Welfare

Droga libera? Tre volte no

Il narcotraffico non è più il business principale della criminalità organizzata perché le nuove sostanze sono prodotte e offerte in loco.

di Riccardo Bonacina

Quarantasette anni di cui più della metà passati in giro per il mondo a combattere la povertà, l?ingiustizia e il narcotraffico. La vita di Sandro Calvani non è stata certo noiosa, a cominciare dall?Università: lauree e specializzazioni a Genova, Colorado e Harvard (Usa) e Lovanio (Belgio). Giovanissimo diventa responsabile della Caritas italiana per i Paesi del Terzo mondo, poi è capodelegazione della Caritas internazionale presso Fao, Pam e Commissione europea, alla fine degli anni ottanta è fondatore e direttore del Centro Panafricano dell?Organizzazione Mondiale della sanità e dal 1992 come funzionario dell?Onu, dapprima come direttore dell?United Nations International Drug Control Programe (Undcp), nell ?95 è direttore dell?Ufficio Regionale del medesimo programma nei Caraibi e dal ?97 è rappresentante dell?Onu e dell?Office of Drug Control and Crime Prevention.
In questi giorni, insieme alla moglie e ai quattro figli è impegnato nell?ennesimo trasloco: prossima destinazione Bangkok come responsabile dell?Undcp per l?Asia Orientale e regioni del Pacifico. Lo incontriamo a Vallombrosa al convegno di studio delle Acli, la sua è una delle relazioni ascoltate con più attenzione, Calvani istruisce la foltissima platea sugli effetti perversi della Globalizzazione e sulle minacce che ?la società incivile globale?, così la definisce, porta alla ?società civile internazionale?.
A lui, vero sceriffo internazionale impegnato da più di un decennio nella lotta al narcotraffico, chiediamo un giudizio sull?ennesima e periodica polemica italiana a proposito di liberalizzazione di droghe leggere e di somministrazione controllata di eroina. Sandro Calvani sorride. «Guardi, le risponderò, non mi sottraggo. Mi lasci però prima inquadrare il problema. Oggi il narcotraffico non è più il maggiore business della criminalità organizzata. Il narcotraffico non è più in trend di crescita, anzi è in diminuzione, il consumo di sostanze tradizionali, eroina e cocaina sono in lento calo sia negli Stati Uniti che in Europa, quindi per il grande capitale illecito la droga non è più un mercato interessante. Oggi la criminalità comincia a investire non più sul traffico illecito di sostanze ma sul traffico di persone. È questo ormai il loro business principale per almeno tre motivi. Il primo: le persone, i nuovi schiavi, sono un vuoto a perdere. Ogni volta il loro cliente è nuovo a differenza del tossicodipendente e questo diminuisce la loro soglia di rischio. In secondo luogo, il crimine dei nuovi schiavisti viene commesso in Paesi poveri con apparati statali e di repressione incerti e destrutturati, quindi se qualcosa va male i problemi sono minimi. La terza ragione: oggi c?è un offerta di altre sostanze chimiche, soprattutto anfetamine, cioè sostanze di sintesi prodotte localmente per un mercato locale, quindi per definizione queste sostanze non hanno bisogno di traffico, non devono più essere trasportate da un Paese all?altro corrompendo mezzo mondo, vengono prodotte laddove si consumano. Sono leggermente più igieniche, sono più economiche e più popolari, anche se non sono meno dannose e comunque sono un indicatore di una malattia, o perlomeno di un disagio, di massa».
D?accordo professor Calvani, sin qui il ragionamento che, tra l?altro è interessantissimo e preoccupante. Ma le polemiche italiane?
«Quello della liberalizzazione delle sostanze o della distribuzione controllata, non è il nostro grande problema. L?Oms ha dimostrato ripetutamente che la libera distribuzione di sostanze illecite non risolve il problema della tossicodipendenza, esiste poi una convenzione internazionale, quella di Vienna, contro le sostanze narcotiche e psicoderivate che esclude qualsiasi tipo di liberalizzazione che è firmata da ministri plenipotenziari di una cinquantina di Paesi, per modificarla occorre l?iniziativa di un buon gruppo di governi e altrettante firme».
Beh, in Italia sono stati anche dei rappresentanti del Governo a lanciare il dibattito. «Il dibattito è sempre una bella cosa, ma restando ai fatti nessun governo al mondo ha mai proposto un ipotesi del tipo dell?esperimento svizzero o olandese o danese. Anzi, quegli stessi governi che hanno sperimentato forme di liberalizzazione o di somministrazione controllata sanno che non funziona. Lo stesso governo olandese che ha il tipo di politica più liberale con i suoi coffee shop per le droghe leggere, riconosce che mentre questa politica funziona a livello nazionale perché separa il mercato dei consumatori di droghe leggere da quello di droghe pesanti non funziona a livello internazionale e quindi sconsiglia di adottarlo per i suoi altissimi costi e perché proposto ad una comunità meno omogenea e meno preparata e informata di quella interna».
Quindi, professor Calvani? «Quindi il dibattito italiano è una grande mistificazione dettata dalla emozionalità che non ha nessun reale fondamento scientifico e legislativo. Il problema non è quello della distribuzione controllata da parte dello Stato per quei pochi tossici eroinomani rimasti, ma quello della corruzione che c?è dietro il narcotraffico. Su questo bisogna impegnarsi, il resto mi sembra stupido o sospetto».
Eppure questa volta a riaprire il dibattito è stato un magistrato milanese impegnato nel pool antimafia.
Calvani sorride: «Ognuno, ovviamente, è libero di avere le sue personali opinioni. Ma val la pena sottolineare che se togliessimo la droga domani mattina predatori globali sarebbero pronti a trafficare altre cose o altri prodotti come già stanno facendo, dalle armi alle persone. Se, poi, il principio fosse quello che per vincere la criminalità bisogna legalizzare i loro traffici… in quel caso perché non legalizziamo le schiave sessuali per uso domestico? Se eliminare la criminalità significa trasformare in bene ciò che è male è veramente una soluzione assurda e inaccettabile».

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