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Dov’è finita la Carta di Treviso?

Dovere di cronaca: la tragedia del piccolo Nico e l’inadenza dei media

di Redazione

Cari colleghi di Vita, il caso del piccolo Domenico Querulo e la sua esposizione sui mass media, merita qualche considerazione. Ti viene un nodo alla gola a vederlo. Il più delle volte rannicchiato nel suo pigiamino turchese, muto, con la mamma che gli accarezza una manina. Con gli occhi bendati. E, sicuramente, con tutta l?angoscia del mondo nel suo cuore. Nico, al buio, senza capire nemmeno il perché. Eppure non lo rispetta nessuno. Tutti i telegiornali, quotidianamente, sembrano giocare al gioco della margherita in versione horror: vede, non vede, vede, non vede… Qualcuno ha avuto anche il coraggio di intervistarlo. Prima, una bella panoramica con la telecamera nella sua stanza di ospedale, con i peluches mandati da tutta Italia e i cioccolatini. Poi, un bel piano ravvicinato sul suo viso, con le due grasse compresse di garza sugli occhi… Ma perché nessuno dice niente? Che fine ha fatto la Carta di Treviso? Ancora una volta si confonde il dovere di cronaca con il diritto alla privacy. Qualcuno obietterà: «Siamo stati autorizzati dai genitori». Probabilmente è così. La mamma sta sempre lì e gli tiene la mano. E le cronache ci aggiornano sui suoi cambiamenti di umore, dalla speranza alla disperazione, di giorno in giorno. Ma è troppo facile scaricare su di lei o sul marito le responsabilità. Come fa a essere lucido un genitore quando la vita gli riserva una prova del genere? Tra Tac, risonanze magnetiche, anestesie, medici e paroloni spesso incomprensibili è facile perdersi. Soprattutto se il paziente è tuo figlio. E ancor di più se tuo figlio è un bambino sano che, all?improvviso, viene colpito da una pallottola vagabonda, destinata a un altro, a un adulto che fa parte di un mondo spietato, criminale, lontano anni luce dalla sua vita semplice, pulita. Voglio credere che le apparizioni televisive della mamma di Nico con Nico siano un modo per urlare a tutti il suo dolore, per dividerlo con altri, per poterlo esorcizzare. Non ce l?ho con lei. Ce l?ho con chi specula sulla sua disperazione, sulla sua impotenza. Vedere Nico in faccia, non è un invito alla lotta contro la delinquenza né un monito alla mafia. È un ulteriore violenza fatta a questo bambino. Non c?è bisogno che io ricordi ai miei colleghi che la storia di Domenico non ha niente a che vedere con ?Carramba che sorpresa!?.


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