Welfare

Dove nascono i palloni dei Mondiali?

L'anteprima dell'inchiesta di copertina di Vita magazine in edicola. Diritti umani e business sportivo. Dopo gli scandali delle precedenti edizioni, quest’anno la Fifa ...

di Piergiorgio Greco

Il dossier completo di dati e interviste su Vita in edicola Il pallone che viene utilizzato ai mondiali di calcio mette quasi soggezione. È la sfera di cuoio “più precisa e veloce mai prodotta, in grado di garantire un ritorno di energia maggiore e un?addizionale capacità di ammortizzazione per il controllo e la precisione del tiro”, come recita il comunicato Adidas. Il suo nome è Fevernova e il suo prezzo si aggira sui 100 dollari. Dispiace quasi prenderlo a calci. Ma c?è un?altra notizia che riguarda Fevernova: non viene da Sialkot, la poverissima regione pakistana, poco lontana da Lahore, dove viene prodotto l?80% dei palloni da competizione al mondo, ben 70 milioni ogni anno. Fevernova infatti viene prodotto in Marocco, uno Stato che proprio l?anno scorso ha ratificato la Convenzione 182 dell?Ilo, l?Organizzazione internazionale del lavoro, e nel quale, come testimoniano a ?Vita? i volontari di Aibi e Cospe, ong presenti nel Paese, l?accordo pare essere rispettato. Ed anche un funzionario Unicef, interpellato a Rabat conferma: non ci sono bambini impiegati nella cucitura dei palloni. Quella volta che Life… C?erano invece tanti bambini a Sialkot nel 1996, quando il mensile americano Life ritraeva un bambino pakistano intento a cucire un pallone marchiato Nike e i riflettori si accesero implacabilmente. Fu un vero scandalo (in Italia a lanciare la foto e la notizia fu per prima ?Vita?) che aprì gli occhi del mondo su una realtà impressionante: l?81% dei bambini di quella regione contribuiva in maniera sostanziale al bilancio familiare cucendo palloni. Il lavoro minorile era presente nella parte finale della produzione, dopo la fase industriale (che prevede lo stampaggio, la sagomatura e la serigrafia del cuoio artificiale): è allora che ci si inoltrava in una fase artigianale, quella della cucitura, in cui gli intermediari cercavano famiglie disposte a usare anche i bambini, che con le loro mani piccole erano più veloci ad infilare l?ago nei ritagli esagonali di cuoio. Ogni bambino era in grado di cucire non più di tre palloni di qualità al giorno, sfere che necessitano di tre ore per essere realizzate contro le due utili a cucire palloni di spessore e qualità inferiori. In media, la paga per ogni pezzo cucito era di mezzo dollaro. Subito, la battaglia lanciata dalla società civile in Occidente nel 1997. La Fifa prima e l?Ilo dopo, furono costretti a prenderne atto. In particolare, l?accordo di Atlanta del ?97, firmato da Ilo, Unicef e Camera di commercio di Sialkot, consente ancora oggi di tenere costantemente sotto pressione la produzione di palloni pakistana. Nel 1998 nasce in India la Global March Against Child Labour, una sorta di ?punto di arrivo? della mobilitazione internazionale contro lo sfruttamento minorile, in grado di spingere l’Ilo ad adottare, nel 1999, la Convenzione 182 contro lo sfruttamento dei bambini. Nel frattempo, i grandi marchi sono corsi ai ripari. Comprendono che fatti gravi come quelli rivelati a Sialkot portano conseguenze catastrofiche in immagine e affari. La prima a ricorrere a un codice di condotta per monitorare la propria produzione, aggiornandolo per ben quattro volte (nel 1997, 1998, 1999 e 2001) è la Nike. Adidas, invece, solo dal 1999 ha adottato lo stesso strumento, aggiornandolo all?inizio di quest?anno in vista dei Mondiali, con un testo che si rifà ampiamente alle Convenzioni dell’Ilo in materia di sfruttamento minorile. Così oggi, con altri marchi come Lotto, Umbro e Reebok, comprano palloni a Sialkot senza produrli in proprio, da 35 aziende locali che hanno fornito garanzie sul lavoro minorile. Clean Clothes ottimista Una recente indagine dalla Clean Clothes Campaign Europe, una campagna internazionale per la trasparenza nell?industria dell?abbigliamento dal titolo ?Non siamo macchine?, ha dimostrato che in effetti qualcosa è cambiato: anche se i salari non crescono abbastanza e permane una scarsa libertà di organizzazione sindacale, le condizioni di lavoro degli occupati tendono a migliorare. Anche se nessuno può ancora escludere che il lavoro minorile torni, com?era in origine, ad essere svolto a domicilio dove è meno controllabile. E dove, spesso, il reddito familiare lo richiede. Adidas smentisce Oltretutto il quotidiano inglese ?Times?, qualche giorno prima dell?inizio dei Mondiali, ha rivelato che a Sialkot attivisti della Global March Against Child Labour hanno trovato bambini intenti a cucire palloni con il logo della World Cup 2002. Adidas si è affrettata a smentire la notizia, sostenendo che, come in effetti spesso si è verificato, si tratta di palloni contraffatti. Anche un recente dossier dell?ong olandese India Committee of the Netherlands intitolato La faccia scura del pallone, ha fatto notare come i riflettori permangono tuttora spenti sull?India e sulla Cina, Paesi dove i produttori stanno progressivamente delocalizzando le loro produzioni e che rimangono ancora restii a permettere controlli di organismi internazionali.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA