Formazione

Dove finiranno i rom? Di nuovo nel fango

Dal Campidoglio si garantisce l'individuazione di tre aree dove piazzare i nuovi campi, attrezzati con container. Scettico il volontariato che mette sotto accusa il Comune.

di Paolo Giovannelli

Zingari fuori dal raccordo anulare. L’intenzione della giunta Rutelli è più facile a dirsi che a farsi. Lo sgombero del Casilino 700, saldatosi da tempo al Casilino 900 per formare la più grande area rom d’Europa con la particolarità di essere nel cuore di Roma, viene di fatto rimandato dal 18 giugno scorso, mese dopo mese. Le ragioni: i nuovi campi non sono ancora pronti; i romani delle periferie che dovrebbero convivere a fianco dei rom spostati, per protesta bloccano la viabilità; le associazioni di volontariato che da anni aiutano gli zingari ribadiscono che al Campidoglio non hanno mai pensato una vera politica sulla questione. Che succederà? Per la responsabile servizio stranieri della Comunità di Sant’Egidio, Daniela Pompei, «dopo il recente censimento sappiamo quanti sono i rom regolari al Casilino 700: circa 800 su un migliaio di persone e al più presto hanno bisogno dei nuovi campi. Ma non enormi, servono piccoli campi che contengano al massimo 80-100 persone. E bisogna sbrigarsi, prima dell’inverno». Le fa eco Serenella Chiappini, coordinatrice del servizio nomadi della stessa Comunità: «Sulla questione gli amministratori romani vanno a tentoni. E poi, il volontariato impegnato con i rom, non è stato interpellato nell’affrontare la vicenda né per la distribuzione in altre aree attorno alla capitale. Non mi fa essere ottimista il fatto di conoscere le modalità con cui in passato sono stati effettuati altri sgomberi, sotto il solleone in agosto o in inverno nel fango». Un’altra associazione di volontariato, la Casa dei diritti sociali, teme lo sgombero forzato del campo Casilino 700. Per Manfred Bergmann, la riduzione della questione rom a un problema di ordine pubblico è già evidente nel trasferimento di un ufficiale dei vigili, il tenente Bucci, dal suo incarico nel Nucleo assistenza emarginati (Nae) per il Casilino 700 al settore incidenti stradali, perché descritto come “valido” interlocutore dei rom e delle associazioni di volontariato. «È plausibile pensare – spiega Bergmann – che il trasferimento di Bucci preluda a uno sgombero manu militari». Più tenero con l’amministrazione capitolina è il segretario nazionale dell’Opera nomadi, Massimo Converso: «Prima di Natale non si sposta nessuno dal Casilino. Intanto è positivo che si sia portata l’acqua e si voglia mettere la luce. È anche vero che l’amministrazione ha agito, a volte, in modo contraddittorio e che manca un piano organico sui rom». Però, Converso avverte: «Non si deve focalizzare l’attenzione sul Casilino 700 e 900. La situazione più drammatica tra i campi è quella di Ciampino, dove c’è l’epatite virale endemica. Segue la Magliana vecchia, con i rom di Sarajevo e il campo di via di Salone, dove il primo autobus passa a due chilometri». Sui campi rom dal Comune arrivano notizie: sono già state individuate 3 nuove aree: la tenuta dell’ex Piccerella sulla via Aurelia e gli ex terreni dell’Agenzia regionale per lo sviluppo agricolo nei pressi della via Cassia, entrambe al di là del raccordo anulare, oltre al campo di via Salviati che ingloberebbe anche quello che si trova in via della Martora. C’è poi la questione container, i “moduli abitativi mobili”, «saranno 200 per i tre campi, di 3 metri per 12. Con servizi igienico-sanitari, fogne e luce ogni campo costerà 1 miliardo e mezzo di lire. Ci saranno spazi per volontari, medici e polizia. In ogni campo vivranno 200-250 persone», dice Enrico Serpieri dell’ufficio stampa del Comune. Ma i volontari rimangono scettici e guardinghi: «Non so più da quanti anni sento ripetere queste cose», chiosa Serenella Chiappini.


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