Volontariato

E a mamma e papà zero in educazione

Programmano tempi e crescita dei figli, quasi come dei manager,ma sono incapaci di offrire modelli educativi e culturali convincenti.E così scaricano sui nonnile loro responsabilità.

di Stefania Olivieri

Manager della crescita o educatori? Incerti, confusi, fortemente individualisti, i giovani trentenni si rivelano pessimi educatori. Privi di punti di riferimento significativi, dominati dall’incertezza, i giovani genitori rischiano di farsi soffocare dai problemi organizzativi dell’accudimento dei figli piccoli. Il risultato? Si trasformano in ottimi ?imprenditori della crescita dei figli?, ma pessimi educatori. E’ questa la sconfortante conclusione di una ricerca condotta dal Centro Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica di Milano, in corso di pubblicazione nel volume “Una famiglia, tre famiglie. La famiglia giovane nella trama delle generazioni”. Realizzata su un campione di 600 coppie di giovani coniugi lombardi, età media trent’anni e con bambini piccoli, l?indagine rivela che le giovani coppie sembrano mettercela tutta a svolgere al meglio il loro compito di crescere i figli, ma sul versante educativo sono un disastro. Una carenza che solo in parte può essere compensata dall?intervento dei nonni. Più competenti ed esperti di una baby sitter, per di più a costo zero, gli anziani genitori diventano gli educatori-supplenti. Grazie a uno stretto rapporto con i nipoti, infatti, hanno l?opportunità di ?forgiare? una nuova generazione. «Possono utilizzare strategie già sottoposte a rodaggio», afferma Elisabetta Carrà Mittini, del Centro Studi e Ricerche, «oppure aggiornare le proprie competenze o, ancora, riprovare cambiando sistema». Una funzione che, secondo gli esperti, non può sostituirsi al ruolo dei genitori, ma che si contrappone in positivo ad un modello educativo carente. «Il modello educativo dei genitori lombardi risulta improntato a un?eticità debole», spiega Elisabetta Carrà Mittini. «I genitori appaiono molto più impegnati nella crescita psicofisica del figlio, ma dimostrano una scarsa disponibilità a compiere scelte eticamente più forti. Così, il processo di apprendimento risulta indebolito e deprivato della componente morale che invece dovrebbe essere parte integrante, insieme alle componenti cognitive e affettive». La causa? Secondo il Centro Studi sulla Famiglia, una buona parte di responsabilità nella crisi profonda che sembra aver investito la socializzazione familiare va attribuita alla carenza di politiche sociali di sostegno alle famiglie e, soprattutto, ad un contesto culturale “eticamente neutro”. Mancano i punti di riferimento, per le scelte educative, manca un tessuto sociale che accetti la sfida di schierarsi a favore di determinati valori. «Lasciati soli, i genitori rifuggono le scelte orientate ai valori e danno la priorità ad obiettivi educativi centrati più su un’ecologia del corpo che della mente», spiega Carrà Mittini. Il risultato? Vita salubre, attività sportive e ricreative, rispetto dell’ambiente si aggiudicano il primo posto, nei messaggi educativi trasmessi ai figli, davanti a insegnamenti come, ad esempio, il rispetto degli altri. «Tutte le agenzie potenzialmente educative, quali la scuola e i media, hanno rinunciato a svolgere questo compito», aggiunge la ricercatrice, «hanno preferito specializzarsi in funzioni meramente tecniche, lasciando soli i genitori ad elaborare un progetto educativo sensato». Quanto allo ?stile? prescelto, i genitori trentenni sembrano preferire il metodo ?democratico?: solo saltuariamente i padri e le madri intervistate fanno ricorso all?imposizione rigida di regole, con uno stile di tipo autoritario. Una scelta che forse offre ai bambini indicazioni poco ?rigide? e precise, ma che da un altro verso può ritenersi azzeccata. Dalla ricerca emerge, infatti, che un atteggiamento paterno autorevole determina lo sviluppo di una personalità equilibrata e pacata nei bambini. «Il ruolo educativo del padre, la cui autorità sembrava segnata da un debole ma inesorabile declino, si riconferma fondamentale», spiega Elisabetta Carrà Mittini. «Lo stile che gli permette di avere un certo ascendente sui figli, però, non è né l?autoritarismo che gli conferiva potere in passato, né il permissivismo, ma l?autorevolezza».


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