Welfare

Droghe, lo Stato batta un colpo

In Italia solo il 30 per cento di chi ha una dipendenza, ovvero 140mila su 460mila, è sotto trattamento. "Siamo senza interlocutori politici da sette anni", denuncia il presidente Fict Luciano Squillaci

di Daniele Biella

Il sistema dei servizi sulle dipendenze sta brancolando in un pericoloso vuoto legislativo e politico, mentre le droghe vecchie e nuove dilagano. Nelle dipendenze gli interlocutori politici ormai mancano in modo strutturale da oltre sette anni. Qui non rischiamo più di perdere la partita contro le dipendenze: oggi rischiamo di non scendere proprio in campo". È netto Luciano Squillaci, presidente della Fict, Federazione italiana comunità terapeutiche, a margine dell’incontro con i rappresentanti degli oltre 600 servizi per le dipendenze gestite dai Centri Fict a Bologna.

Squillaci cita alcuni dati, “gli unici ‘ufficiali’ a disposizione”, che sono quelli delle ultime relazioni al Parlamento. “Se li mettiamo a confronto con i dati dell’Osservatorio Fict c’è una discrasia tra i dati del consumo e le risposte effettive che il sistema dei servizi pubblici e privato sociale riescono a dare”, commenta Squillaci. “Secondo i dati del 2015, sappiamo che circa 460 mila persone in Italia hanno bisogno di trattamento terapeutico per una dipendenza, ma solo 140 mila vengono effettivamente trattati dai servizi, ovvero il 30 per cento. E di questi 120 mila usano eroina come sostanza primaria. Parliamo di servizi in generale, perché poi in particolare agli enti del privato sociale, almeno per le vie canoniche, arriva solo il 10 per cento dell’utenza”.

La Fict, come del resto molte altre realtà del privato sociale, lavora da oltre dieci anni con servizi specifici che mirano a rispondere ai bisogni legati a dipendenze alle quali un sistema ingessato, rimasto alla normativa degli anni 90, non riesce a raggiungere. “Nel 2017, nei nostri servizi territoriali i Centri della Federazione hanno raggiunto oltre 56.547 mila persone con problemi di dipendenza da nuove sostanze di abuso, da farmaci, fino alle dipendenze cosiddette comportamentali, senza sostanza, prima su tutte il gioco d’azzardo", continua il presidente Fict. "Purtroppo però sono servizi che nessuno riconosce, perché la macchina legislativa, nel frattempo, non si è aggiornata al repentino mutamento delle dipendenze”. “Il sistema ufficiale oggi, spiega Squillaci, “riesce a rispondere solo alle dipendenze classiche, accogliendo una parte minoritaria del fenomeno”.

Non solo, problemi di budget rendono anche difficoltoso il diritto alla cura: i dati del 2016 infatti mostrano come su 143 mila tossicodipendenti in carico presso i Servizi pubblici solo 15.563 hanno la possibilità di accedere alle comunità terapeutiche, ovvero circa l’11 per cento. Dati che coincidono con le rilevazioni della Fict che ha contato nel 2017 circa 4.900 utenti presi in carico dai propri Centri attraverso i Servizi pubblici, circa il 30% di tutti gli utenti inviati nelle comunità. “Numeri senza dubbio alti, rispetto al totale – un terzo delle prese in carico private – ma che rappresentano niente di fronte agli oltre 50mila contatti presi in carico su dipendenze altre”.

Durante l’incontro con i rappresentanti dei servizi Fict, Squillaci ha lanciato un appello al nuovo esecutivo a guida Giuseppe Conte: “Stiamo camminando nel limbo. Il governo ponga immediatamente mano al tema, a cominciare dal conferire una delega politica specifica sulle dipendenze e dal rafforzamento del Dipartimento Politiche Antidroga, ormai svuotato di personale e di significato”.

Tra gli altri interventi dell’assemblea bolognese, Antonio Mosti, direttore del Sert di Piacenza, invita a “riflettere sulle nuove emergenze, perché il terzo millennio ci mette di fronte a nuovi bisogni: il disturbo da gioco d’azzardo, gli utenti stranieri in trattamento in costante crescita – dal 2010 al 2016, il numero di utenza straniera è praticamente raddoppiato – e la cosiddetta ‘nomofobia’, dipendenza da cellulare): sono più di 7 su 10 gli italiani ossessionati dallo smartphone che potrebbero ricevere una diagnosi di ‘sindrome da hand-phone’”. Un indagine svolta tramite metodo Woe (Web opinion analysis) ha svelato che il 72 per cento degli italiani vive praticamente con lo smartphone in mano. “Poi abbiamo la nuova generazione di consumatori, gli psiconauti, altamente informati ed esperti nel campo delle Nuove sostanze psicoattive Nps, in grado di dare informazioni dettagliate su caratteristiche farmacologiche, chimiche e cliniche di queste nuove sostanze”.

“Il sistema italiano di intervento” ha aggiunto Biagio Sciortino, neo presidente del Coordinamento nazionale dei servizi – Intercear, “conta circa 15 mila operatori tra servizio pubblico e privato autorizzato, purtroppo, però non solo abbiamo una normativa ferma al ‘90 che depotenzia l’intervento dei servizi, ma abbiamo anche disomogeneità regionali e territoriali così eclatanti da mettere in dubbio il rispetto dei diritti degli utenti tra regioni diverse, tra Asp dove non sono garantite neanche le stesse prestazioni minime, a causa di una intesa Stato Regioni del 1999 mai applicata in modo omogeneo”. Una normativa che per Squillaci “è anacronistica e non risponde alle esigenze e ai bisogni di una società: è quindi da considerarsi pericolosa per la sopravvivenza degli stessi servizi di cura, per le persone che ne hanno bisogno e per il futuro dei nostri giovani. La penuria di progettualità politica, di investimenti sulla prevenzione, sulla cura sta rischiando di farci diventare inefficaci nel sistema educativo dei giovani”.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.