Scenari
E a Mountain View googlarono “nucleare”
L'Ai energivora spinge Google a dotarsi di sei centrali nucleari di nuova generazione che saranno pronte dal 2030 in poi. Una scelta che Alphabet presenta come capace di conciliare le esigenze di sviluppo e la protezione del clima. Anche Amazon annuncia un approvvigionamento nucleare mentre Microsoft si è recentemente accordata col gestore di una storica centrale che, nel 1979, spaventò il mondo col peggiore incidente della storia energetica americana. La forza di Big Tech ribalterà l'antico stigma del "Nuke"? Si aspettano le contromosse dell'ambientalismo internazionale
Nell’Alphabet di Google c’è il nucleare. Una battuta forse insipida che però potrebbe già predere a circolare da quando, stamane, il Guardian ha dato la notizia che il gigante di Mountain View, California, ha ordinato la costruzione di sei mini reattori nucleari per provvedere l’energia necessaria allo sviluppo dell’intelligenza artificiale.
Nella grande festa per le “magnifiche sorti e progressive” che ci attenderebbero grazie all’intelligenza artificiale, il dato sugli enormi consumi energetici della stessa scivola infatti sempre in secondo piano. La newsletter settimanale ProdurreBene, dedicata alla responsabilità di impresa, agli Esg e alla transizione climatica e riservata agli abbonati di VITA, ne aveva parlato già alcuni mesi fa.
Energia pronta nel 2030
Secondo il Guardian è il primo accordo al mondo di questo genere. La società tecnologica statunitense ha infatti ordinato sei o sette piccoli reattori nucleari dalla Kairos Power della California, per un totale di 500 megawatt, con il primo impianto che dovrebbe essere completato entro il 2030 e i restanti entro il 2035.
L’intento della società di Lerry Page e Sergey Brin è, citiamo dal quotidiano britannico, «ottenere una soluzione a basse emissioni di carbonio per alimentare i data center, che richiedono enormi volumi di elettricità». Secondo quanto affermato da Google, il nucleare sarebbe «una fonte di energia pulita e 24 ore su 24 che può aiutarci a soddisfare in modo affidabile la domanda di elettricità».
Aldilà delle esigenze aziendali, Google (che, come vedremo, non è sola) si prende la responsabilità di sdoganare il nucleare che, per decenni, è stato, negli Stati Uniti e nel mondo, uno dei bersagli dell’ambientalismo organizzato.
Che la notizia sia di un certo impatto lo dimostra anche il commento che ne a fatto Archie Bland, celebre firma del quotidiano che cura la newsletter First e che ha subito ripreso la notizia ma che sposta il fuoco dall’ambiente alla deregolution che per adesso accompagna la gallappata dell’Ai. «Qui, da una parte, c’è un’azienda illuminata che sfrutta le sue dimensioni per investire in infrastrutture che potrebbero cambiare il mondo in meglio», scrive riferendosi per esempio al grande sforzo di ricerca che Google finanzia nell’area della salute, «dall’altra, c’è una società scarsamente regolamentata che ignora le obiezioni democratiche nella brutale corsa al controllo di un’innovazione con un grande potenziale di nuocere, lasciando agli altri poca voce in capitolo nel suo sviluppo».
L’enfasi sul clima. Greenwashing alle porte?
E infatti, la linea presa da Alphabet e Google pare improntata a sottolineare la necessità di rispondere alla grande e ineludibile domanda di energia dell’Ai con produzione di energia pulita riguardo alle emissioni di Co2. Insomma si usa soprattutto la leva del climate change dicendo, più o meno: «Signori, questo sviluppo è ineludibile, almeno facciamolo rispettando il clima». A questo riguardo, in effetti, il nucleare è pulitissimo. Anzi, qualche osservatore più severo, potrebbe giudicare questa svolta nuclearista di Google, accompagnata da preoccupazioni ecologiste, come un acconto del greenwashing che ci si deve aspettare.
Secondo Michael Terrell, direttore senior per l’energia e il clima di Google riportato da Guardian, «la rete ha bisogno di nuove fonti di elettricità per supportare le tecnologie di intelligenza artificiale che stanno alimentando importanti progressi scientifici, migliorando i servizi per le aziende e i clienti e guidando la competitività nazionale e la crescita economica». Secondo Terrell «questo accordo aiuta ad accelerare una nuova tecnologia per soddisfare le esigenze energetiche in modo pulito e affidabile e sbloccare il pieno potenziale dell’intelligenza artificiale per tutti».
Le altre di Big Tech
D’altra parte neanche gli altri di Big Tech stanno a guardare: Microsoft, che è molto interessata ad alimentare a livello energia lo sviluppo del cloud, ha stretto un accordo per riattivare la centrale di Three Mile Island, n Pennsylvania, spenta da cinque anni.
Scelta che testimonia come sia impellente la necessità energetica: si tratta della centrale teatro del più grave incidente nella storia energetica degli Stati Uniti, nel marzo 1979, il crollo del reattore, che alimentò il movimento “No nukes”, e fece la fortuna di una pellicola abbastanza mediocre malgrado la bravura di Jane Fonda e Jack Lamon, come La sindrome cinese, che uscì proprio in quell’anno. Sempre in Pennsylvania, Amazon ha acquistato, da Talen Energy, un data center alimentato da energia nucleare a marzo.
Scenari: in arrivo una campagna pro-nuke?
È pensabile che la straordinaria potenza comunicativa di queste corporation si riverbererà, nei prossimi mesi, in una generale rivalutazione del nucleare di nuova generazione. Mossa alla quale probabilmente i big dell’ambientalismo internazionale stanno già preparandosi. Insomma, verosimilmente, si riparlerà e molto di energia nucleare.
Almeno fino al 2027, quando Kairos Power “accenderà” uno dei primi microreattori nel Tennessee. Una demo, perché sarà uguale a quelli in costruzione per Google.
Nella foto di apertura, di AP Photo/Ben Margot, File/LaPresse, due giovanissimi Page e Brin nel 2004.
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