Cultura

E adesso tocca al Sudamerica

Tutti i più autorevoli osservatori sono d’accordo: per trovare il successore di Wojtyla bisogna guardare oltre l’Atlantico.

di Paolo Manzo

«Credo davvero che sia arrivato il momento per un Papa latinoamericano». La frase potrebbe sembrare una delle tante speculazioni giornalistiche, non fosse che a pronunciarla è stato Gianfranco Svidercoschi, già vicedirettore dell?Osservatore Romano ma, soprattutto, l?unico che nel 1978, dopo la morte di Papa Luciani, era riuscito a pronosticare in anticipo l?elezione del cardinale polacco Karol Wojtyla. Intervistato da La Tercera, il Corriere della Sera in salsa cilena, Svidercoschi fa tre nomi: l?argentino Jorge Mario Bergoglio, l?honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga e il brasiliano Claudio Hummes. 125 milioni di battezzati Neanche immaginassero la previsione di Svidercoschi, a São Paulo e Buenos Aires l?attesa per l?elezione del prossimo Pontefice è spasmodica. Così come a Santiago, Bogotá e in tutti i Paesi dell?America latina. Numericamente, del resto, la Chiesa con il maggior numero di cattolici al mondo è quella brasiliana, con 125 milioni di battezzati. La seconda è quella messicana, che può contare su 80 milioni di fedeli e, nella ?top ten? dei Paesi più cattolici al mondo, rientra pure l?Argentina, con oltre 29 milioni di battezzati. Paesi latinoamericani uber alles, quindi, anche perché, se si sommano tutti i cattolici da El Paso a Ushuaia si supera ampiamente il 50% del totale mondiale dei fedeli della Chiesa di Roma. Se ci aggiungiamo anche i latinos che vivono negli Stati Uniti, si arriva ai 540 milioni di fedeli, pari al 62,4% del miliardo e 86 milioni di cattolici che, secondo l?Annuario Pontificio 2005, popolano il pianeta Terra. Una cifra impressionante, che spiega le moltitudini di persone accorse in questi giorni nella Basilica de Guadalupe a Città del Messico, nell?iglesia del Padre Ignacio a Rosario, nell?iglesia de San Nicolás a Buenos Aires, e nelle mille e mille chiese latinoamericane. Accorsi per omaggiare il Papa polacco, certo, ma anche per chiedere un Papa proveniente dal Cono Sur. Non solo per un sentimento nazionalistico ma per l?esigenza sentita dal popolo di scuotere una Chiesa cattolica che, seppur maggioritaria, è percepita da queste parti come troppo lontana dalla gente e dai problemi reali che l?attanagliano. Porre un freno al dilagare delle sette che, negli ultimi dieci anni, sta mettendo a rischio quest?enorme ?bacino d?utenza? continentale per la Chiesa di Roma è un altro ottimo motivo che rende auspicabile un Papa latinoamericano. In Brasile, per esempio, la fede evangelica si diffonde sempre più attraverso il marketing televisivo religioso o tramite giganteschi raduni catartici realizzati in ?templi? colossali, nelle sterminate periferie delle città verde-oro. Gli evangelici sono attivi nelle favelas, negli ospedali, nelle prigioni e «la mediazione tra detenuti e autorità carcerarie nelle frequenti rivolte penitenziarie, spesso, è condotta dai pastori dell?Igreja Universal de Deus e non dai cappellani cattolici, come accadeva fino agli anni 90», spiega Marco Lucchesi, esperto brasiliano in ecumenismo. Occhio agli evangelici Del resto, l?ascesa delle sette cristiane si deve anche al fatto che gli evangelici usano rituali come la ?trance? e l?estasi, assenti nelle funzioni cattoliche, ma assai vicini alla spiritualità brasiliana ereditata da religioni afro come il Candomblé e l?Unbanda. «Ciò che però manca più di tutto qui è una rappresentanza politica dei cattolici», spiega a Vita Adelino Rosani, presidente del Movimento cristiano lavoratori in Brasile e coordinatore dell?attività di Mcl in tutto il Sud America. «Manca una Democrazia cristiana in Brasile e, di conseguenza, i cattolici non sono rappresentati in parlamento, a differenza degli evangelici». Colpa, anche e soprattutto, della «troppa distanza che la Chiesa cattolica ha avuto su temi molto delicati dal punto di vista della dottrina, ma assai sentiti dalla gente povera. Penso all?Aids, all?aborto, alla biotecnologia», spiega Rosani, che si auspica un Papa latinoamericano, e spera che «la scelta ricada su Claudio Hummes, un uomo sensibile, buono e? simpatico. Dote importante, soprattutto dopo un pontefice come Wojtyla, che faceva della simpatia e della comunicatività un punto di forza». Anche il cileno Bolivar Aguayo, responsabile della Compagnia delle Opere per il Sud America, sottolinea l?importanza che avrebbe l?elezione di un Papa latinoamericano per i cattolici del continente, dichiarando di essere rimasto molto colpito dalla sensibilità di Bergoglio e dell?arcivescovo di Santiago, Francisco Javier Errazuriz Ossa ma di non «fare il tifo per nessuno in particolare». Certo, se la scelta dovesse ricadere sul prelato argentino sarebbe una «mezza rivoluzione», perché il sessantottenne Bergoglio è figlio d?emigranti piemontesi. E, proprio per questa sua ?italianità? sono in molti a darlo come favorito. A ben guardare, comunque, le voci più insistenti su un Papa latinoamericano arrivano proprio dalla Chiesa. «Saremmo molto orgogliosi di un Papa latinoamericano», ha detto all?Associated Press il principale esponente della Chiesa cattolica di Puerto Rico, l?arcivescovo di San Juan, Roberto González Nieves. Il primate polacco Jozep Glemp, grande amico di Wojtyla, poco prima di celebrare una messa nella basilica di Luján, periferia di Buenos Aires, ha confidato alla stampa argentina che ci sono «parecchi vescovi e arcivescovi latinoamericani che hanno tutte le possibilità di assurgere al Soglio pontificio». Per Enrique Miret Magdalena, teologo e già presidente dell?Associazione Giovanni XXIII «un Papa latinoamericano sarebbe molto positivo, anche perché la metà dei cattolici vive proprio qui?». Forse, però, il più esplicito di tutti è stato il cardinale di Santo Domingo, Nicolas de Jesus Lopez Rodriguez che, prima di votare in conclave, ha messo in chiaro le sue intenzioni: «L?America latina dovrà essere presa in considerazione nella scelta del prossimo Papa. Il successore di Giovanni Paolo II dovrebbe essere latinoamericano? Penso si possa discutere questa possibilità». Info: I papabili del continente Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga Arcivescovo di Tegucigalpa, 62 anni, salesiano, è il primo cardinale nella storia dell?Honduras. Obbligato a girare con la scorta a causa delle sue battaglie contro droga e corruzione, ha attaccato spesso nelle interviste rilasciate le privatizzazioni selvagge, il neoliberismo senza controllo e l?ideologia marxista, «un prodotto scaduto della storia». Non ha ancora un sito web, suona il sax e il pianoforte, paladino della giustizia sociale per la soluzione dei poveri del Sud del mondo è il più progressista dei tre.

Vatican: the Holy See

Jorge Mario Bergoglio Arcivescovo di Buenos Aires, 68 anni, gesuita, la sua vita è un capolavoro di umiltà: usa abitualmente l?autobus, vive in un appartamento, non ha un assistente personale, spesso cucina lui. Ingegnere chimico, di origini piemontesi, rifugge il culto della personalità e una sua nomina alleggerirebbe sicuramente un po? l?apparato della Chiesa. Molto spirituale e tradizionalista dal punto di vista della dottrina, si è caratterizzato per le aperture al sociale e le aspre critiche contro la corruzione politica.

Arzobispado de Buenos Aires

Claudio Hummes Arcivescovo metropolitano di São Paulo, 70 anni, francescano, durante gli anni della dittatura militare brasiliana si era distinto per essere un progressista avanzato. D?origini tedesche, oggi è considerato tra i più conservatori dell?America latina. Wojtyla lo scelse perché, pur volendo qualcuno che stesse dalla parte dei poveri, desiderava per quell?incarico un cardinale che restaurasse dei princìpi teologici moderati in Brasile, il Paese simbolo della teologia della liberazione.

Arquidiocese


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