Salute

Dottore aiuto, ho il mobbing

Ormai è una vera e propria sindrome che si manifesta con attacchi di panico, ansia, ulcera e può arrivare fino al suicidio.Ne soffre chi viene maltrattato in ogni modo sul posto di lavoro

di Carlotta Jesi

I giornali furono la prima cosa a sparire dalla scrivania. Seguiti a ruota dalle piante grasse, le penne, il telefono e il computer. Fino a che, senza alcuna spiegazione, Marco si ritrovò ad essere l?unico arredamento del suo ufficio. Una persecuzione assurda orchestrata dai vertici dell?azienda per costringere lo lo scomodo dirigente a dimettersi. Al secolo, mobbing. Maltrattamenti e angherie più o meno forti subite sul posto di lavoro. Un fenomeno vecchio quanto l?uomo riscoperto e definito solo recentemente da Heinz Leymann, un neuropsichiatra tedesco trapiantato in Svezia. Che nei primi anni Ottanta, proprio quando in Svezia, Finlandia e Norvegia veniva votato il diritto alla salute fisica e mentale dei lavoratori, riscontrò una patologia molto particolare. Alcuni dei suoi pazienti, diversi per età, sesso e condizione sociale erano accumunati dalla depressione, gli attacchi di panico, l?ansia, l?inappetenza, l?ulcera e tutta una serie di altri malesseri cui da tempo erano soggetti. Sintomi che un?attenta analisi psichiatrica rivelò avere la stessa causa: maltrattamenti di vario genere subiti in ufficio che il dottore, prendendo in prestito un termine coniato da Konrad Lorenz per definire la tecnica con cui i rapaci accerchiano e aggrediscono un singolo esemplare, chiamò mobbing.
Oggi ne soffrono 10 milioni di persone in Europa e Norvegia, di cui quasi 2 milioni in Italia. Le azioni ?mobbizzanti? variano per intensità e natura. Si va dai casi più frequenti in cui le vittime vengono isolate e rovinate da pettegolezzi inventati, sfrattate dal loro ufficio e relegate in un angolo a svolgere mansioni dequalificanti, a quelli più clamorosi come quello di Marco. La persecuzione non ha confini e tantomeno rispetta la gerarchia . A ?fare le scarpe? possono essere subalterni esasperati dai loro superiori, capi che sfogano le loro frustrazioni personali insultando i dipendenti (Bossing) oppure colleghi gelosi. Come quelli di un?impiegata bolognese che, rientrata in ufficio dopo la maternità, è stata costretta a fare caffè e fotocopie per tutto l?ufficio.
La sua colpa? i colleghi avevano dovuto lavorare di più mentre lei allattava.
Generalmente i ?prepotenti? agiscono in gruppo e preferiscono prendere di mira esponenti del loro stesso sesso. Insomma, una pressione continua e terribile che a lungo andare porta chi ne è oggetto al prepensionamento, alla malattia e, nei casi più gravi, anche al suicidio. «Una recente analisi svedese ha dimostrato che il 20% dei suicidi del 1997 ha avuto come causa scatenante il mobbing», afferma Herald Hege, ricercatore dell?università di Bologna nonché autore di libri sull?argomento (?Mobbing? e ?Il Mobbing in Italia?, ed. Pitagora) e fondatore di ?Prima? (Associazione Italiana contro Mobbing e Stress Psicosociale). È proprio lui a tratteggiare l?identikit della vittima ideale: uomo o donna di età compresa tra i 35 e i 40 anni, indifferentemente impiegato nel settore pubblico o in quello privato. Generalmente i primi sintomi del disagio psicologico si manifestano dopo 6 mesi – 1 anno di soprusi causando gravi conseguenze sia al ?mobbizzato? che al ?mobbizzante?. «Fare violenza», afferma il dottor Renato Gilioli, direttore della Clinica del Lavoro di Milano, «richiede energia. Soprattutto se si devono escogitare sempre nuove tecniche di ?guerra?. Così oltre alla produttività della vittima, che non si sente più motivata, cala anche quella dei persecutori. E in ultima analisi il profitto degli enti presso cui si verifica il fenomeno». Ma, come si comporta chi subisce i maltrattamenti? «La reazione», risponde Gilioli, «dipende dal carattere e anche dalla nazionalità della vittima. È più facile che ad ammalarsi siano le persone meno sicure e che non sanno quali sono i loro diritti o dove cercare aiuto. In questo l?Italia è molto indietro rispetto ai Paesi del Nord Europa: in Germania esistono vere e proprie leggi punitive contro il mobbing e una telenovela che ha per tema proprio i soprusi esercitati sul posto di lavoro». Ma anche il Bel Paese comincia a far qualcosa. Oltre all?associazione Prima che offre servizi di consulenza, riabilitazione psicofisica sociale e professionale e promuove la ricerca e campagne di sensibilizzazione sul mobbing, al Centro per la Prevenzione, Diagnosi, Cura e Riabilitazione del Disadattamento Lavorativo della Clinica del Lavoro è stato sviluppato un preciso piano d?azione strutturato su più livelli. «Innanzitutto bisogna accertarsi che chi ci contatta sia effettivamente oggetto di mobbing», dice il dottor Gilioli indicando una pila di cartelle cliniche sulla sua scrivania, «quindi si contattano i datori di lavoro e i medici aziendali». Se c?è collaborazione i problemi si risolvono, altrimenti si va in tribunale. Ma arrivare a questo punto è un fallimento per la medicina, le aziende e tutta la società. Secondo Gilioli bisongerebbe sensibilizzare l?opinione pubblica e soprattutto quella dei capi del personale, diretti responsabili delle loro ?risorse?. «E perché no, magari istituire anche in Italia un garante del lavoro».
ha collaborato Lillina Moggio

Ecco a chi chiedere assistenza

La Clinica del Lavoro (CDL) del Policlinico milanese offre assistenza alle vittime del mobbing ed anche alle aziende che intendono prevenire questo fenomeno. Il CDL offre, infatti, un servizio di Prevenzione (valutazione socioambintale del posto di lavoro e dei compiti cui il lavoratore sarà adibito, idoneità neuro psichica al lavoro e sorveglianza di chi è esposto a condizioni lavorative disadattati), Diagnosi (visite e accertamenti neuro psichici mirati e controllo delle condizioni mediche generali), Terapia (psicofarmacologica e psicologica), Riabilitazione (reinserimento dei lavoratori nell?ambiente lavorativo) e Didattica (corsi e seminari sull?individuazione, inquadramento e prevenzione del disadattamento lavorativo).
L?associazione Prima, che oltre alla ricerca, prevenzione e formazione sul mobbing si occupa di aiutare le sue vittime, offre i seguenti servizi: consulenza gratuita, possibilità di intermediazione con l?azienda (psicologi del lavoro ed esperti di formazione aziendale si recano senza impegno presso l?azienda per discutere con i responsabili del personale), ricorsi in giudizio (se i professionisti contattati lo ritengono opportuno, si può procedere in giudizio per ottenere un risarcimento al danno psicofisico subito dal mobbizzato), richiesta di pensione di invalidità (nel caso di riconoscimento di invalidità civile, richiesta di una regolare pensione di invalidità).
Centro per la Prevenzione, Diagnosi, Cura e Riabilitazione del Disadattamento Lavorativo, Clinica del Lavoro, via San Barnaba, 8 20122 Milano tel 02/57992644 fax 02/5454091, E-mail: omscons.@imiucca.csi.unimi.it
Prima, Associazione Italiana contro Mobbing e Stress Psicosociale, tel. 051/941926
Sito Internet:
http://www.leymann.se/English/14100E.htm

Il mobbing in cifre

Lavoratori oggetto di mobbing in Europa     10 milioni
Lavoratori oggetto di mobbing in Italia    2 milioni
Testimoni di mobbing in Italia     5 milioni
Calo delle prestazioni delle vittime    80%
Arco di tempo in cui si manifestano i primi sintomi     6 mesi, 1 anno
Principali sintomi del disagio     Depresione, attachi di panico,
ansia, inappetenza, ulcera, cefalea
Età media delle vittime del mobbing     35/50 anni

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.