Fine anno, tempo di classifiche. C’è veramente di tutto, considerando anche il fatto che, fra una cosa e l’altra, finisce un decennio. Non sfuggono al richiamo neanche social network e motori di ricerca che propongono, a modo loro, riepiloghi dell’anno agli sgoccioli. Google con Zeitgeist (davvero non male il nome) propone la classifica delle query più ricercate con tanto di video riassuntivo e soprattutto utilizzando mappe e grafici interattivi di grande impatto ed efficacia. Facebook ribatte con Memology cioè i termini inseriti nello status degli utenti (il vecchio “What’s on your mind?”) che più sono cresciuti rispetto allo scorso anno. Non male, ma c’è di meglio. Proprio ieri è stata pubblicata un’indagine del Data Team di Facebook, rilanciata in Italia da La Repubblica, che ha analizzato i contenuti di ciò che si scrive nello status correlandoli a variabili di età e orario di pubblicazione. Una rilevazione su oltre un milione di utenti di lingua inglese che, al di là dei risultati, mostra le potenzialità di un campo di analisi molto interessante, anche per i soggetti sociali. Si lavora infatti su una mole (tutta virtuale) di contenuti “conversazionali” di tipo qualitativo andando alla ricerca di ricorrenze. Non sono quindi dati derivanti da un’imputazione: ad esempio quanti sono gli utenti dei vari social network o, appunto, quante volte è stato utilizzato un certo termine di ricerca, ma è qualcosa di più complesso e, aggiungerei, ambivalente. Dall’indagine emergono infatti preferenze, atteggiamenti, emozioni, sentimenti che sostengono sistemi relazionali e scelte comportamentali in forma di vissuti, e non come rielaborazione meccanica a fronte di uno stimolo esterno (ad esempio la risposta ad una domanda chiusa di un questionario). Temi rilevanti (anche) per chi fa della socialità la propria missione e che spesso si trova in grande difficoltà a riconoscere il valore generato nelle relazioni che, si sa, costituiscono l’oggetto della produzione. E così ci si deve accontentare di approssimazioni davvero grezze e a volte fuorvianti come i dati di una rilevazione di costumer satisfaction applicata ai servizi sociali. Comunque c’è da scommettere che quelli di Facebook andranno avanti, anche perché i sistemi di estrapolazione di conoscenze dalle relazioni sociali più si utilizzano e più si affinano (e forse anche apprendono).
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