Volontariato

Due mesi dopo, la tendopoli non è più la stessa

Il diario di un volontario della prima ora

di Redazione

Acqua sulle tende un paio di settimane fa e acqua sulle tende anche oggi. Ma qualche differenza c’è: due settimane fa veniva dalle nuvole nere che oscuravano il cielo. Faceva freddo. Talmente tanto freddo che quando arrivavi al campo di Acquasanta, la segreteria ti dava addirittura due coperte, di quelle pesanti marroni.
Di notte si poteva vedere la signora Maria che, a 67 anni, si svegliava, indossava un paio di stivali, un cappotto, attraversava tutta la fascia destra sotto la tribuna centrale dello stadio, faceva pipì nei bagni chimici e tornava fradicia in tenda. E io mi chiedevo: chissà in quanti riuscirebbero a sopportare una situazione del genere.
Oggi l’acqua cade sulle tende perché fa caldo. Talmente tanto caldo che i volontari devono spruzzare acqua sulle coperture esterne per togliere un po’ di calore ad una stoffa blu che ora si sta schiarendo. Talmente tanto caldo che sono in pochi quelli che ci resistono dentro durante il giorno. E torno a chiedermi la stessa cosa: quante delle persone che conosco riuscirebbero a sopportare anche questo?
Ogni volta che torno ad Acquasanta cambia qualcosa. Ora i bambini hanno quasi tutti i capelli corti perché si rischia l’arrivo di una famiglia di ospiti antipatici: i pidocchi. Cambia il pavimento del campo: pochi giorni fa c’è stato il ricambio del brecciolino bianco. I volontari cambiano le tende: le lavano, le puliscono e le rimettono in posizione. Cambiano anche gli optional delle tende: prima non si poteva stare in tenda senza una stufetta. Ora non si può stare in tenda senza un condizionatore d’aria. Ma la situazione è destinata a cambiare nuovamente: gli aquilani continuano a ripeterci che a giugno tornerà il freddo.
Cambiano i volontari: ogni venerdì, il giorno prima del passaggio di consegne, c’è il terzo tempo. E non perché siamo nello stadio da rugby de L’Aquila: gli autografi e le foto-ricordo vengono fatte tra persone che si sono conosciute e ammirate per una settimana. Tutti si scambiano le firme sulle maglie e sui cappellini, i numeri di telefono e gli indirizzi di Facebook.
Solo Pietro non è cambiato. Pietro ha trent’anni e studia ingegneria chimica a L’Aquila. Pietro vive in Italia da 10 anni. Voleva fare il servizio civile, ma non poteva perché non è italiano. Ora è un volontario della Croce Bianca de L’Aquila, responsabile degli approvvigionamenti del campo di Acquasanta. Subito dopo il terremoto Pietro poteva andare al mare dai suoi amici. Ma gli dispiaceva troppo lasciare nei campi la gente che conosceva, anche se solo di vista. Il suo vero nome è Boutros, ma preferisce farsi chiamare Pietro, che poi sarebbe Boutros tradotto in italiano. I volontari però lo chiamano Bruto per la barba lunga. «Non la taglio dal 6 aprile», dice «e la voglio lasciare così fin quando non risolvo. Fin quando non si tranquillizza la situazione».
Qualcosa è cambiato: solo la barba di Pietro resta la stessa. Anzi? sta continuando a crescere.


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