Welfare

Dove sono spariti i soldi dei detenuti?

A luglio è arrivato il via libera per un fondo da destinare all’inserimento lavorativo dei carcerati: 73 milioni di euro. Che ora però sembrano evaporati.

di Redazione

Quando lo scorso febbraio il sottosegretario alla Giustizia, Jole Santelli dichiarò a Vita che «dal giorno 18 il regolamento della Cassa Ammende è completo», in molti si illusero che finalmente fosse stata messa la toppa a una questione tanto paradossale quanto odiosa. La Cassa Ammende infatti è un ente di diritto pubblico, il cui presidente è il capo del Dap, il Dipartimento dell?amministrazione penitenziaria, che, in base al dpr del 30 giugno 2000, dovrebbe sostenere i detenuti poveri e le loro famiglie oltre che favorire il reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti. Il fondo oggi conta su circa 92 milioni di euro (provenienti dal pagamento delle ammende e delle multe oggetto delle sentenze penali di condanna e da tutti i beni mobili e immobili confiscati alla criminalità). In realtà però le risorse disponibili sarebbero pari a 73 milioni: 12 milioni, infatti, sono bloccati perché relativi a procedimenti ancora in corso, mentre altri sette sono già stati impegnati per progetti dello stesso Dap. Fin qui la teoria. Malgrado le dichiarazioni della Santelli, infatti, il meccanismo della Cassa è rimasto per mesi inceppato per ?ragioni amministrative?, ossia perché il regolamento non era ancora stato inoltrato alle direzioni delle carceri e ai provveditorati regionali. Operazione che finalmente si concretizza il 30 luglio 2004. Tutto a posto quindi? «Neanche per sogno», informa Jolanda Casigliani, attivista radicale e promotrice della neonata associazione dedicata al ?detenuto ignoto?. Oggi, a quasi 5 anni dall?approvazione della legge, a oltre 9 mesi dall?emanazione del regolamento relativo, e a più di 5 mesi dall?invio dell?informativa alle amminstrazioni penitenziarie periferiche, non è stato esaminato alcun progetto a favore dell?occupazione dei carcerati. Risultato: 73milioni per zero progetti. Tanto più che le uniche iniziative avviate dal Dap riguardano, contra legem, due progetti attinenti alla sanità carceraria. «Uno addirittura», interviene la Casigliani, «prevederebbe l?acquisto di complessi macchinari per la diagnosi a distanza. Peccato che dietro le sbarre il problema siano le aspirine, altro che diagnosi a distanza. Dell?altro, invece, non si sa nulla». Una curiosità che né al ministero, né al Dap ritengono di dover svelare. Nel frattempo rimangono sospese le domande di finanziamento presentate dagli enti. Dal Cssa-Centro servizi sociali per adulti di Genova fanno sapere di aver ricevuto una telefonata dal Dap a inizio settembre in cui si chiedeva se erano ancora interessati al finanziamento. Poi più nulla. Tanto per far capire l?aria che tira. «Nulla infatti si sa», conclude la Casigliani, «sui meccanismi e sui tempi che regolano l?esame dei progetti». Del resto da Palazzo Piacentini nessuno si è preoccupato di pubblicizzare l?attività (inattività?) del fondo. Dal 15 dicembre però nessuno può più fare orecchie da mercante. La Casigliani, con l?associazione Papillon, incontrerà a Rebibbia il Comitato carceri della Commissione Giustizia, guidato dall?onorevole Enrico Buemi. Riuscirà ad aprire l?inaccessibile Cassa Ammende?


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA