Cultura

Due libri per la vostra valigia

Un avvincente romanzo di Asmae Dachan che cattura il lettore sin dalle prime pagine e senza cali di tensione lo porta sino alla fine. Costruito come un thriller in un crescendo di narrazione e colpi di scena. E l'opera prima di un bravissimo collega, Massimo Calvi, in un libro che cammina sul filo tra prosa e poesia. Come la montagna che guarda nella sua fisicità e concretezza ma anche metafora, di una salita al cielo di una intera vita

di Riccardo Bonacina

È davvero avvincente questo romanzo di Asmae Dachan che cattura il lettore sin dalle prime pagine e senza cali di tensione lo porta sino alla fine. Costruito come un thriller in un crescendo di narrazione e colpi di scena, nel romanzo si intrecciano le storie di tre protagonisti, Amelia Levante, Edward Ulisse Byron e Tiziano Cremisi che vivono in una bella Firenze di monumenti e luce e in un ambiente di collezionisti d’arte e artisti dell’Accademia dove insegna un vero maestro ed educatore, Sergio Rovaldi. Insomma, un’ambientazione borghese per un materiale umano che si rivelerà incandescente.

Amelia Levante, la giovane e bravissima artista al centro della vicenda, scopriremo che è Maria Ventura un’orfana abbandonata e violata in un infernale giro di pedofili. Derubata persino di un rene viene gettata in discarica pensando che sia morta. Si salverà grazie a un bravo medico, il dottor Pietrangeli, e a Sergio Rovaldi e sua moglie che scopriranno il suo talento artistico, Ma il suo corpo e la sua testa sono pieni di cicatrici e cattivi pensieri da cui pare non poter guarire. Edward Ulisse Byron che si fa spacciare per un amante d’arte è in realtà un siriano (Enwar) cresciuto nel mezzo di una ferocia ingiustizia e perciò così assetato di giustizia da diventare giustiziere, che si innamorerà degli occhi blu e dei capelli rossi di Amelia. Tiziano Cremisi che davvero è un esperto d’arte, anche se arriva da una carriera militare, nasconde però un segreto, da bambino, con genitori borghesi e distratti, fu lasciato in balia di un orco-istruttore che abusò di lui per mesi.

Ecco, questa congerie di drammi che nel racconto emergeranno a poco a poco, riesce però a svolgersi in un racconto teleologico in cui l’inferno non è realtà ultima e definitiva, nel romanzo di Asmae si va, passo dopo passo e colpo di scena dopo colpo di scena, verso la luce, verso l’amore. La storia si svolge in un fil rouge costruttivo e alla fine ci dice che la salvezza è realtà possibile.

E la salvezza è cosa semplice come un abbraccio forte o l’avere una figlia. Asmae Dachan che è anche nostra collaboratrice, dà di sè una prova convincente da vera scrittrice.

Asmae Dachan

Cicatrice su tela

Castelvecchi editore, pp 201, euro 18,50

Sono più di ottanta le cartoline che Massimo Calvi estrae dalla memoria per raccontarci di un uomo che sta per morire e chiede di essere lasciato, ogni mattina, nel tempo che gli resta, davanti alla montagna che da sempre ama e che ha frequentato sin da bambino. Dodicii giorni (più il giorno del congedo ultimo) scanditi dal riaffiorare di frammenti di ricordo, di immagini, odori e pensieri. Con una narrazione che ha il passo regolarissimo e breve, del cammino di montagna.

Calvi, che è caporedattore in un quotidiano e giornalista economico attento e sensibile ai temi etici e dell’economia civile, in questo suo primo libro cammina sul filo tra prosa e poesia. Come la montagna che guarda nella sua fisicità e concretezza ma anche metafora, di una salita al cielo di una intera vita. “Volevi la cima, ora ce la puoi fare”.

Del protagonista il racconto non dice nulla o pochissimo (sappiamo che ha amato ed è stato amato e che ha figli), è immobilizzato su una sedia e ora, negli ultimi giorni della sua esistenza ha chiesto che quella sedia è stata sistemata davanti al paesaggio che l’uomo più ha amato e che ancora adesso ama. Sappiamo anche che la montagna, in differenti stagioni e modi, ha accompagnato e segnato la sua vita, e la sua conoscenza della vita, dalle gite e dalle amicizie giovanili all’amore adulto, e poi genitoriale, dall’infanzia fino alla vecchiaia.

Il libro di Calvi non racconta altro eppure è zeppo di immagini e di profumi, quello del fieno e del muschio, delle pentole sul fuorco, del fumo delle sterpaglie. Nelle sue pagine sentiamo Il suono dei passi, il fruscio dei rami e delle foglie, la musica del vento, si può sentire anche “il prato che respira”. Il merito è anche della malattia che “ti ha cambiato, ti ha fatto capire sotto quale albero dormisse la tua anima, e ha cominciato a scavare togliendo prima le foglie secche e poi il terriccio umido”.

Il libro non lo dice, ma noi sappiamo che è stato scritto durante il lockdown da Covid 19 e certamente quei mesi, quel fermo alla vita di ogni giorno, quella splendida primavera e i pensieri che in quelle settimane e giorni anche l’autore ha fatto, sono l’humus in cui ha preso forma e parola questa sua convincente opera prima.

Massimo Calvi

L’uomo che guardava la montagna

San Paolo editore, pp 180, 16 euro

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