Mondo
Due guru della finanza in capo. E la sostenibilità la fa da padroni
Qui New York. Al Gore e David Blood hanno presentato la loro nuova società di gestione del risparmio. E hanno integrato in modo sistematico i criteri sociali e ambientali tipici della finanza etica
È ufficiale: gli investimenti socialmente responsabili sono usciti dalla nicchia. Lo testimonia la discesa in campo del guru della finanza David Blood, ex ceo di Goldman Sachs, e di Al Gore, vice di Bill Clinton. Insieme hanno costituito Generation Investment Management, una società di gestione del risparmio che ha come obiettivo la massimizzazione dei rendimenti nel lungo periodo integrando in modo sistematico l?analisi finanziaria con criteri sociali e ambientali.
Attenzione: l?etica non c?entra. I criteri di esclusione classici dei fondi etici – no alcool, no armi, no tabacco, ecc. – non fanno parte della strategia di gestione. Lo scopo di Blood e Gore è diverso: ottenere performance più elevate della concorrenza sfruttando le informazioni che derivano dall?analisi dei rischi e delle opportunità socio-ambientali delle imprese.
«La chiave di tutto è il lungo periodo», ha spiegato David Blood arrivato a Milano a presentare l?iniziativa. «Se si investe con un orizzonte temporale lungo è semplicemente stupido non valutare gli impatti che l?impresa ha sull?ambiente e sulle comunità».
Perché nel lungo termine i nodi vengono al pettine. E si trasformano in costi. è il motivo per cui Generation preferisce, per esempio, la catena di distribuzione Costco al gigante Wal Mart, noto per le continue tensioni con i lavoratori. Nel breve periodo i tagli al personale e la pressione sul lavoro possono far bene al corso delle azioni. Ma a lungo andare i dipendenti si disaffezionano, i migliori cercano un?altra occupazione e l?efficienza produttiva ne risente. E con essa gli utili.
La strategia di Blood e Gore è un esempio da manuale di quello che gli addetti ai lavori chiamano «materiality approach». Un approccio pragmatico che usa la responsabilità sociale come strumento per limitare il rischio degli investimenti. Sta prendendo piede, su iniziativa dei gestori finanziari, soprattutto nel mondo anglosassone. E sta contribuendo a dare valore scientifico a una serie di ricerche e dati che, fino a poco tempo fa, rimanevano confinati nella ristretta cerchia degli investitori etici.
Fanno da contraltare al pragmatismo ?materiale? i fondi che si basano sul «sustainable development approach». Sono i più numerosi. La loro analisi parte dalle aspettative dei portatori di interesse: lavoratori, consumatori, ambientalisti, azionisti. Il loro obiettivo principale non è la massimizzazione delle rendite ma uno sviluppo economico sostenibile che pensa alle generazioni future. Ironia della sorte: con entrambi gli approcci spesso si finisce per selezionare le stesse imprese. Nel lungo periodo, a quanto pare, le aspettative di rendimento non sono in contrasto con il sogno di un mondo più vivibile.
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