Mondo

Due volontari con il terrore alle porte

I casi di cannibalismo delle bande ribelli hanno riacceso l’attenzione sulla guerra che sta distruggendo questo paese. A migliaia gli abitanti fuggono verso la città di Beni.

di Benedetta Verrini

Ci voleva il cannibalismo per scuotere il mondo. Dopo le denunce, le testimonianze, gli appelli disperati di missionari e cooperanti, alla fine dell?anno la contabilità triste dei rapporti Onu ha detto qualcosa, sulla situazione del Congo, che non sembrava concepibile. Le bande ribelli dell?Mcl (Movimento di liberazione del Congo), al soldo di Jean Pierre Bemba, hanno fatto a pezzi e mangiato pigmei e altri abitanti inermi dei villaggi e delle foreste del nord-est del Paese. “Le atrocità vengono raccontate dai profughi in fuga. Noi non possiamo spingerci da soli verso Mambasa e le altre zone circostanti, perché sono controllate dai ribelli di Bemba e non sono sicure”, dice Salvatore Creti, responsabile del Cesvi-Uganda. Sua moglie Amna, anche lei cooperante Cesvi, è da diversi mesi nella città di Beni, in Congo, come coordinatrice delle attività umanitarie. Era al fianco di padre Silvano Ruaro quando, in ottobre, le truppe dell?Mcl sono arrivate a distruggere il villaggio e la missione cattolica di Mambasa (si veda la testimonianza su Vita n. 51/52), innescando una fuga di massa verso il fiume Ituri, oggi teatro dei peggiori massacri. Milioni di profughi Si parla di oltre 60mila profughi, per lo più accampati “intorno alla città di Beni, che è rimasta libera” continua Creti. “Fin dalle prime notizie di guerra, le ong hanno deciso di restare a presidiare la città, un centro amministrativo di circa 50mila abitanti. La scelta si è dimostrata provvidenziale, vista l?emergenza in atto”. Eppure le truppe dell?Mcl erano in schiacciante superiorità militare e avrebbero potuto facilmente attaccare. Secondo fonti semiufficiali, infatti, l?approvvigionamento di armi a Bemba arriva direttamente dalla Libia (sì, quella stessa che ha appena ottenuto la presidenza della Commissione Onu sui diritti umani). “Abbiamo trascorso giorni terribili” continua Salvatore. “Amna mi raccontava che ogni sparo gettava la città nel panico. Come sapete, questi mercenari si pagano lo stipendio con il saccheggio, le violenze, gli stupri. L?idea che in 4 o 5 ore di cammino potessero arrivare, svegliando Beni in un?alba di terrore, era quasi insopportabile. Alla fine non è successo. Forse la pressione delle Nazioni Unite e delle vicine truppe ugandesi ha dissuaso l?Mcl da un attacco così eclatante”. In questi ultimi mesi, nella regione del Kivu, la guerra è proseguita sottopelle, animata da enormi interessi politico-economici legati alle risorse d?oro, diamanti e coltan. è rimasta impermeabile al Dialogo intercongolese, la trattativa diplomatica che ha messo Bemba allo stesso tavolo con il presidente Kabila. Dal 1998 ha fatto 3 milioni di morti e feriti, 2,5 milioni di profughi. Il caso cannibalismo Il cannibalismo ha solo riaperto una ferita già immonda. Bemba e il suo alleato Roger Lumbala, investiti dalle accuse, hanno balbettato l?ipotesi di adire il Tribunale penale internazionale e, a dimostrazione della loro buona volontà, hanno fatto arrestare la longa manus dei massacri, il colonnello Freddy Ngalimo, che aveva condotto la distruzione di Mambasa e diretto le peggiori violenze. “Già, ma quanto può valere?” commenta padre Silvano Ruaro. “Ngalimo ora risulta in ?residenza sorvegliata? a Gbadolite, la città-roccaforte di Bemba”. Mentre Bemba e Lumbala promettono pulizia all?ingrosso, il governo del giovane Joseph Kabila, in difficoltà per l?orrore internazionale, il 24 gennaio ha deciso di espellere da Kinshasa i loro delegati: niente più stanze pagate al lussuoso Grand hotel della capitale. A migliaia di chilometri di distanza, nell?estremo nord-est, ora “la situazione di Beni è apparentemente tranquilla” prosegue Salvatore. “Ciò che ci preoccupa maggiormente è il lungo periodo. Il Cesvi, che attualmente si muove come partner del Pam nella distribuzione degli aiuti di prima necessità, nei giorni scorsi ha distribuito cibo per 36mila persone”. Ma ci sono altre emergenze dietro l?angolo. I villaggi e le colture rasi al suolo, per un raggio di cento chilometri solo tra Beni e Mambasa, richiederanno mesi di supporto per la ricostruzione. “Servono macchinari, farmaci, sementi, attrezzature agricole”, dice Creti. Attraverso un progetto che dovrebbe cominciare a marzo, Cesvi si occuperà della riabilitazione e funzionamento di tutti i centri sanitari e degli ospedali che sono sull?asse Beni – Mambasa. Un asse umanitario silenzioso, che lavora a testa bassa, nonostante l?orrore, “per far sì che la gente che rientra nei villaggi possa riprendere le coltivazioni, la scuola, i ritmi e la vita normale”. Info: I progetti sul fronte Ong italiane in prima linea CESVI Ha tre progetti attivi: il primo, nel Bas Congo, interviene nella rivitalizzazione del settore giustizia. Il secondo, a Kinshasa, sostiene cellule di operatori psico sociali per la lotta all?Aids. Il terzo, nella città di Beni, ora in piena emergenza umanitaria, si occupa della distribuzione di aiuti. Info: www.cesvi.it ANCH?IO A KISANGANI E’ il coordinamento italiano (promosso da Beati costruttori di pace, Pax Christi, Comboniani e molti altri). Promuove azioni per la difesa dei diritti umani. Info: Peacelink COOPI In Congo dagli anni 70, in particolare nel Nord Kivu, nel 2000 ha intensificato l?intervento attraverso il recupero nutrizionale e l?assistenza agli sfollati. Info: COOPI


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