Politica
Droga, perché nessuno ha preso sul serio la proposta Della Vedova
Sono passate due settimane da quando il senatore e sottosegretario Benedetto Della Vedova e ha presentato la sua proposta di legge sulla legalizzazione della cannabis. «Lo abbiamo presentato alla Camera con 220 firmatari», aveva annunciato urbi et orbi su Facebook
di Redazione
Sono passate due settimane da quando il senatore e sottosegretario Benedetto Della Vedova e ha presentato la sua proposta di legge sulla legalizzazione della cannabis. «Lo abbiamo presentato alla Camera con 220 firmatari», aveva annunciato urbi et orbi su Facebook.
In queste due settimane oltre a una serie di fatti di cronaca – legati al consumo di stupefacenti fra cui l’amnesia, un terribile mix di cannabis ed eroina – di cui spesso i giornali abusano, in particolare nel periodo estivo, è balzato agli occhi il quasi assoluto silenzio da parte degli operatori che di chi fa uso o abuso di stupefacenti si occupano quotidianamente. In primis quelli delle comunità terapeutiche, che un tempo su una proposta del genere avrebbero alzato le barricate e armato i cannoni. Da una parte i proibizionisti, dall’altra i sostenitori della riduzione del danno. Che si sarebbero sfidati a colpi di slogan: “tutte le droghe fanno male” contro “nessuno è mai morto per una canna”. Oggi però di quel Risiko è rimasto poco. Certo appena dopo l’annuncio Sanpatrignano ha firmato un documento contro la proposta di legge Della Vedova (a cui hanno aderito esponenti di quasi tutti gli schieramenti, dal Pd a Sel da Forza Italia ai 5stelle). Ma anche questa iniziativa è sembrata più un riflesso incondizionato, che una chiamata alle armi. Malgrado la miccia accesa in Parlamento, questa volta non si andrà alla guerra. E non lo si farà perché questa proposta di legge, comunque la si pensi, puzza di stantio e manca di senso.
Occorre intendersi. La prima domanda che bisogna porsi è quale sia l’obiettivo che vogliamo realizzare attraverso la regolamentazione del mercato delle droghe (qui la relazione annuale 2014). La proposta Della Vedova pare abbia come target (almeno a leggere il sottosegretario) il superamento del proibizionismo, che a suo dire non ha «fatto cessare di drogare gli uomini». Ma il suo testo, non è un colpo di spugna tout court, semplicemente sposta i paletti un po’ più a destra e un po’ più a sinistra. Insomma modifica la geografia delle proibizioni, ma sempre di divieti si tratta. Un altro genere di proibizionismo, quindi, ma pur sempre di proibizionismo si tratta. Della Vedova si propone di porre rimedio ai danni provocati dal proibizionismo, attraverso un altro proibizionismo. Dov’è la logica? Semplicemente non c’è. E nemmeno potrebbe esserci perché è il paradigma di partenza che non tiene.
Proviamo allora a modificare lo schema. «La droga del resto non è mai il problema: è una conseguenza. Tragica. Il consumo di sostanze non appare un fenomeno a sé stante, ma una sorta di sottoprodotto o prodotto correlato ad un mutato atteggiamento culturale, che fa vivere del presente e della ricerca dell'emozione fine a sé stessa, due pilastri delle modalità di azione e di consumo della società contemporanea». Mimmo Battaglia è il presidente della Fict, la Federazione italiana delle comunità terapeutiche. Se è uno come lui a dire che «la droga non è il problema», forse c’è da ascoltarlo. Se è vero che il consumo degli stupefacenti è l’effetto e non la causa, che senso ha promuove una legge sugli effetti, senza incidere sulle cause?
Se l’obiettivo è limitare l’uso delle droghe legali o illegali che siano (dall’alcol in giù), forse più che una fake della liberalizzazione della droga, sarebbe più utile una grande campagna per il rilancio del servizio civile, oggi modestamente ridotto a un istituto di nicchia per universitari col pallino del sociale oppure una politica fortemente orientata alla promozione dello sport di base. Dopo che Della Vedova (o chi per lui) avrà il coraggio e la capacità di condensare attorno a queste proposte centinaia di parlamentari come ha fatto per la cannabis, forse qualcuno anche fuori dal Palazzo si occuperà di discutere e approfondire le sue proposte. Finché non sarà così, si accontenti di qualche titolo di giornale. Che forse sono il vero obiettivo della sua proposta.
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