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Dpef: il balzo in avanti? Solo per i ricchi

Il Documento di programmazione economica non contempla la povertà e penalizza il Terzo settore

di Redazione

Aumento del tasso di occupazione, pensioni minime a un milione di lire al mese a partire dal 2002, abolizione della tassa di successione, diminuzione della pressione fiscale: il Documento di programmazione economica e finanziaria – Dpef 2002-2006, approvato dal Consiglio dei ministri la scorsa settimana, si trova ora al vaglio delle Camere. Mentre la strategia del governo punta tutto sulla ripresa economica e sull’ammodernamento delle infrastrutture, molti osservatori del Terzo settore denunciano la completa assenza di misure per la povertà, la famiglia, la giustizia sociale. Ce ne parlano il senatore Nuccio Iovene (Ds), membro del Tavolo interparlamentare per il Terzo Settore e la sociologa Chiara Saraceno. Si dice “molto preoccupato”, il senatore diessino Iovene: il Dpef appena approvato gli appare «più un insieme di proclami che uno strumento di governo, in cui non si capisce come e quando certe misure verranno realizzate. Un provvedimento in cui si parla di Terzo Settore con il termine “no profit”, tanto per intenderci sulla conoscenza della materia. Ma questa è solo una punta di colore, le contraddizioni sono ben altre». Ad esempio, l’abolizione della tassa delle successioni e delle donazioni. Una misura che allevia soprattutto le fasce di popolazione ad alto reddito, visto che «la tassa di successione non si applicava già per le eredità fino a 350 milioni, tetto che ricomprendeva la stragrande maggioranza degli Italiani » continua Iovene. «Per le donazioni, invece, mi sembra proprio che il Terzo Settore riceverà un danno diretto: dopo esserci tanto battuti per ottenere un regime fiscale agevolato, ora arriva questa abolizione totale, che fa perdere alle donazioni a favore del non profit quella concorrenzialità timidamente acquisita con il decreto legislativo 460». Oltre a questo, l’introduzione nell’Irpef di due sole aliquote fiscali (del 23 e 33%, ed esenzione dei redditi sotto ai 22 milioni) secondo Iovene, «pur avendo l’indubbio merito di semplificare, finisce per cancellare un principio democratico di progressività delle imposte, secondo cui chi più possiede, più dà alla collettività. Una cosa è avere un reddito, mettiamo, di 200 milioni all’anno. Un’altra averne uno di 2 miliardi». E su questo, la professoressa Saraceno ritiene che «giocare tutto sulle detrazioni fiscali, nel migliore dei casi, aiuta chi è vicino alla soglia di reddito. Chi un reddito non ce l’ha, evidentemente non viene nemmeno sfiorato dall’agevolazione. La stessa esenzione dalle tasse per i redditi al di sotto dei 22 milioni andrebbe almeno commisurata ai carichi familiari: a parità di reddito c’è una bella differenza, ad esempio, tra un giovane lavoratore che vive a casa con i suoi genitori e non ha spese, e un padre di famiglia». La sociologa – che è anche presidente della Commissione sulla Povertà recentemente “congelata” dal ministro Roberto Maroni – ricorda che, dall’ultima rilevazione Istat, l’11% delle famiglie italiane vive in condizioni di povertà relativa. «Il Dpef non contiene nemmeno un accenno al problema della povertà e le stesse pensioni sociali, previste a partire dal 2002, non saranno garantite a tutti ma soltanto a cominciare dagli anziani. Non c’è niente per le famiglie con figli: si deve forse pensare che, esclusi gli anziani, tutti gli altri sono poveri per colpa loro?». Saraceno aggiunge che le misure di flessibilità del mercato del lavoro previste nel documento «rischiano di aumentare i casi di povertà temporanea, in cui proprio i giovani con figli rischiano di incorrere». Nell’abolizione dell’Irap e nei provvedimenti sull’ambiente (questi ultimi collegati al disegno di legge cd. “dei 100 giorni”) il senatore Iovene trova altre zone d’ombra. «Proprio nel momento in cui si parla di federalismo, viene abolita l’unica tassa che conferiva maggiore autonomia alle Regioni» spiega. «Il sistema viene così ricentralizzato, prevedendo una distribuzione di fondi alle Regioni attraverso una quota parte dell’Irpeg. Per quanto riguarda l’ambiente, il governo vuole favorire il rilancio di opere pubbliche “strategiche”, aggirando sostanzialmente la valutazione d’impatto ambientale e sottraendo alle Regioni il controllo sui lavori: questo meccanismo, ce lo ricordano certi esempi del passato, toglie sempre trasparenza alle procedure». Molte contraddizioni e incertezze che, annuncia il senatore, verranno analizzate proprio questa settimana dal Forum del Terzo Settore e da numerosi parlamentari, in un tavolo di discussione che possa indicare la strada per risolvere i problemi più contingenti. Per il testo del Dpef: www.governo.it


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