Politica

È allarme risorse umane nell’Agenzia per la cooperazione allo sviluppo

Doveva essere il fiore all'occhiello della cooperazione italiana, ma a sei mesi dalla sua nascita l'Agenzia per lo sviluppo è già in bilico. Colpa della Ragioneria dello Stato che non autorizza un concorso per arruolare nuovi giovani esperti di sviluppo indispensabili per il futuro dell'Agenzia. «Aumentano i fondi, ma mancano le risorse umane per gestire programmi e progetti sempre più numerosi», denuncia Emilio Ciarlo, responsabile delle relazioni istituzionali e internazionali.

di Joshua Massarenti

Ricordate la parole espresse a febbraio su Vita dal nostro ministro degli Esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, sul futuro della cooperazione italiana allo sviluppo? Probabilmente no, e quindi vi riproponiamo uno dei passaggi clou della sua intervista:

La legge di Stabilità 2016 ha aumentato le risorse a disposizione per la Cooperazione allo sviluppo di ben 120 milioni di euro per il 2016, che diventeranno 240 milioni nel 2017 e 360 nel 2018. Rilanciamo così finalmente il profilo internazionale del nostro Paese. Al raggiungimento di questo risultato contribuirà naturalmente anche l’azione dell’Agenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, che nei prossimi mesi avvierà le proprie attività”.

Per chi non lo sapesse, l’Agenzia menzionata da Gentiloni è il braccio operativo della nuova cooperazione italiana allo sviluppo ell’era Legge 125. Lo aveva detto a chiare lettere lo stesso ministro degli Esteri sottolineando che “quanto alle competenze, l’Agenzia sarà il soggetto operativo, alla Farnesina spettano le scelte di indirizzo”.

Bene, ma per essere operativa l’Agenzia ha bisogno di risorse. Aumentando i fondi a favore della cooperazione allo sviluppo, e quindi dell’Agenzia stessa, il governo aveva dato un segnale forte che annunciava un cambiamento di rotta importante rispetto agli anni di vacche magre.

La legge di Stabilità 2016 ha aumentato le risorse a disposizione per la Cooperazione allo sviluppo di ben 120 milioni di euro per il 2016, che diventeranno 240 milioni nel 2017 e 360 nel 2018. Rilanciamo così finalmente il profilo internazionale del nostro Paese.

Paolo Gentiloni, ministro degli Esteri e della cooperazione internazionale

Ma spesso i soldi non bastano per rilanciare una macchina – quella della cooperazione italiana – che da decenni progetta e implementa tra mille difficoltà programmi di sviluppo per la lotta contro la povertà nel sud del mondo. Non bastano se non si garantisce all’Agenzia per la cooperazione allo sviluppo – che dal gennaio scorso è entrata al comando di quella macchina – le risorse umane sufficienti per portare avanti il suo lavoro.

E qui arriviamo al cuore della polemica sollevata alcuni giorni fa da Emilio Ciarlo. In un post pubblicato su Facebook, il responsabile delle Relazioni istituzionali e internazionali dell’Agenzia commenta fra l’amaro e l’ironico la visita di un big della cooperazione internazionale, Bill Gates, in via Contarini.

“Oggi con l'Agenzia cooperazione abbiamo incontrato Bill Gates per parlare di progetti di agricoltura sostenibile, migrazioni e sostegno alla società civile italiana. È particolarmente amaro constatare che l'incontro é avvenuto mentre la Ragioneria dello Stato non autorizzava l'emendamento del sen. Verducci per consentirci di selezionare nuovi, giovani esperti di sviluppo per l' Agenzia. L'attenzione per il nostro lavoro e il ruolo dell'Italia (ancora di più dopo Brexit) é veramente elevato: in pochi giorni abbiamo incontrato delegazioni di alto livello francesi, americane e spagnole. Se non ci si rende conto che l'aumento del nostro peso, delle nostre ambizioni e delle risorse economiche deve essere accompagnato da un investimento in giovane e valido capitale umano da prendere dalle università, dalle ong, e dalle organizzazioni internazionali si finisce per tagliare le gambe della riforma e per rendere vano il nostro lavoro”.

Oggi con l'Agenzia cooperazione abbiamo incontrato Bill Gates per parlare di progetti. È particolarmente amaro constatare che l'incontro é avvenuto mentre la Ragioneria dello Stato non autorizzava l'emendamento del sen. Verducci per consentirci di selezionare nuovi, giovani esperti di sviluppo per l' Agenzia.

Emilio Ciarlo, responsabile delle Relazioni istituzionali e internazionali dell’Agenzia

Nel suo sfogo, Ciarlo mette in luce un paradosso che rischia di essere letale per il destino della cooperazione italiana: da un lato si annunciano fondi in aumento, dall’altro non si mettono a disposizione le risorse umane necessarie per implementare progetti e programmi anch'essi in aumento. Qualcuno dirà: meglio così, si risparmia. E invece no. La logica della spending review non è una ricetta adatta a tutte le salse. E l’opposizione della Ragioneria di Stato lascia parecchio l’amaro in bocca. Perché? Ce lo dicono i numeri. La Legge 125 prevede un organico pari a 200 dipendenti nella sede di Roma (e quella di Firenze) e un centinaio all’estero, compresi in entrambi i casi i dirigenti ma non gli esperti (che ammontano ad una cinquantina).

Ad oggi, le risorse umane ammontano a 127 in Italia e appena 26 all’estero. A livello dirigenziale, la situazione è ancora più drammatica. A rivelarlo era stata la direttrice dell’Agenzia, Laura Frigenti, in un’intervista rilasciata al mensile Vita appena due mesi fa: “Siamo partiti il 1 gennaio 2016 con la sola sottoscritta, affiancata da un dirigente non generale proveniente dall’ex istituto agronomico di Firenze che abbiamo incorporato. Al momento abbiamo provveduto alla selezione di uno dei due vicedirettori responsabile delle funzioni giuridico-amministrative proveniente dal Ministero delle Finanze, e tre dirigenti non generali per gli uffici giuridico, bilancio e relazioni istituzionali e esterne”. Insomma, appena cinque dirigenti rispetto ai 18 previsti dalla Legge 125.

Siamo partiti il 1 gennaio 2016 con la sola sottoscritta, affiancata da un dirigente non generale proveniente dall’ex istituto agronomico di Firenze che abbiamo incorporato.

Laura Frigenti, Direttrice dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo


In attesa di completare l’organico dirigenziale, urge sistemare quello tecnico. Da cui l’autorizzazione richiesta dall’Agenzia allo Stato per organizzare un concorso con l’obiettivo di reclutare i 60 funzionari. Ma con quali profili? I funzionari degli ultimi decenni “non hanno avuto una formazione o un’esperienza dedicata alla cooperazione e tra loro c’è chi aspirava a fare carriera diplomatica all’interno del Ministero degli Esteri piuttosto che rimanere alla Direzione generale sviluppo”, ricorda Laura Frigenti. “L’idea dell’Agenzia per lo sviluppo è quello di avere un corpo di esperti tecnici guidati da dirigenti tecnici. Purtroppo è molto difficile trovare queste figure all’interno dello Stato”. In altre parole, la Frigenti è alla ricerca figure tecniche esterne, con un background solido in cooperazione internazionale. Da cui la volontà della direttrice dell’Agenzia di voler aprire il concorso al personale esterno.

“Sui 60 profili richiesti, 20 dovrebbero provenire dall’amministrazione pubblica e i 40 restanti dal di fuori”, precisa Emilio Ciarlo. Contattato da Vita.it, il responsabile delle relazioni istituzionali e estere dell’Agenzia fa riferimento a "profili con una formazione universitaria nel settore della cooperazione allo sviluppo e con quatttro o cinque anni di esperienza professionale in un’ONG o un organismo internazionale”. Insomma dei giovani su cui puntare, formare e che andranno a sostituire i tecnici della vecchia generazione. “Da qui ai prossimi cinque anni, il 40% del personale attuale andrà in pensione”, sottolinea Ciarlo. “Questi pensionati vanno sostituiti, e bene, il che significa reclutare nuovi tecnici il più presto possibile per prepararli ad assumere in un prossimo futuro funzioni dirigenziali e non all’interno dell’Agenzia”.

Da qui ai prossimi cinque anni, il 40% del personale attuale andrà in pensione. Sui 60 profili richiesti, 20 dovrebbero provenire dall’amministrazione pubblica e i 40 restanti dal di fuori, con una formazione universitaria nel settore della cooperazione allo sviluppo e con quatttro o cinque anni di esperienza professionale in un’ONG o un organismo internazionale.

Emilio Ciarlo

Insomma, qui non si tratta di un capriccio, ma dalla strenua volontà di portare la cooperazione italiana a livelli di eccellenza indispensabili in un mondo – come quello della cooperazione internazionale – ultra competitivo, dove gli organismi internazionali fanno a gara per reclutare i migliori. Ma in italia c’è chi la pensa diversamente. Alcuni mesi fa, il ministro della Funziona Pubblica, Marianna Madia, si era opposta all’idea di aprire il concorso a profili esterni alla pubblica amministrazione. E questo potrebbe spiegare il rifiuto della Ragioneria di Stato di autorizzare l'emendamento del sen. Verducci per organizzare il concorso in tempi brevi, con la conseguenza di fare perdere un tempo preziosissimo all’Agenzia, alle prese con l’emergenza assoluta di riempire il suo organico.

Al di là dell’annuncio dell’Italia di aumentare del 30% suo impegno per la lotta all'Aids, la tubercolosi e la malaria, il cavallo di battaglia della Fondazione Gates, un colosso che ha speso oltre 4 miliardi di dollari di finanziamento nel 2015 contro i 550 milioni di euro di cui è dotata la nostra Agenzia nel 2016, provate a immaginare una discussione tra Frigenti e Bill Gates sulle modalità operative della stessa Agenzia. Certo, il fondatore della Microsoft sa che l’Agenzia è una nuova struttura, ma cosa direbbe se venisse a sapere – o forse lo sa già – che l’organigramma è lungi dall’essere completo e che la carenza di risorse umane impedisce lo staff dell’Agenzia ad elaborare nuovi progetti, per poi implementarli. E se la situazione non si sblocca in tempi rapidi, l’assunzione di nuovi funzionari rischia di slittare nel… 2017, con le conseguenze che possiamo immaginare sulla capacità operativa della stessa Agenzia durante l'anno in cui l'Italia assumerà la Presidenza di turno del G7 e siederà al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite come membro non permanente.

Ma oltre a daneggiare la nuova struttura di via contarini, il mancato concorso rischia di mandare in fumo la volontà del governo di ri-orientare i fondi della cooperazione italiana allo sviluppo. Nell’intervista concessa Vita il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, aveva promesso “un progressivo riequilibrio del rapporto tra la quota dell’Aiuto pubblico allo sviluppo dell’Italia destinato al canale multilaterale e quella utilizzata attraverso il canale bilaterale”.

Se la situazione non si sblocca in tempi rapidi, l’assunzione di nuovi funzionari rischia di slittare nel… 2017, con le conseguenze che possiamo immaginare sulla capacità operativa della stessa Agenzia.

Nel 2013, il canale multilaterale – vale a dire le agenzie ONU, l’UE, le banche di sviluppo e altre organizzazioni internazionali – assorbiva il 75% dell’APS italiano (il 45% per la sola la Commissione europea), con il 25% restante gestiti sotto forma bilaterale. Se Gentiloni vuole davvero riequilibrare i rapporti a favore del bilaterale, è necessario che l’Agenzia sia dotata delle risorse umane minime per poter gestire fondi in aumento. E questo spiega perché in tutti questi anni l’Italia ha privilegiato il canale multilaterale: per il semplice fatto che non aveva i profili tecnici sufficienti per concepire e gestire direttamente o indirettamente progetti di sviluppo in ambito bilaterale.

L’ultimo punto riguarda i costi. Secondo voci di corridoio, la Ragioneria di Stato non avrebbe autorizzato il concorso per via degli stipendi eccessivamente alti previsti per i nuovi tecnici da assumere. Siccome la copertura finanziaria del budget dell’Agenzia è garantita soltanto sino al 2018, alla Ragionera c’è chi punta il dito contro la sostenibilità dei costi del nuovo personale sul lungo termine. Da Via contarini, ci fanno sapere che i costi di 60 nuovi funzionari sono pari a 2,6 milioni di euro lorde all’anno, una cifra poco superiore a un progetto di cooperazione internazionale di media dimensione, ma che soprattutto rappresenta lo 0,5% del budget complessivo dell’Agenzia nel 2016 (pari a 550 milioni di euro). Ad organigramma completo, il peso del personale su questo budget non raggiungerebbe mai i livelli riscontrati in altri organismi internazionali, la cui ratio si aggira sui 8-10%.

Se Gentiloni vuole davvero riequilibrare i rapporti a favore del bilaterale, è necessario che l’Agenzia sia dotata delle risorse umane minime per poter gestire fondi in aumento.

Insomma, nulla giustifica la bocciatura della Ragioneria di Stato. La vicenda del concorso dell’Agenzia per la cooperazione italiana allo sviluppo simboleggia in qualche modo lo scollamento che si verifica tra il governo e l’apparato burocratico.

Di sicuro rischia di far fare brutte figure ai ministri che sostengono che l’Italia è di ritorno nell’arena politica internazionale della cooperazione allo sviluppo. Non tradurre questo “come-back” in realtà equivale a vivere di slogan che ben si sa hanno il fiato corso. Presto se ne accorgerà anche Bill Gates.

Foto di copertina: Philippe Desmazes/Afp/Getty Images

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