Volontariato
E Bush si inventò un ministro
Per la prima volta negli USA un ministro per gli Affari interni. Anteprima del prossimo numero di Vita dedicato alla Marcia della Pace. Interventi di Revelli, Sofri, Bobba e...
Quello che segue è un intervento che vi anticipiamo di Fabrizio Tonello presente sul prossimo numero. Fabrizio Tonello è stato a New York dal 1989 al 1997. Insegna all’Università di Padova Comunicazione politica e Storia e istituzioni nordamericane, dopo essere stato Visiting Fellow alla Columbia University di New York. Ha scritto “Progetto Babilonia” (Garzanti 1993) e “Da Saigon a Oklahoma City” (Limina 1996) e nel 1999 “La nuova macchina dell’Informaizone” Culture, tecnologie e uomininell’industria americana dei media per i tipi di Feltrinelli.
Lunedì scorso Tom Ridge, un veterano del Vietnam ed ex governatore della Pennsylvania, è diventato il direttore dell?Office of homeland security, l?equivalente del nostro ministero degli Interni, anche se con compiti prevalentemente antiterrorismo. La notizia è stata sottovalutata da chi considera ovvia l?esistenza di una o più polizie centralizzate a livello nazionale: negli Stati uniti, invece, questa nomina rappresenta una rottura profonda nella cultura politica del Paese.
Magistratura e polizia ?nazionali? sono sempre state considerate negli Stati uniti come la negazione del federalismo, in un certo senso istituzioni da repubblica delle banane: la sicurezza è laggiù una responsabilità prettamente locale, affidata ai sindaci, a procuratori elettivi e a poliziotti che al di là dei confini comunali ridiventano privati cittadini. La nascita dell?Fbi e della Cia, apparati permanenti e a disposizione dell?esecutivo, rappresentava già una violazione dello spirito della Costituzione soprattutto per l?assenza di serio controllo parlamentare su questi enti.
Il nuovo direttore dell?ufficio della Sicurezza interna dovrà coordinare il lavoro di decine di agenzie federali e statali che hanno competenza su immigrazione, antiterrorismo, prevenzione di attacchi sul territorio, mentre i poliziotti di New York o quelli di Minneapolis continueranno a dipendere dai rispettivi sindaci. È fuori di dubbio, però, che la nomina di Ridge si inserisce in quel processo di estensione delle competenze del governo federale che i padri fondatori del Paese aborrivano più di ogni altra cosa.
Quanto forte sia questo sentimento lo dimostrò l?attentato di Oklahoma City che, nel 1995, provocò 168 morti; l?autore Timothy McVeigh fu giustiziato nel giugno scorso. La strage fu esplicitamente motivata da McVeigh come un atto di rappresaglia contro un governo federale responsabile dell?assalto al ranch di una setta di avventisti in Texas, conclusosi tragicamente nel 1993. Intervistato da un giornale di Waco durante l?assedio, McVeigh tra le altre cose disse: «Il governo federale continua a crescere, diventa sempre più grande e potente. Il popolo deve prepararsi a difendersi contro il controllo governativo».
L?azione di McVeigh rappresentò l?apice della crescita del cosiddetto movimento delle milizie, una destra plebea, dedita al culto delle armi da fuoco, che odiava i democratici quanto i repubblicani, che voleva non un ?governo forte? bensì un?assenza di governo. Una destra che si alimentava dei temi anticentralisti sostenuti per decenni da Ronald Reagan e George Bush padre e si sentiva legittimata dagli attacchi incessanti dei repubblicani contro Bill Clinton, gli omosessuali, gli ecologisti. Una destra che si nutriva di quella diffidenza per la capitale e il governo centrale entrata nel dna politico degli Stati uniti fin dalla guerra d?Indipendenza.
Di questo sentimento di diffidenza troviamo la prova in un passo dei Federalist papers, lì dove Alexander Hamilton ironizza sul modo in cui gli antifederalisti avevano descritto l?istituzione della presidenza dopo la convenzione di Filadelfia: il presidente che abiterà nella nuova capitale federale, scriveva Hamilton, «ci è stato dipinto con una corona scintillante sulla fronte e un manto di porpora sulle spalle e ai suoi piedi. È stato posto su di un trono, circondato di favorite e di amanti, nell?atto di dare udienza agli ambasciatori stranieri in tutta la pompa raffinata della maestà» (Wills 1982, 341).
Nel 1787, in un Paese dove non esisteva alcuna capitale federale e dove il 95 per cento della popolazione viveva in agglomerazioni di meno di 2.500 abitanti, molti si preoccupavano di satrapi e concubine: una diffidenza verso i palazzi del potere, compreso il potere legittimamente eletto, che perdura ancora oggi. Quando l?angoscia per il terrorismo e l?euforia patriottica saranno svanite, molti americani si chiederanno cosa avrebbero pensato Thomas Jefferson e George Washington di un governo federale tentacolare come quello odierno.
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