Dove vanno i soldi della cooperazione allo sviluppo? La risposta più adeguata, almeno secondo un autorevole rapporto internazionale, sarebbe “boh”. E’ poco trasparente infatti la gestione dei fondi da parte dellaDirezione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri secondo l’
Aid Transparency Index, indicatore ideato dalla campagna
Publish What You Fund, che pubblica ogni un rapporto che valuta appunto la trasparenza dell’aiuto allo sviluppo dei 67 principali donatori di tutto il mondo, sia pubblici che privati.
Ebbene, gli aiuti pubblici allo sviluppo del nostro paese si sono meritati nel 2013 il poco lusinghiero voto “very poor”, il peggiore (nella classifica che vede al primo posto very good, seguito da good, fair, poor e very poor) quanto a quantità e utilità delle informazioni rese pubbliche dai donatori, ovvero documenti strategici, rapporti annuali, bilanci, budget di spesa, bandi, relazioni e valutazioni dei progetti finanziati. L’Italia figura così al 60mo posto su 67 donatori analizzati; peggio di noi fanno solo Lituania, Cipro, Bulgaria, Ungheria, Malta, Grecia e Cina.
A farci così mal figurare sono la scarsa disponibilità di dati e informazioni accessibili e comparabili ai cittadini su come vengono impiegate le risorse pubbliche all’estero, e il fatto che le comunicazioni che si reperiscono dal sito di Cooperazione Italiana spesso sono espresse in un linguaggio tecnico o vengono ritenute insufficienti per garantire standard di trasparenza. I pochi dati pubblici, inoltre, non sono disponibili in formato "aperto" (per esempio in excel o csv), mentre vengono promossi solo attraverso il web (36%) o addirittura non pubblicati (64%).Per questo, il nostro paese ha un punteggio 9.98% dell’indice di trasparenza sulla quantità e utilità delle informazioni sulla destinazione delle risorse (la sufficienza è il 40%), un dato peggiorato rispetto al 2012, quando la Cooperazione Italiana si era guadagnata la 53esima posizione, nella meno disastrosa categoria “poor”.
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