Welfare

Dpef/1. I Livelli essenziali di assistenza. Una telenovela sulla pelle dei poveri

La legge 328 prevedeva che il governo fissasse i “Lea”. Questa definizione doveva poi determinare il fondo per le politiche sociali. Invece da tre anni...

di Benedetta Verrini

Li chiamano Lea, Leas, Liveas, Lep. Sono esattamente quello che sembrano: degli illustri sconosciuti. I ?livelli essenziali di assistenza sociale? erano stati previsti dalla legge quadro dell?assistenza sociale, la 328. Non una legge qualsiasi, ma un?innovazione che nel 2001 ha portato l?Italia a ?voltare pagina? rispetto al modello ?statalista? di assistenza che risaliva alla fine dell?Ottocento. E ha proposto per la prima volta un modello di tipo solidaristico, in cui le responsabilità pubbliche ai bisogni ?sociali? delle persone e delle famiglie sono attribuite anche a soggetti ?non istituzionali?, come le organizzazioni non profit, e dove le istituzioni pubbliche svolgono il ruolo di garanti dell?esistenza della qualità e dell?accessibilità delle risposte. Ma come garantire uno standard di qualità nell?assistenza? Semplice: con i Lea, cioè con dei criteri di equità e adeguatezza delle prestazioni socio-sanitarie uguali in ogni Regione italiana. In modo che per l?assistenza sociale a una famiglia disagiata, ad esempio, in Abruzzo non dovesse esserci un trattamento differente rispetto all?Emilia Romagna. La definizione dei Leas, quindi, doveva anche essere agganciata alle risorse da assegnare al Fondo nazionale per le politiche sociali. Sono passate già tre Finanziarie, ma a tutt?oggi non è ancora stato emanato dal governo il decreto attuativo che fissa i ?livelli essenziali?. Così, gli interventi di sostegno al sociale hanno finito per dipendere non dalle necessità effettive di lotta all?esclusione, alla povertà, al disagio, bensì dalla quantità di risorse finanziarie disponibili. La vicenda ha il sapore di una telenovela: il ministero del Welfare era partito di slancio aprendo tavoli di confronto con le organizzazioni del Terzo settore. La definizione dei Leas doveva nascere, insomma, in un?atmosfera condivisa con tutte le parti in causa, dagli enti locali alle organizzazioni di volontariato. Peccato che il tavolo di confronto, cui sedeva una delegazione del Forum nazionale del Terzo settore, sia stato convocato solo due volte in tre anni. «Una prima volta in cui abbiamo presentato una nostra proposta», spiega Maria Guidotti, presidente Auser e delegata per il Forum al tavolo dei Leas. «E una seconda in cui il ministero del Welfare ha presentato la sua. Nel documento, però, non si indicavano risorse e i ?livelli essenziali? erano diventati ?diritti sostenibili?. Un concetto improponibile, secondo cui il diritto esiste solo finché ci sono risorse?». Così, il processo di realizzazione della 328 e del nuovo sistema di servizi in Italia ha iniziato a navigare a vista. La successiva modifica del Titolo V della Costituzione ha introdotto ulteriori elementi di modificazione dei ruoli delle diverse articolazioni dello Stato, ponendo in capo alle Regioni la titolarità legislativa rispetto al sociale, col riconoscimento della esclusiva e completa competenza progettuale e gestionale dei Comuni. Però, nonostante il percorso federalista, la questione dei Leas resta. Sempre nel marzo del 2003, l?Unione province italiane pubblica un documento preoccupato in cui si legge: «Ciò sta provocando una sorta di ?fai da te? istituzionale, dipendente dalla storia e tradizione dei singoli territori più che da un indirizzo di fondo condiviso da tutti e quindi spendibile a tutti i livelli». E raccomanda di «evitare una sottovalutazione del tema sociale, che riguarda una parte fondamentale dei diritti civili e di cittadinanza». Arriviamo al 2004. Il 4 febbraio il ministro Roberto Maroni, nel corso di un incontro con le Acli, dichiara che il decreto sarebbe stato pronto per l?inizio della primavera. A primavera un gruppo di deputati, tra cui Augusto Battaglia, Katia Zanotti e Mimmo Lucà fanno un?interrogazione parlamentare. Risponde il sottosegretario Grazia Sestini, che assicura che «il ministero ha predisposto un documento, sottoposto al tavolo tecnico istituito presso la Conferenza unificata», e inoltre «è in corso una verifica presso 800 Comuni della spesa sociale e, successivamente alla definizione dei Leas, verranno determinate le risorse da destinarsi al sistema delle prestazioni e degli interventi sociali». In ogni caso, «il documento sui livelli essenziali delle prestazioni assistenziali, troverà definizione entro un mese e mezzo o due mesi». La scadenza è stata nuovamente infranta: il tempo è trascorso senza traccia di decreti. «Scrivere i Leas rappresenta molto più che completare una legge, significa riconoscere i diritti delle persone», commenta Edo Patriarca, portavoce del Forum del Terzo settore. «Significa, per il governo, cominciare a investire sul Welfare perché lo si riconosce come motore di sostegno e sviluppo del Paese, non come una zavorra cui tagliare risorse appena è possibile».


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