Il genere umano si rapporta con i propri rifiuti in logica di rimozione/occultamento, cifra comportamentale verso “l’immondo” quasi assoggettabile a lettura psicanalitica. Ciò ha favorito, nella società dei consumi che diviene società dei rifiuti, l’evolvere degli aggregati antropici verso la ‘Leonia‘ di Calvino,metafora della degenerata cultura materialistico-consumistica che informa lo stile di vita globale imposto dagli animal spirits di un capitalismo senza regole .
Rimozione/occultamento hanno reso più facile il trasformare la gestione dei rifiuti in fonte di finanziamento della politica, come le opere pubbliche, fenomeno che in Italia supera la soglia della “normale” corruzione in virtù della straripante intrusione, nel settore, di una economia criminale la cui cancerosa diffusione ammorba ancor di più l’aria delle città (che una volta “rendeva liberi”) essendo favorita dall’ignobile pratica di una “Trattativa” al cui contrasto pochi, grandi eroi hanno donato la vita in nome di uno Stato che non c’è, perchè così lo si è voluto colà dove si puote.
I real-politicanti della “Trattativa” (la mafia c’è, ha un sacco di denaro su cui si fonda molta dell’economia del Sud e non solo, dobbiamo farci i conti -appunto-…) hanno inventato a metà ’90 l’emergenza rifiuti come strada la più semplice per alimentare le proprie mangiatoie e quelle degli imprenditori amici assai poco capaci di davvero intraprendere sui mercati, delle clientele da moltiplicare, delle cosche da tacitare per i voti generosamente offerti.
Cosa potranno mai dire i cittadini se così la loro tassa rifiuti cresce, mica vorranno gli immondi rifiuti sotto casa? Da chi verranno ascoltati quei ridicoli ambientalisti che vogliono prevenzione, raccolta differenziata, riciclo e riuso quando il fetore impedirà di aprire le finestre? Chi si accorgerà che i sussidi per le energie rinnovabili vanno agli inceneritori dai costi iperbolici (che si vorrebbero “termovalorizzatori“, in contrasto con la termodinamica e con l’Accademia della Crusca), realizzati da cooperatori e compagni di opere sempre più saldamente consorziati? Chi protesterà se con le briciole delle mangiatoie si “crea lavoro” (24.000 figure socialmente utili per i rifiuti in Campania dove basterebbero 6.000 addetti; 8.000 dipendenti in AMA a Roma contro i 3.500 da normale manuale operativo)?
Solo la Milano di metà ’90 sconfisse l’emergenza eterodiretta che là venne provocata (ed i relativi interessi politici ed affaristici messi a giorno poi da decine di processi) con una risposta sociale ed industriale di forte sapore europeo, limitata allora alla sola città, perchè il Ministro degli Interni pro-tempore (forse Napolitano?) non volle controfirmare il provvedimento con cui il Ministro dell’Ambiente unificava nelle mani di un unico Commissario non “amico degli emergentisti” le “emergenze” comunale, provinciale e regionale. Negli anni a seguire si è continuato a riempire le prime pagine dei media mondiali con immagini di nuove emergenze rifiuti indotte (si sa, l’appetito vien mangiando) offendendo così i mercati che, anche nella crisi, considerano qualità ambientale di processi, prodotti e territori quale fattore competitivo di prima grandezza, come la propensione alla innovazione e la qualità sociale.
Pure abbiamo distrutto, indifferenti, patrimoni naturali e artistici, una scuola, una ricerca e un artigianato scientifico che tutti ci invidiavano, distruggendo il futuro.
Vediamo allora la pseudo-emergenza rifiuti di Roma di cui tanto ora si parla, dove occorre smascherare gli enormi appetiti che la sottendono se vogliamo che i cittadini capiscano e possano agire, protagonisti consapevoli, non vittime dello scontro in corso. Teoria e pratica della Environmental dispute resolution ci insegnano che negoziare il conflitto si può se si riesce nel demasking degli interessi in gioco, soprattutto dei vested interests, spesso below the line, a tutela di beni comuni e interesse generale.
Partiamo allora da AMA, caso di specie della perversa logica di finanziarizzazione dei Servizi Pubblici Locali più che azienda erogatrice di prestazioni cruciali per la qualità del vivere in ambiente urbano, per lo sviluppo sostenibile del territorio, per l’economia della Capitale . AMA, già inadeguata ai tempi di Rutelli e Veltroni, dopo la gestione Alemanno arriva ad essere di fatto “commissariata” dagli Istituti di credito che ne gestiscono il debito da 1,1 miliardi di Euro, figlio di scelte di bilancio e di gestione dei costi, a partire da quelli relativi al personale, assai difficilmente condivisibili, se non incomprensibili.
La difficile situazione finanziaria e gestionale rischia di ulteriormente aggravarsi a breve: condizioni emergenziali insipientemente evocate negli ultimi anni, ritardi inammissibili nella diffusione della pratica di raccolta differenziata porta a porta, una “inspiegabile” gestione a regime ridotto degli impianti di selezione, trattamento meccanico biologico e compostaggio disponibili portano oggi a dover trasferire una significativa quota parte dei rifiuti raccolti verso impianti di smaltimento lontani, con costi triplicati che ricadranno sulle spalle dei cittadini (e nelle tasche degli smaltitori). Al di là di fumisterie ed alchimie finanziarie, sic stantibus rebus, è facile immaginare che il destino probabile di AMA, previi “spezzatini” e scorpori di “bad companies“, sia la progressiva incorporazione in ACEA, multiutility che 15 anni fa poteva divenire un player mediterraneo in tema di acque ed energia, ma mai decollata in tal senso. Altri processi aggregativi appaiono complessi, visti i bilanci delle majors di settore, A2A e IREN in primis; HERA va un po’ meglio, ma la sorte del tentativo di dare vita ad una Multiutility del Nord non fa ritenere probabile una ipotesi del Centro-Nord.
Guai, poi, se nel dibattito su AMA non entra anche la consapevolezza della crescente intrusione della economia criminale, soprattutto campana, nella gestione dei rifiuti del Lazio; ciò richiederebbe l’attivazione di strumenti anche aziendali di controllo e prevenzione, dopo i ripetuti allarmi dei competenti Organi dello Stato. La vera posta della partita “rifiuti romani“, però, riguarda il destino a breve/medio termine del maggior gruppo privato italiano nel campo della gestione dei rifiuti, in capo all’Avv. Cerroni,noto a stampa come proprietario della discarica di Malagrotta, ma in realtà industriale con proiezione sovranazionale e, a differenza di molti suoi colleghi solo concentrati sui “buchi per terra“, anche attento all’evoluzione tecnologica. Le azioni giudiziarie in corso non fanno che accelerare lo schieramento degli interessi attratti da tempo da un patrimonio enorme gestito in logica one man band da una persona non più giovane e non propensa alla delega: si schierano interessi leciti ed illeciti, ma grande è il pericolo che prevalgano questi ultimi, notoriamente gli unici “liquidi” e smaniosi di “nobilitarsi” ad “imprese finanziarie/industriali” dopo i fasti in realtà nefastissimi dei lucrosi decenni della “Terra dei fuochi“.
Non è esercizio da prestigiatore, temo, immaginare i cortigiani (definiti gergalmente “sottopancia“) dei “realpoliticanti trattativisti” già al lavoro per costruire, con il supporto dei tanti colletti bianchi inseriti dall’economia criminale nei parterre finanziari ed accademici, le formule che portino mafiosi, camorristi, ‘ndranghetisti a divenire, presa Leonia-Roma, monopolisti della gestione italiota, non certo all’europea, dei rifiuti.
I politici nazionali e locali non paiono, purtroppo, nè attenti alla criticità di questo scenario nè capaci di disegnare e gestire la strategia di contrasto, anche se del tutto praticabile a partire dalla “banale” applicazione delle norme comunitarie sui rifiuti. Occorre allora che siano i cittadini a divenire protagonisti della resistenza al più che probabile disegno criminoso, resistenza che voglia dire desiderare concretamente di vivere in una Capitale sana, bella, pulita e moderna esigendo che il pubblico (AMA) e il privato (Gruppo Cerroni) attori sulla attuale scena capitolina, operino subito scelte di trasformazione del servizio, di cui sono incaricati, nel senso della qualità urbana e della efficienza amica dell’ambiente.
La nuova AMA deve essere impegnata su tre urgenti e indifferibili assi di intervento:
1) Due diligence e rinegoziazione del debito
La Due diligence, atto dovuto in termini di autotutela, deve farsi con urgenza per consentire l’attivazione,ove necessarie, di revocatorie a carico di precedenti gestioni. L’incremento imponente dell’indebitamento AMA deriva da:
– forte incremento dei costi di personale in rapporto alle prestazioni rese (Nota 1): dai reports di bilancio si evince come i dipendenti al 2012 fossero 7.915 a fronte di 6.312 nel 2008 (+1.603 unità) e di circa 3.500 a fine ’90;
– minusvalenza di 250 milioni di Euro iscritta a Bilancio alla voce “crediti inesigibili“: tale svalutazione è pari al 33% dei ricavi, per cui occorrono risposte trasparenti a domande quali “Chi ne beneficiò?”, “Perchè non si praticò una cartolarizzazione con cessione dei titoli di credito ad Istituti specializzati?” (Nota 2);
– finanziamento dell’attività con scoperto di conto corrente, formula inusuale per una azienda delle dimensioni di AMA e che come conseguenza certa ha il pagamento di interessi molto onerosi al prestatore (al limite dell’anatocismo).
Contemporaneamente alla due diligence, con gli Istituti di credito del pool bancario guidato da BNP-BNL che finanzia il debito va avviata una rinegoziazione dello stesso per ristrutturarlo in termini più favorevoli ad AMA, con ammortamenti a più lungo termine (dagli attuali 7 ad almeno 12-14 anni) e meno onerosi come rata finale (“way out“, ora prevista in 119 milioni). Le banche debbono sapere che, in assenza di tale ristrutturazione, AMA dovrebbe avviare la costituzione di una “bad company” o ricorrere all’Art. 182-bis della nuova Legge Fallimentare (Accordi di ristrutturazione dei debiti), azioni loro non molto gradite: è stata la forte tensione finanziaria a lasciar loro dettare condizioni “capestro“, ma oggi la priorità è reperire risorse per lo sviluppo industriale della azienda.
Dovranno poi essere verificati nelle attuali condizioni di mercato i parametri della linea immobiliare cardine della ristrutturazione finanziaria di AMA, coinvolgendo i Fondi Idea FIMIT e BNP-BNL in operazioni da chiarire relative al Centro Carni. La nuova AMA dovrà infine effettuare un’analisi strategica delle sue partecipazioni in altre società per valutare dismissioni funzionali a far cassa, avendo a bilancio alla voce immobilizzazioni finanziare partecipazioni per un ammontare di 11.468.905 €.
2) Piano industriale e riorganizzazione aziendale
AMA deve subito :
– attuare gli interventi previsti dal Programma Nazionale di Prevenzione Rifiuti da poco adottato dal Ministero;
– disegnare il modello organizzativo di raccolta differenziata porta a porta da attivare a Settembre 2014 (scelta dei contenitori, incluse le compostiere domestiche, modalità di supporto a categorie di utenti deboli -anziani soli,disabili-, tempistica dei cicli di raccolta articolata per filiera di materiale);
– rinegoziare gli accordi economici con CONAI e Consorzi di filiera: urgono risorse per generalizzare a tutta la Città il modello citato, dai piani di comunicazione iniziale e periodica (stampa, audio, video, social media) a scuole, famiglie, categorie produttive, alla formazione/informazione degli operatori AMA impegnati nel servizio di raccolta;
– formare gli agenti accertatori incaricati delle azioni di controllo/sanzione;
– realizzare la rete insediativa ed organizzativa della “Fabbrica dei Materiali” diffusa sul territorio (dai “mercati del baratto” agli ateliers di artigiani/manutentori e designers per il riuso).
Entro il primo semestre 2015 può così raggiungersi l’obiettivo minimo di legge del 65% di raccolta differenziata delle frazioni riciclabili inclusa l’organica, rendendo Roma autosufficiente per il trattamento dei propri rifiuti urbani. La raccolta porta a porta deve avere il Municipio come scala territoriale ottimale al fine di articolare in modo efficiente e vicino all’utente le funzioni aziendali e deve basarsi sull’approccio partecipativo previsto dalla UE (Forum per lo stakeholders engagement) che coinvolga dalla GDO al commercio al dettaglio, dalle Parrocchie al mondo della Scuola, dal Terzo Settore alle organizzazioni sindacali e datoriali fino agli Amministratori condominiali e ai gestori del Demanio Pubblico.
Il modello porta a porta esige una rapida strutturazione dei servizi AMA di raccolta e spazzamento in Divisioni di Municipio, ottimizzando logistica e costi di trasporto, riducendo al contempo emissioni e impatto sul traffico della flotta aziendale. Ogni Municipio viene così ad essere coinvolto nel governo dell’azienda per i servizi al proprio territorio, dal controllo prestazionale alla gestione di eventuali disservizi. Gli attuali nastri lavorativi (percorsi e orari) vanno ridisegnati suddividendo la Città in 4-6 settori circolari, con superficie e popolazione residente simili, ad ognuno dei quali verrà asservito uno stabilimento AMA, localizzato in prossimità del GRA, in cui troveranno collocazione i servizi generali tecnico-amministrativi di settore, il parcheggio mezzi, lo stoccaggio materiali, le strutture di manutenzione, mentre le sedi delle Divisioni di Municipio ospiteranno i servizi relativi alla raccolta differenziata porta a porta ed allo spazzamento.
L’esigenza di migliorare l’efficienza aziendale esige poi la individuazione di nuovi segmenti di mercato, in termini territoriali, e nuovi prodotti, in termini di tipologia di servizio offerto, che valorizzino cultura, risorse umane, esperienza tecnico-gestionale aziendali, per generare flussi finanziari che migliorino il Bilancio AMA (Nota 4).
Per quanto concerne il completamento dello schema impiantistico di trattamento dei rifiuti romani, assumendo che la produzione annua di Rifiuti Urbani (RU) ammonti a circa 1.800.000 t, il conseguimento del 65% di raccolta differenziata entro metà 2015 porta il fabbisogno di trattamento del Rifiuto Urbano Residuo (RUR) a circa 630.000 t/a (su scala giornaliera media, da una produzione di RU pari a circa 4.900 t si arriva ad un fabbisogno di trattamento del RUR di circa 1700 t) da sottoporre a Trattamento Meccanico-Biologico di stabilizzazione, al fine di ridurne di un ulteriore 30% il peso.
Per AMA, ciò porterebbe alla produzione di circa 1200 t/g di rifiuto stabilizzato come da previsione della Direttiva Europea in materia. Gli attuali impianti di Trattamento Meccanico Biologico presenti a Malagrotta, Rocca Cencia e Via Salaria consentono il trattamento di circa 2600 t/g di RUR, tali da garantire, qualora tali impianti continuassero ad essere ben gestiti e mantenuti, l’autosufficienza alla Città, una volta conseguito il risultato atteso di raccolta differenziata porta a porta. Per modernizzare la dotazione impiantistica di trattamento dei rifiuti raccolti da AMA secondo il nuovo schema operativo, si evidenziano le seguenti priorità:
– “revamping” delle strutture per la nobilitazione di frazioni differenziate di Rocca Cencia e Laurentino-Pomezia, per superare l’oneroso ricorso ad operatori privati;
– potenziamento dell’impianto di compostaggio di Maccarese.
Si consegue così, ai più bassi costi sia di investimento che di esercizio, la copertura del fabbisogno di trattamento di RUR e rifiuto organico: in termini temporali, la nuova AMA va a regime entro la prima metà del 2015.
3) Trasparenza e cultura della responsabilità
I problemi che hanno travagliato la vita di AMA richiedono che la nuova gestione si caratterizzi da subito per trasparenza e cultura d’impresa orientata alla qualità ed alla responsabilità sociale. Va perciò subito verificato il rispetto delle vigenti normative sul piano della corretta amministrazione, della sicurezza sul lavoro, della tracciabilità di flussi di rifiuti gestiti.
Ove non già introdotto, si dovrà rendere operativo il Codice Etico AMA, così come andranno verificati, ove esistenti, o introdotti, se assenti, percorsi di certificazione di qualità di procedure e prodotti/servizi erogati, facendone occasione di crescita partecipata della cultura aziendale.
Per quanto attiene il regime di gestione degli appalti, alla luce del prima richiamato rischio di intrusione, nel settore dei servizi ambientali, di soggetti contigui quando non interni alla economia criminale, andrà qualificato l’Albo Fornitori di AMA come vera e propria “White List“, da verificare con i competenti Organi dello Stato, per aver un’AMA pulita protagonista del percorso verso lo sviluppo sostenibile della Capitale.
Walter Ganapini @wganapini su twitter
(Nota 1) Nel 2012,a fronte di 752.438.966 € di Ricavi, i costi della produzione ammontavano a 743.314.642 €, di cui 327.760.297 € relativi ai costi del personale (44% dei costi) e 228.747.664 per servizi (30% dei costi). Nel merito, l’obiettivo dovrà essere il perseguimento di elevati livelli di servizio al cliente e l’incremento della marginalità della gestione caratteristica tramite una razionalizzazione dei costi.
(Nota 2) E’ doveroso analizzare la storicità dei crediti svalutati (in quale periodo sono maturati?), il frazionamento per clienti (esistono grandi clienti o nomi ricorrenti?), le azioni di recupero fallite. Il bilancio 2012 riporta un totale crediti pari a 938.631.971 €, di cui verso clienti a breve 282.441.640 € e verso controllanti a breve 549.590.614 €. Occorre valutare la solvibilità di questi crediti onde evitare future svalutazioni e per capire se è possibile un’azione di successo per incassare e ridurre l’esposizione, studiando la segmentazione dei crediti a breve per storicità in modo da valutarne il grado di esigibilità. Si tenga presente che gli oneri finanziari a conto economico nell’anno ammontano a 28.711.253 € e con questo tenore di “costi improduttivi” non resta spazio per il progetto industriale;
(Nota 3) Va ripreso ed aggiornato il potenziale di ricorso al trasporto su ferro di rifiuti ai centri di trattamento già studiato a fine ’90;
(Nota 4) Già la generalizzazione del modello unitario “labour-intensive” di raccolta differenziata “porta a porta” induce una ottimizzazione nella gestione delle risorse umane; il dialogo con il Ministero dell’Ambiente e con la Regione, ad esempio sui fabbisogni di bonifica di siti contaminati, potrebbe generare opportunità di mercato coerenti con l’esigenza di proporre nuove offerte di servizi. Anche il recuperare esperienze aziendali quali la gestione del “servizio rifiuti” in realtà territoriali diverse da Roma (es. Fiumicino) va perseguito .
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