Non profit

Durban, va in campo un vescovo in palla

Intervista al francescano Wilfrid Fox Napier

di Paolo Manzo

È l’ideatore del progetto «Church on the ball» che aprirà ai tifosi parrocchie e oratori. «Per noi lo sport è un valore fondamentale,
che vogliamo legare alla riscoperta della fede» 69 anni portati benissimo, una vita spesa per i più poveri e dimenticati del suo Paese, il Sudafrica, che in questi giorni è diventato il centro del mondo grazie al Campionato mondiale di calcio, monsignor Wilfrid Fox Napier è un francescano da 18 anni arcivescovo di Durban, con i suoi 3 milioni di abitanti una delle città più importanti della nazione. Innalzato alla dignità cardinalizia da Giovanni Paolo II nel concistoro del 21 febbraio 2001, il suo nome era anche circolato tra i papabili per la sua successione, nel caso si fosse scelto un pontefice del cosiddetto Terzo mondo. In questi giorni Napier – grande amico del Centro sportivo italiano – è in prima linea nell’organizzazione di «Church on the ball» (www.churchontheball.com), l’iniziativa organizzata dalla Chiesa cattolica che si propone di «aprire parrocchie, oratori e chiese durante i Mondiali, per associare all’evento sportivo anche la riscoperta della fede», spiega padre Antoine Soubrier, il factotum dietro le quinte dell’evento che inizia domenica 13 giugno. Vita lo ha intervistato per approfondire quali siano le opportunità che il Mondiale fornisce all’Africa e quale possa essere il ruolo della Chiesa per far sì che l’evento possa aiutare l’intero continente.
Vita: Cardinal Napier, cosa rappresentano i Mondiali di calcio per il Sudafrica, i primi nel continente africano?
Wilfrid Fox Napier: Un’opportunità unica, che non può né deve essere persa. Innanzitutto per sottolineare il ruolo fondamentale che oggi ricopre lo sport nelle nostre culture africane. Sa, lo sport ha bisogno di pazienza, perseveranza e rispetto, tutti valori di cui le società contemporanee, a cominciare da quelle africane, hanno un bisogno incondizionato. Ma soprattutto valori che sono una bandiera per la Chiesa, ovvero la carità, il dialogo con le altre religioni e le altre culture, l’amore per il prossimo.
Vita: Come mai avete lanciato l’iniziativa «Church on the ball», letteralmente «la Chiesa sulla palla»?
Napier: L’idea di base è che anche noi che diffondiamo i valori cristiani e la parola di Cristo non dobbiamo avere nessun timore nell’impegnarci duramente durante questo mese mondiale, con coraggio e fede, proprio come i calciatori. Impegnarci a mostrare al mondo l’Africa come un esempio positivo, un esempio di Chiesa presente sul territorio, viva, e naturalmente un esempio di sport. Sul nostro sito e attraverso la nostra diocesi informeremo tutti i tifosi e i fedeli sia sulle notizie strettamente legate all’evento sportivo che sulle iniziative che organizzeremo in prossimità degli stadi dove si giocherà.
Vita: In concreto?
Napier: Offriremo ai tifosi, sia sudafricani che ai turisti stranieri, le principali iniziative spirituali che si terranno durante i mesi del Mondiale, dibatteremo con loro sollecitando riflessioni che spero possano essere riprese dai grandi media internazionali sui principali problemi che affliggono questo continente. Inoltre sottolineeremo al massimo il rapporto stretto che esiste tra Chiesa e sport ricordando una massima che è un po’ lo slogan di «Church on the ball», ovvero che «l’unica vera vittoria che dà gioia è quella che fa risplendere la dignità dell’essere umano, dello sportivo inteso come persona».
Vita: Il problema dell’Aids è uno dei principali in Sudafrica. Qual è la sua posizione in proposito?
Napier: Per combattere l’Aids, come ha detto più volte il Papa, la ricetta principe è l’astinenza, un concetto che dobbiamo diffondere sempre di più tra la nostra gente. Distribuire preservativi gratis come fa il governo sudafricano è, mi permetta la provocazione, come credere che l’unica maniera per curare l’alcolismo sia quella di dare birre gratis a tutti gli alcolisti.
Vita: Molti i giovani che seguiranno i Mondiali così come molti i giovani vittime della tratta. Lei crede che il Mondiale possa servire a qualcosa?
Napier: La speranza è che il cosiddetto mondo civile si sensibilizzi in merito a questa piaga enorme. Sono milioni gli esseri umani vittime degli schiavisti del terzo millennio, soprattutto donne e bambini, una vergogna, e per questo la Chiesa cattolica ha lanciato, assieme all’Organizzazione per il lavoro dell’Onu, una campagna contro la tratta in concomitanza dei Mondiali.
Vita: Un augurio per i lettori italiani?
Napier: Il mio è un augurio che vale per tutti. Godetevi questo Mondiale, assieme alle vostre famiglie e ai vostri amici. E pregate perché la preghiera dà gioia e avvicina a Dio.

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