Sostenibilità

Due miliardi e mezzo per l’energia pulita, o quasi

Tutti paghiamo in bolletta il sovrapprezzo per l’energia verde. Quasi 5mila miliardi delle vecchie lire. Ma come vengono usati? Parla Gerardo Orsini.

di Ida Cappiello

In merito all?articolo pubblicato sul n. 46 di Vita dal titolo ?I sabotatori del sole?, che parla di un?ambiguità se non peggio dell?Enel in merito all?utilizzo della quota di tariffa destinata al sostegno alle fonti rinnovabili, puntualizziamo quanto segue. Al contrario di quanto sostenuto nell?articolo, Enel, pur producendo circa la metà dell?energia rinnovabile italiana, riceve una quota minima di questo ammontare perché destinato ad acquistare solo la produzione di impianti di recente costruzione. Enel usufruisce del cosiddetto CIP 6 (i quasi 2,5 miliardi euro all?anno cui si fa riferimento nell?articolo) in minima parte (200 milioni medi l?anno), nonostante produca nei fatti metà dell?energia da fonti rinnovabili d?Italia. Questo perché tale prezzo speciale viene riconosciuto solo a chi ha costruito negli anni 90 nuove centrali di quel tipo. Buona parte dell?energia rinnovabile di Enel deriva dalle grandi centrali idroelettriche che abbiamo ereditato dalla lungimiranza dei nostri nonni e padri. Ciò nonostante, Enel ha in via di realizzazione un piano per incrementare di 500 MW la propria capacità produttiva da fonti rinnovabili con investimenti per centinaia di milioni di euro, soprattutto al Sud. Già oggi Enel è ai primi posti nel mondo con 17mila MW di potenza da fonti rinnovabili. In Italia Enel produce ogni anno 24 miliardi di chilowattora da idrico, geotermico, eolico, mini-idro, fotovoltaico e biomasse, evitando l?emissione di 17 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Riguardo alle mini-centrali, tutti gli operatori concordano nel ritenere che gli svantaggi delle piccole dimensioni, che rendono molto più costoso il prezzo unitario del chilowattora, possono essere superati solo nei casi in cui portare l?energia con la rete di distribuzione comporterebbe costi troppo elevati (zone isolate) o in presenza di speciali sussidi. In ogni caso, Enel è una delle società tra le più impegnate nello sviluppo di questo particolare tipo di impianti, anche per seguirne da vicino l?evoluzione tecnologica. Infine, i pannelli fotovoltaici installati sui tetti delle case. è un mercato ancora molto piccolo ma che sta crescendo a ritmi significativi. La normativa, è vero, è complessa e più stringente che in altre realtà europee, ma la procedura applicata dall?Enel, come da tutti gli altri operatori, non fa altro che recepire la Norma CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano) 11-20 che ha valore di legge. Questa norma pone dei vincoli per garantire la sicurezza dei clienti e del personale che opera sulle reti di distribuzione. In particolare, viene richiesta la presenza di un dispositivo con caratteristiche certificate da un organismo di certificazione europeo. La soluzione che propone Enel è di adottare un dispositivo già omologato, evitando così di dover produrre la certificazione di altri dispositivi. Questo naturalmente non comporta alcun obbligo, il cliente è libero di scegliere la soluzione che preferisce, nell?ambito di quanto stabilito dalla norma. Manca poi nell?articolo la constatazione che in Italia non c?è più da tempo un sistema elettrico dominato da un unico soggetto. Dal 1996 è stato avviato un processo di liberalizzazione che ha imposto ad Enel di ridurre notevolmente la sua capacità produttiva, e che gli impedisce di costruirne di nuova. Oggi Enel produce poco più di un terzo dell?energia elettrica necessaria a soddisfare il fabbisogno nazionale.

Gerardo Orsini, Enel Holding Comunicazione

Le risposte e i silenzi L?Authority spiega ma non fa i nomi Nell?articolo in questione ci eravamo ?messi sulle tracce? di un?enorme somma, oltre due miliardi di euro, pagata dalle famiglie italiane ogni anno attraverso un sovrapprezzo sulle tariffe elettriche di circa 0,75 centesimi di euro per KWh, per promuovere le fonti energetiche rinnovabili. Mentre prendiamo atto delle precisazioni di Enel, raccontiamo quello che abbiamo scoperto, con l?aiuto dell?Authority per l?energia e del Gestore della rete elettrica nazionale (Grtn), sulla destinazione dei fondi raccolti attraverso la bolletta. Il sovrapprezzo A3, questo il suo nome tecnico, è nato nell?ambito di un piano pubblico di incentivazione all?ingresso dei privati nel settore elettrico, chiamato CIP 6, varato nel 1991: una sorta di preparazione all?apertura del mercato, avviata cinque anni dopo e conclusa nel 1999 con la fine del monopolio Enel. Il piano ha effettivamente finanziato la realizzazione di molti nuovi impianti, per un totale di circa 41 miliardi di kilowattora l?anno, pari a un quinto del totale prodotto in Italia. Con una grave ambiguità, però: meno del 20% dell?energia ?rinnovabile? lo è veramente (parliamo di energia solare, idroelettrica e da fonti minori come le biomasse): il resto rientra nella singolare definizione, tutta italiana, di ?assimilata?, che nasconde energia prodotta con scarti di lavorazione petroliferi o recuperi energetici da lavorazioni industriali. O quelle che usano i residui di raffinazione o i gas degli altoforni: vero che riciclano, ma così risparmiano due volte, sui mancati costi di riciclaggio e sul chilowattora. La stragrande maggioranza di queste centrali ?assimilate? usufruiscono di oltre il 90% di questo sovrapprezzo e su questa ?assimilazione? hanno costruito la loro crescita e i loro profitti. Quali siano i beneficiari delle agevolazioni da CIP 6, però, non è dato sapere, perché, il Grtn, l?ente pubblico che gestisce i soldi, dice di non poter divulgare i loro nomi, in quanto ?dati sensibili?. E qui, una seconda ombra si allunga sull?energia incentivata: il complicato meccanismo di erogazione dei fondi. Il sovrapprezzo A3, infatti, viene versato dal distributore di energia alla Cassa conguaglio del settore elettrico, che ?passa? a sua volta le somme al Grtn. L?ente acquista l?energia prodotta in regime incentivato a prezzi superiori a quelli di mercato, e successivamente la rivende su base d?asta, a prezzi invece vantaggiosi, a volte anche inferiori ai prezzi di mercato. La differenza tra il valore di acquisto e di vendita è finanziata dal sovrapprezzo A3. Nel 2002, conferma il Grtn, ammontava a circa due miliardi e mezzo di euro, quindi i conti, più o meno, tornano. Ma a vantaggio di chi? “Il problema è che almeno due terzi di questa energia ?scontata? vengono venduti alle aziende, solo un terzo va alle famiglie”, fa notare l?Authority. “Dovrebbero essere i consumatori a ricevere tutto il beneficio, visto che sono loro a pagare il sovrapprezzo”. Quanto alle produzioni decentralizzate di energia, gli esperti che abbiamo consultato concordano nell?attribuire alle grandi centrali, che l?Enel privilegia, lo svantaggio di un impatto ambientale molto superiore a quelle piccole; inoltre il black out di settembre ha dimostrato che i problemi di distribuzione dell?energia non si presentano solo in aree isolate, tutt?altro. Infine, gli ostacoli al fotovoltaico. Lo sviluppo di questo settore è comunque lento, visto che il programma nazionale ?Tetti fotovoltaici? ha generato finora solo 2mila impianti (contro le decine di migliaia della Germania, Paese non certo soleggiatissimo). Burocrazia troppo pesante? A quanto ci risulta, il Comitato Elettrotecnico Italiano emana effettivamente le norme, ma in più di un caso l?ha fatto in modo generico, lasciandone la definizione precisa all?Enel che, quindi, ha mantenuto, quanto meno fino a tempi recentissimi, un?importante ?fetta? di potere normativo.

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