in due parole: tariffe agevolate per poste, telefoni e Internet. I rischi di una possibile sconfitta? Miliardi sottratti all?ambiente, tutela dell?infanzia e lotta all?esclusione sociale per pagare bollette salatissime. Il postino presenta il conto «Settanta miliardi in meno di attività non profit solo per saldare i conti con le Poste», prova a quantificare i danni Paolo Giganti del Wwf. L’associazione per la difesa dell’ambiente che ogni anno spedisce ai suoi 300 mila soci quasi 2 milioni di riviste e guida la campagna del non profit italiano contro l’abolizione delle tariffe postali agevolate per le riviste degli enti senza scopo di lucro e l’editoria prevista dalla Finanziaria ’99. «Il provvedimento doveva essere effettivo dall’ 1 luglio 2000», spiega Giganti, «noi abbiamo chiesto l’inizio del 2001 e ottenuto il primo ottobre del 2000: comunque qualche mese in più per tentare di convincere governo e poste che tagliare i costi del non profit non è una soluzione». Se, come prevedono le nuove normative in materia di tariffe postali, spedire house organ e riviste al Terzo settore costerà circa 400 lire contro le attuali 108 o 138, ad aumentare sarà il disagio sociale e non solo il bilancio delle Poste. «La nostra spesa annuale subirà un bel raddoppio: da 500 milioni a un miliardo, da sottrarre alle nostre attività. E non è tutto, visto che sulla tariffa piena di 400 lire si avrà un rimborso parziale dopo un anno». Per tagliare i costi, insomma, lo Stato sembra disposto a considerare i bollettini dei volontari italiani meno delle riviste porno che comunque godono dei benefici delle sciagurate leggi sull’editoria. Giganti a nome delle cento associazioni e realtà non profit firmatarie dell’appello che i nostri lettori ben conoscono, lancia al governo una nuova sfida: «Lo Stato deve scegliere: rinunciare all’attività del Terzo settore o pagare una parte delle sue tariffe postali». Un impegno serio fatto di politiche sociali e non di beneficenza part time e sponsorizzazioni. Di fatto l’unico tipo di rapporto che oggi lega Terzo settore e compagnie di telecomunicazioni. Occupatissime -la notizia è del 27 dicembre- a procurare tariffe agevolate per chi al telefono sceglie i numeri del Lotto o a cercare pubblicità da inserire nelle conversazioni di abbonati pronti a tutto per un piccolo sconto. E a chi il telefono lo usa per aiutare gli anziani, raccogliere denunce dei bambini maltrattati, informare sui rischi dell’Hiv o spiegare a un immigrato i suoi diritti? Tante grazie e bollette a sei zeri. Numeri verdi, bilanci in rosso Come quella del Telefono Azzurro: 14 mila tentativi di chiamata giornalieri sul numero verde dedicato ai bambini, oltre dieci milioni di telefonate risposte in dodici mesi e una fattura annuale pari a un miliardo. «Di cui 105 mila lire al mese solo per il numero verde della Telecom», spiega il presidente dell’associazione professor Ernesto Caffo, «che noi usiamo perché i bambini ci possano chiamare anche se non hanno soldi e paghiamo come una grande azienda cui serve per le promozioni destinate ai clienti. Oltre, ovviamente, ad assumerci l’intero costo delle chiamate ricevute». Possibile? Sì. E ancora più difficile da digerire se si getta uno sguardo oltre i confini nostrani: help line sostenute nei costi e infrastrutture da British Telecom nel Regno Unito, telefonate natalizie regalate dalla Telecom di Spagna ai suoi 28 mila cooperanti in missione nel mondo e tariffe agevolate per le fasce deboli della società in Francia. E in Italia? Neppure un registro delle linee telefoniche di utilità sociale. Centodieci nella sola Lombardia, rivela una ricerca del Nucleo operativo alcologia dell’Asl città di Milano. Che per dare un’idea della loro rilevanza sociale ha contato le telefonate ricevute nel 1999 dai centralini sulla salute (20%), Aids (15%), tossicodipendenza (14%), solitudine e disagio (11%), minori (7%) e donne(3%): 350 mila richieste di aiuto. «Per cui», spiega Caffo, «oltre a un registro dedicato ci vorrebbero infrastrutture e supporti tecnologici adeguati: formazione per gli operatori e volontari che rispondono alle chiamate, speciali strumenti che consentono di comprendere e tradurre in italiano anche le richieste di un bambino extracomunitario che si rivolge al Telefono Azzurro». Insomma, vere e proprie politiche sociali che riescano a evitare i paradossi di oggi: con la grande diffusione del cellulare, per esempio, sono sparite quasi tutte le cabine telefoniche. E da dove dovrebbero chiamare i bambini che non possono farlo da casa? «Il problema», aggiunge Caffo, «è che qui bisogna cambiare la cultura delle grandi compagnie telefoniche». Per queste il Terzo settore è un agglomerato di buone azioni e convegni sociali da sponsorizzare con immediato ritorno di immagine. Non sparate sul sito non profit «Operazioni poco trasparenti e, soprattutto, ingiuste nei confronti delle piccole associazioni periferiche poco conosciute», commenta don Fortunato di Noto del Telefono Arcobaleno. Che combatte la sua battaglia contro la pedofilia su Internet al modico prezzo di 12 milioni l’anno. «Con 1.800 lire all’ora di collegamento a un provider locale e 250 mila lire di abbonamento annuale si fa presto a spendere grandi cifre, ma non dobbiamo deludere le 8900 persone che ogni due mesi visitano il nostro sito e le circa 80 e-mail giornaliere cui rispondiamo», spiega Don Fortunato. Finanziarsi con banner pubblicitari? «Per un sito non profit ci sono mille difficoltà, noi per esempio abbiamo dovuto rifiutare la sponsorizzazione della Visa che appare anche su siti pornografici». Insomma, di un serio sostegno alla comunicazione sociale all’inizio del 2000 non c’è neppure l’ombra. «Ma cominciare a lavorarci sopra è facile», spiega don Fortunato, «puntiamo su criteri di qualità precisi in base a cui distinguere help line e siti Internet di utilità sociale». Per esenzioni e tariffe agevolate basterà copiare i Paesi che hanno fatto della comunicazione sociale un vero fattore di sviluppo.


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