Economia

È arrivato il momento di raccontare la Storia

Dalle prime riflessioni critiche sul modello di welfare pubblico degli anni 70 alla nascita del nuovo modello della cooperazione sociale.

di Carlo Borzaga

Tra i limiti che hanno reso le politiche per l?uguaglianza non del tutto soddisfacenti, due sembrano essere quelli più importanti: l?eccessiva enfasi posta su interventi volti più a compensare le differenze che a mettere le persone nelle condizioni di promuovere il proprio sviluppo e l?eccessivo attaccamento ai mezzi (alle politiche, appunto), rispetto ai fini.

Il loro superamento richiede una modifica piuttosto radicale nelle strategie. Va superato il concetto di «individuo assistito», inteso come portatore di bisogni uguali per tutti, per sostituirlo con quello di persona, con la sua identità e la sua biografia, facendo diventare la stessa e non il suo stereotipo il fine ultimo di ogni intervento. Vanno inoltre sostituiti gli interventi riparatori, volti solo ad attenuare le condizioni di disagio, con interventi capaci di restituire ad ogni persona la possibilità di perseguire in autonomia i propri obiettivi di vita. E va ribadito che il fine è la persona, il suo progredire, mentre gli strumenti possono essere diversi perché sono solo mezzi e in quanto tali fanno parte della Storia, delle sue conquiste, delle innovazioni istituzionali e organizzative via via più adatte per fronteggiare i problemi della povertà e del bisogno. Fedeli al fine e leggeri sullo strumento, verrebbe da dire, perché se il fine è la persona, e quello rimane, lo strumento deve mutare secondo la scansione determinata dal progredire della società, a volte scomparendo per sempre, altre solo temporaneamente, per poi ricomparire in forma rinnovata. Se si guarda alle vicende storiche con questa prospettiva si scopre che esse sono piene di attori, di istituzioni, di organizzazioni, appunto di strumenti diversi che nei vari momenti storici sono intervenuti sulle povertà e hanno reso meno penose le condizioni economiche e di vita di molte persone.

Ed è proprio la storia di uno di questi attori che questo libro vuole ricostruire, quella della cooperazione sociale, una particolare forma di impresa senza scopo di lucro che ha cercato di coniugare istanze solidali e attività imprenditoriali in un settore, quello dei servizi socio-assistenziali, dove nessuno avrebbe mai pensato di realizzare attività di impresa. La storia di uno strumento creato dalla libera iniziativa di cittadini per perseguire, assieme e in sinergia con altri istituti, pubblici e privati, la lotta all?esclusione sociale, per promuovere il benessere delle persone e dell?intera collettività. (?)

Origini di un modello
Al cattivo funzionamento dei sistemi pubblici di welfare, i governi hanno cercato di rispondere soprattutto riducendo l?intervento pubblico e lasciando più spazio all?azione dei privati a scopo di profitto, nella convinzione che questi fossero meglio in grado di accrescere l?efficienza e forse anche di migliorare i livelli di equità, dando ad ognuno in proporzione all?impegno profuso. Ma a questa stessa crisi sono state date anche risposte diverse, ignorate per molto tempo perché decentrate, quasi invisibili se prese singolarmente, ma non per questo meno importanti. Sono state le risposte di gruppi spontanei che dagli anni 70 del secolo scorso hanno maturato senso critico nei confronti del modello pubblico di welfare, senza rinnegare però i valori che lo avevano retto e le conquiste acquisite. Ad una chiara consapevolezza dei diritti di ciascuno – e in capo alle persone in difficoltà in particolare – essi hanno risposto non chiedendo meno intervento pubblico, ma con una maggiore assunzione di doveri, di responsabilità personale e collettiva, liberando creatività e dando spazio all?iniziativa privata nella soluzione di problemi di interesse generale, soprattutto di natura socio-assistenziale.

È in questa fase che hanno preso corpo le iniziative del volontariato organizzato pensate come risposta partecipata, solidale e concreta della società civile; come modo innovativo di prendersi cura della persona in difficoltà, stabilendo relazioni improntate sul dono, sulla fiducia e sulla gratuità. Ed è da questo nucleo originario che in breve tempo si è messo in moto un vero processo di istitution building attraverso il quale si sono create nuove forme organizzative, compresa la cooperazione sociale, pensata per stabilizzare l?azione volontaria, superando i limiti delle forme giuridiche disponibili. La cooperazione sociale è stata la formalizzazione di un impegno civile che, ad un certo punto ha chiesto e ottenuto di chiarire ruoli, funzioni, obiettivi, per non lasciare la solidarietà in balia del caso o dell?approssimazione. Con l?ambizione di ricomporre sotto uno stesso tetto aspetti apparentemente inconciliabili: l?impresa e la solidarietà, dando vita a un?organizzazione di «comunità». (?)

Molti attori in scena
Si è così sviluppato un modo nuovo di pensare al sociale, al benessere delle persone e della collettività, fondato sullo sviluppo di un pluralismo istituzionale in cui trovano spazio diverse soggettività, una molteplicità di letture, e quindi più risposte e soluzioni. Un assetto istituzionale che pare molto più adatto a rispondere ai bisogni di una società post fordista, oggi globalizzata, dove non è più possibile ricondurre tutto al binomio Stato-mercato. La complessità e la diversità dei problemi sono infatti tali da richiedere la compartecipazione di tutti gli attori, soprattutto dei soggetti appartenenti al settore non profit, specie quelli a carattere più innovativo e imprenditoriale.
Di Carlo Borzaga e Alberto Ianes

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