Mondo
E Bossi ci disse: “Siete le orecchie del territorio”
Sono 26 le sigle: Nessuna aderisce al Forum del Terzo settore. Storia di un movimento militnte nato dall'alto.
Ce n?è per tutti i gusti. Dalla difesa della scuola privata ai progetti di sviluppo in zone di guerra. Dallo sport di base alla donazione di sangue. Dalla salvaguardia del patrimonio artistico alla promozione dei diritti delle donne. In tutto fanno 26 associazioni. Ma tutte rigorosamente made in Lega. Nate e cresciute sotto l?ala protettiva del partito del Nord. Fedeli, fedelissime. Bossi le ha definite «le nostre orecchie sul territorio». Il Forum del terzo settore? Nemmeno sanno che cosa sia. In fondo non ne hanno bisogno. Il senatùr basta e avanza. Tira dritto Renata Galanti, da dieci anni coordinatrice del network social padano, che poche settimane prima delle elezioni ha redatto un manifesto comune con la lista dei desideri da sottoporre agli 85 parlamentari del contingente in camicia verde: «Ho qui una lista lunga un chilometro di sigle che vorrebbero entrare nel nostro circuito». Qualche nome? «Siamo in trattativa con i camperisti, ma dobbiamo valutare bene il loro curriculum», informa dal quartier generale di via Colombi. Un indirizzo non casuale. Via Colombi è una traversa di via Bellerio, la casa della Lega. Il palazzo però è lo stesso. Il partito infatti oltre al coordinamento, ospita anche la sede di gran parte delle associazioni del Carroccio. Inclusa l?Umanitaria Padana onlus. <b>La nostra colonna sonora</b> «Le nostre sono realtà che vivono quasi esclusivamente di volontariato, ma il partito ci dà una mano mettendoci a disposizione questi spazi. Questo non significa che chi non condivide le nostre idee viene ostracizzato. Anzi: mi è capitato in più di un?occasione di avere fra i miei collaboratori persone di estrema sinistra», spiega Sara Fumagalli, che oltre a essere la responsabile dei progetti dell?onlus, è anche la consorte di uno dei colonnelli della Lega, Roberto Castelli. Ma se le chiedete quale sia il politico più vicino al sociale, malgrado il marito già sul finire degli anni 90 l?abbia accompagnata «sotto le bombe a portare aiuti alla popolazione serba di Novi Sad», la risposta sarà sempre Bossi. Il verbo del líder maximo padano – «aiutarli ad aiutarsi» – «è la nostra colonna sonora», rimarca la Fumagalli. Dal Kosovo all?Iraq, dall?Afghanistan al Libano, le missioni umanitarie quasi sempre coincidono con la presenza di un contingente militare tricolore. Una strana liaison. «Non bisogna sorprendersi», avverte la Fumagalli, «è ovvio che non potendo disporre di mezzi propri il fatto che ci sia una staffetta militare rende più agevole il trasporto degli aiuti». Che nell?ultimo anno sono quantificabili in 112.292,33 euro comprensivi sia del valore dei fondi che di quello dei beni donati. «Arrivano tutti da donazioni di privati e aziende che ci conoscono e sostengono». Una consistente iniezione di fondi arriverà presto dal 5 per mille. L?Umanitaria Padana è infatti una della quattro sigle leghiste che fin dal 2006 ha usufruito della rivoluzione fiscale introdotta dall?amico Tremonti. Ai nastri di partenza del 5 per mille 2008 ci sono invece sei associazioni in camicia verde. Fra queste la Padas, che si occupa di donazione di sangue e conta 200 iscritti, quasi tutti militanti leghisti. Fondata a Genova dal 63enne Renzo Di Prima, broker assicurativo, con i fondi del 5 per mille si augura di «incrementare il numero delle adozioni a distanza». Sangue e minori. Anche qui un binomio sui generis. Eppure «quello è un percorso che abbiamo intrapreso lo scorso anno con un?adozione dallo Zambia, appoggiandoci alla parrocchia di San Francesco d?Albaro, qui a Genova». Il refrain è sempre lo stesso: «Aiutiamoli a casa loro». «È quello che dice Bossi, è quello che pratichiamo noi», spiega Di Prima. <b>La croce in ?verde?</b> Nel nome del grande capo è nata anche Padanassistenza («Gli ho chiesto se potevo occuparmi di sociale e lui mi ha detto: fai pure, vai avanti. Non ho atteso un secondo», ricorda la presidente Silvana Fandella). Si tratta dell?unica cooperativa sociale del lotto, che oltre a occuparsi del trasporto di anziani e malati, offre servizi di assistenza domiciliare gratuita in convenzione con alcuni Comuni della provincia di Varese, «ma, per evitare problemi, nessuno di quelli a maggioranza leghista: dalla Lega non ci arriva un euro», aggiunge la Fandella. Fra le ammiraglie sociali in camicia verde non si può infine sorvolare su Guardie padane, Sport Padania e Associazione federale donne padane. Sulla prima difficile avere dettagli in più, per esempio il numero dei volontari arruolati. Il neo presidente – 59enne, triestino doc, con la passione per le immersioni – Renzo Oropesa, in aperta polemica col suo predecessore il generale Alfredo Pollini, si limita a riferire che la sua «è un?associazione di protezione civile e non un corpo paramilitare». «Per avere le cifre, occorrerà aspettare che il suo insediamento sia completato», conferma la coordinatrice Galanti. A portata di mano ecco invece i numeri di Sport Padania (il Coni lumbard, da cui proviene lo stesso Oropesa), che il 7 maggio organizza l?amichevole di calcio fra Padania (guidata dall?ex campione di Milan e Inter, Maurizio Ganz) e Tibet: 80 società e 17mila iscritti (3mila dei quali nel comparto più rappresentato, quello delle arti marziali) e un budget annuale da 30mila euro. «Il 66% proveniente dalle quote di affiliazione, il resto dalle sponsorizzazioni», precisa il capo dello staff organizzativo Claudio Gallo. Infine le Donne padane, guidate da Ornella Callioni. Quaranta sedi sparse in tutto il Nord e 2mila tesserate. Gli obiettivi dell?associazione? «Organizzare convegni, viaggi culturali e raccogliere fondi per l?Umanitaria padana», risponde la presidente.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.