Famiglia

Doyle? Tutto da leggere il Calvino irlandese

Recensione de "La trilogia di Barrytown" di Roddy Doyle.

di Domenico Stolfi

Nelle Lezioni americane, Italo Calvino suggeriva agli scrittori di adottare una “leggerezza della pensosità” da non confondere con la leggerezza della frivolezza. Anzi, esprimeva la convinzione che la leggerezza pensosa potesse far apparire la frivolezza come pesante e opaca. Uno scrittore che sul piano stilistico ha fatto proprio il consiglio di Calvino è Roddy Doyle. L?estrema essenzialità della sua scrittura, scarna e colloquiale, si è dimostrata perfettamente aderente a un mondo fatto di schiettezza umana e sentimenti semplici e genuini: quello del proletariato dublinese. Attenzione però, in Doyle semplicità e genuinità non vanno confuse con banalità e fatuo buonumore. Anche l?irresistibile ironia di Doyle è funzionale a quel drammatico ottimismo che troppo spesso è l?unica ricchezza della gioventù, a quell?orgoglio di classe – massì usiamola questa parola da anni invisa e negletta, seppur in un?accezione depurata da ogni scoria ideologica – che ricorda tanto quello dei sottoproletari pasoliniani prima della funesta ?mutazione antropologica?. Bisogna ringraziare allora la casa editrice Guanda che ha riunito in un solo volume, La trilogia di Barrytown (586 pagine, 12 euro), quelli che a oggi rimangono tre dei più riusciti romanzi dello scrittore irlandese: I commitments, Bella famiglia! e Due sulla strada. Un?occasione da non perdere per avvicinarsi all?opera di uno dei più acuti narratori contemporanei.


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