Volontariato

E adesso l’Europa pensa in elettronico

L’Unione riflette sul suo sviluppo in Rete. Arriva un documento

di Riccardo Bagnato

E-Europe. Ma cos?è? È di moda mettere davanti ad ogni vecchio termine una piccola ?e?, che sta per ?electronic? in riferimento al mondo di Internet. Così anche la Comunità europea per la conferenza di Lisbona tenutasi il 23 e il 24 marzo, ha adottato un documento preparatorio, chiamato E-Europe. A Lisbona i capi di governo si sono dati un obiettivo ambizioso: «L?Europa deve diventare», dice il comunicato finale, «un?economia basata sulla conoscenza, che sia la più dinamica e competitiva del mondo, capace di una crescita che crei più posti e di miglior qualità, con una maggiore coesione sociale». A questo punto il Consiglio e la Commissione sono formalmente invitati a presentare, in giugno, un Piano globale di azione E-Europe. Le sue linee guida sono già tutte elencate e fra queste compare anche una legge quadro per il commercio elettronico . Entro il 2000 si dovrà arrivare a un quadro giuridico per l?e-commerce, il diritto d?autore, la moneta elettronica, la vendita via Web di servizi finanziari, la competenza giudiziaria nelle transazioni online, competenza che per il momento ricadrebbe sui tribunali del Paese dell?acquirente e cosa che per ovvi motivi non va proprio giù agli Stati Uniti.
Pubblica amministrazione in Rete: gli stati membri devono assicurare, entro il 2003, un accesso generalizzato per via elettronica a tutti i servizi pubblici di base per cui, novità passata in secondo piano per l?euforia internettiana che ha preso un po? tutti, è già pronta la normativa per gli appalti.
Bene. E l?accesso per i disabili tanto sottolineato nel documento introduttivo alla Conferenza? Tutto rimandato al Progetto Europeo ?Equal?, per il quale si prevedono finanziamenti, ma i cui bandi arriveranno solo ad autunno 2000. Intanto però le associazioni non profit chiamate a organizzare parternariati con enti locali, aziende e simili in Europa, devono darsi da fare per trovare e progettare insieme un percorso di formazione, in cui (e siamo al punto) si possano formare e ridisegnare i limiti e le opportunità di accesso ad Internet per tutte le fasce deboli. Certo è però che i parlamentari europei non perdono tempo. I bandi possono attendere fino ad autunno, ma la European Internet Foundation (www.EIFonline.org/), è presente sul Web già da un mese.
Tra i soci fondatori associati di questa Fondazione (associazione non profit secondo le leggi del Belgio) ci sono, oltre a 57 parlamentari europei (di cui solo uno italiano) nomi noti come il francese Michel Rocard, e poi Andersen Consulting, Alcatel, BT, DaimlerChrysler, Finnish Federation for Communications & Telecommunications, Icl, Intrasoft International, Kpn, Planet Sa, Philipson & Associates Ltd, Siemens, Strategic.Value, Telefonica, Telewest, Upc, Vivendi. Anche loro, chissà, forse presi dall?euforia della new economy, un giorno li vedremo quotarsi in borsa, senza più preoccupazione di consensi o progetti europei o fasce deboli, che debbono aspettare l?autunno per i bandi, e sperare.

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