Cultura

È a sinistra quel che si cerca a destra

Antisemitismo. Risposta a Tonello. E' vero che le radici della cultura anti ebraica sono solo a destra? A guardare la storia del pensiero pare proprio di no.

di Walter Mariotti

L?articolo di Fabrizio Tonello, pubblicato sul numero 17 di Vita (?La signora F. e gli eredi di Mussolini?), ha molti pregi. Sono d?accordo con la sostanza delle affermazioni su Oriana Fallaci che, nonostante le seduzioni di una certa attualità mediatica, continua ad apparirmi più una miliardaria perversa dall?ego devastato che un Pier Paolo Pasolini in gonnella. C?è però un errore nel pezzo di Tonello: non è vero che l?antisemitismo sia «un?invenzione della destra». Sostenerlo significa stravolgere il senso che parole come ?antisemitismo?, ?destra? e ?sinistra? hanno avuto nella storia delle idee degli ultimi trecento anni. Quella di Tonello è una lettura partitocratica della realtà, quindi ideologica: comprensibile (forse) nell?orizzonte culturale e politico di un giornalismo militante, ma proprio per questo scorretta in ambito storico e filologico. Quindi, inaccettabile per chi alla destra e alla sinistra continua a preferire la realtà, o se si preferisce la verità.

Le due facce di Marx
L?antisemitismo (moderno) nasce e si configura nell?ambito della cosiddetta sinistra hegeliana, eretica e ortodossa, quell?asse teorico che con molte anse unisce Feuerbach, Stirner, Marx, Lenin. Lì e da lì nasce tutto quello che nel Novecento è stato definito sinistra; un universo vitale, in ebollizione, spesso contraddittorio e felice, ma che rigurgita di antisemitismo. È antisemita l?anarchia di Bakunin, l?eresia opportunistica di Kautsky, l?empirocriticismo di Cernicevskij, il materialismo eversivo di Lenin, perfino il suprematismo fideistico dell?arte sovietica del 1915. E anche Marx, il geniale Marx, l?insuperabile, per chi scrive, Marx era un ebreo che vergava giudizi feroci sulla sua gente, sulla cultura ebraica, sul ?profetismo visionario? dei padri della Torah. Antisemita fino al midollo è inoltre il secondo grande asse che confluisce nella tradizione di sinistra del XX secolo, la linea postilluministica grossolanamente definita giacobina. Una teoria che se prende corpo nella pulizia etnico-religiosa dell?Enciclopedia e di Voltaire («sterminateli come pidocchi») e trova il controcanto nel prestrutturalismo panico del marchese De Sade, si sostanzia nella purificazione assassina di Robespierre, di cui gli ebrei saranno i primi a farne le spese. Non solo le biblioteche sono ancora aperte, come fa giustamente notare Tonello, ma se frequentate continuano a riservare sorprese.
Questo naturalmente non vuol dire che la destra sia scevra di antisemitismo. Vuol dire soltanto che la sinistra non ne è da meno, anzi, ne è all?origine. L?argomento di Tonello che fra i nostri attuali governanti ci siano gli ?eredi del fascismo? non cambia minimamente questa prospettiva, anzi: il fascismo fu un movimento di sinistra che nel suo sviluppo mutò sicuramente fronte assorbendo però ideologie e politiche che non appartenevano alla destra storica italiana. Sulla scelta razziale di Mussolini, sui tormenti che portarono molti rappresentanti della cultura ebraica ad abbandonare l?ideologia in cui avevano creduto, sull?ambiguo rapporto tra fascismo e antisemitismo è stato letteralmente versato un fiume d?inchiostro.
Fu il fascismo di destra? La risposta è no, se per destra si intende quello che rappresentò la destra italiana dal 1860. Sono gli eredi del fascismo oggi al governo di destra? L?imbarazzo dell?ultimo congresso di Alleanza nazionale, la difficoltà di oltrepassare la triade Dio-Patria-Famiglia sembrerebbe confermare che no, non lo sono più, proprio come non sono più di sinistra D?Alema, Fassino, Cofferati.
Il darwinismo, cui accenna Tonello, infine, con l?antisemitismo non c?entra. Nemmeno nelle riletture americane che hanno analizzato la sua applicazione sociale alla luce degli assurdi Protocolli dei sette saggi di Sion, nati guarda caso in Russia e importati in America su iniziativa di Henry Ford. A Darwin è successo quello che è accaduto a Nietzsche e al cristianesimo: un sistematico spostamento dal testo, dalla lettera, verso interpretazioni ideologiche strumentate da obiettivi personali e politici. Se il caso Nietzsche è paradigmatico (una vulgata critico-giornalistica continua non solo a considerare antisemita l?autore dell??elogio dell?ebreo? in Zarathustra ma anche a ignorare le manipolazioni provate dalla sorella, lei sì nazista convinta), il caso Darwin è esemplare. Al punto che si potrebbe fare la storia del darwinismo come la storia dello spostamento della sua rivoluzionaria intuizione (che in realtà non cozza con la Bibbia, ma questo è un altro discorso) sulla prospettiva spontaneistica di Lamarque che parla di ?razze? e ?gerarchie? mentre Darwin si riferisce sempre a ?specie? e ?armonie?.

Il genio attico
Non sono convinto di possedere gli strumenti critici per indagare la realtà del rapporto tra antisemitismo e politica. Sono certo però che la sua prospettiva è errata, che occorre partire dal cuore della cultura classica tedesca: da Winckellmann, da Goethe, da Hegel, da Marx, da Heidegger. Un cuore apertamente, orgogliosamente, dichiaratamente antisemita: non per motivi storici però, né economici, né tantomeno geosociali. Ma una volta ancora ideologici, perché tutti loro credevano nella necessità di imporre la cultura greco-romana su quella indo-iranica, identificando nel genio della koiné attica del V secolo il perfetto antidoto alla cultura materialistica del Mediterraneo occidentale. Quel ?continente liquido? di cui hanno parlato gli storici francesi i cui confini restano ancora misteriosi.

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