Per parlarne ai ?grandi?, non avrebbe potuto esserci occasione migliore: una festa per i piccoli convalescenti dell?istituto Hesperia Hospital di Modena, che festeggiavano l?avvicinarsi del rientro a casa dopo aver subito un intervento al cuore. In quell?occasione, infatti, l?Associazione per la cura del bambino cardiopatico,ha presentato un importante progetto internazionale: la missione ?Portare speranza?, nata per portare cure a tanti altri bambini che avrebbero bisogno di essere operati al cuore. Bambini, questa volta, non italiani, ma dell?Iraq, un Paese dove, purtroppo, la salute è un bene che non sempre si può garantire.
Ed è proprio per portare aiuto ai piccoli iracheni affetti da cardiopatie congenite che sta per partire alla volta di Baghdad un piccolo drappello di volontari (due medici e tre infermieri della clinica modenese, per la precisione), pronto a sfidare le severi regole dell?embargo internazionale. A guidare la spedizione, che ha come madrina il premio Nobel per la medicina Rita Levi Montalcini, c?è il professor Carlo Marcelletti, il cardiochirurgo pediatrico di fama internazionale cui tanti piccoli pazienti devono la vita. Marcelletti, infatti, che è direttore scientifico dell?istituto Hesperia Hospital e presidente dell?Associazione per la cura del bambino cardiopatico, in 25 anni di sala operatoria ha eseguito oltre 7 mila interventi.
Dove siete diretti esattamente, professor Marcelletti?
Il nostro quartier generale sarà il Saddam center of cardiac surgery di Baghdad, l?ospedale pediatrico della capitale irachena. E vi resteremo dal 21 giugno al 1° luglio.
Com?è la situazione sanitaria a Baghdad e nel resto dell? Iraq in questo momento?
Molto difficile e compromessa. L?embargo, infatti, non solo impedisce che nel Paese possano arrivare farmaci, apparecchiature e materiale sanitario, ma tiene anche i medici in un forzato isolamento. Ai dottori iracheni è negato ogni tipo di aggiornamento: non arrivano riviste scientifiche e manca completamente la possibilità di partecipare a congressi, seminari, convegni. E per un medico, l?aggiornamento professionale è fondamentale, vitale…
E i bambini in che condizioni si trovano?
Secondo i dati forniti dall?organizzazione ?Un ponte per Baghdad?, nei sette anni trascorsi dalla fine della guerra in Iraq sono morti oltre 750 mila bambini sotto i cinque anni. La mortalità infantile è elevatissima: i piccoli muoiono a causa della malnutrizione, del degrado e di infezioni trascurate come le polmoniti batteriche. Ma anche le cardiopatie congenite costituiscono un grave problema. Spesso, davanti all?ospedale pediatrico di Baghdad sostano genitori in attesa di ricoverare i loro bambini. La cosa drammatica, però, è che, quando dopo lunghissime attese finalmente varcano la soglia dell?ospedale, i medici che li accolgono, purtroppo, non possono fare quasi nulla per i piccoli.
Che cosa vi proponete di fare, allora, concretamente, una volta giunti a Baghdad?
Il nostro compito sarà esclusivamente umanitario: abbiamo deciso di intervenire in risposta ai ripetuti appelli che abbiamo ricevuto da parte di colleghi che stanno vivendo laggiù una realtà drammatica. L?aspetto più costruttivo e operativo della nostra missione ha come scopo quello di portare nella capitale irachena antibiotici e anestetici, ma, soprattutto, di riuscire a operare il maggior numero di bambini possibile.
Ma ci piacerebbe anche ottenere che i medici iracheni possano venire in Italia per un periodo di aggiornamento. Per questo contiamo di riuscire a incontrare anche Saddam Hussein e speriamo di poterci guadagnare la sua fiducia.
E dopo il rientro della vostra spedizione in Italia, che cosa avverrà?
Noi vorremmo che si riaprissero le frontiere dell?Iraq. Le frontiere della speranza e della guarigione per tanti bambini. E quelle fisiche, reali, per tanti medici che vorremmo ospitare per un po?, per far sì che possano poi essere loro stessi a continuare il lavoro che noi stiamo per cominciare nel loro Paese.
E dopo l?Iraq, in quali altri Paesi vorreste ?Portare Speranza??
In luglio, abbiamo in programma una visita nello Yemen, un Paese con cui abbiamo già un forte legame. Il governo yemenita, infatti, si è spesso fatto carico delle spese necessarie per il viaggio dei bambini cardiopatici che sono arrivati in Italia per essere operati al cuore. E poi, ci sarà l?Albania: abbiamo già preso contatti con alcuni missionari italiani e speriamo di poter presto essere d?aiuto anche ai piccoli malati di quel Paese. ?
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