Formazione

Dopoguerra: tutti gli affari italiani nel Golfo

Una sintesi del dossier 'Il made in Italy nei paesi del Golfo, le opportunità per le imprese italiane' presentato oggi dal viceministro per le attività produttive Adolfo Urso

di Gabriella Meroni

I paesi del Golfo rappresentano una grande opportunità per le imprese italiane, le esportazioni del made in Italy sono in forte attivo e le premesse di un miglioramento non mancano. E se l’eventuale accentuarsi della crisi nel Golfo potrebbe avere pesanti ripercussioni sulla bilancia commerciale è anche vero che la ricostruzione dell’Iraq e una nuova stagione di maggiore tranquillità in quei paesi potrebbe costituire una grande opportunità per le imprese italiane. E’ quanto emerge dal dossier ‘Il made in Italy nei paesi del Golfo, le opportunità per le imprese italiane’ presentato oggi dal viceministro per le attività produttive, con delega per il commercio estero, Adolfo Urso. Pari ad oltre 7 miliardi di euro nel 2002, le esportazioni italiane nei paesi del Golfo, superano di molto le importazioni, tra l’altro in calo, che si attestano, kuwait escluso, a circa 5 mld. Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Iran, con 1,8 mld, sono i principali paesi importatori di prodotti italiani. La Siria, paese più a rischio a livello geopolitico, è l’unico paese ad avere una bilancia commercaile attiva nei confronti dell’Italia da dove importa prodotti per circa 545 mln e ne esporta per oltre 1,2 mld. Pari, complessivamente a oltre 7 mld, le esportazioni italiane nei paesi del Golfo sono cresciute, rispetto al 2001, in Iran (+53,4%), Oman (+52,1%), Arabia Saudita (+3,2%), Kuwait (+2,3%); stabili in Siria (+0,09%). Calano invece negli Emirati Arabi Uniti (-3,4%) e in Qatar (-25,8%). Quanto alle importazioni, escludendo il Kuwait, hanno superato i 5 mld di euro, sono in calo in Iran (-20,36%), negli Emirati Arabi Uniti (-18,6%), in Arabia Saudita (-11,2%) e in Siria (-2,9%). L’import italiano è aumentato solo in Qatar (220,1%) e Oman (+33,7%). Questa, stato per stato, la situazione dell’import-export tra l’Italia e i paesi del Golfo. SIRIA. E’ il paese da cui l’Italia importa più di quanto esporta. Nel 2002, le esportazioni verso la Siria sono rimaste sostanzialmente stabili rispetto l’anno precedente (+0,09%) ed hanno totalizzato il valore di 545,3 milioni di euro. Le nostre importazioni sono diminuite invece del 2,91% ed hanno raggiunto il valore di 1,2 mld di euro. In testa alla classifica dei prodotti esportati nel 2002 verso la Siria figurano nell’ordine: macchine ed apparecchi meccanici; apparecchi elettrici di precisione; prodotti chimici e fibre sintetiche artificiali; Metalli e prodotti in metallo. Da rilevare il notevole incremento (+57,63%) registrato rispetto al 2001 nelle nostre esportazioni di apparecchi elettrici di precisione. Dalla Siria, l’Italia importa essenzialmente prodotti minerari, petroliferi e tessile ed abbigliamento. La composizione del pil siriano che nel 2001 è stato di 18,4 mld di dollari vede i servizi al primo posto con il 46,5%, seguiti dall’industria (29,7%) e dall’agricoltura (23,8%). Le prospettive per il 2003 indicano una crescita del pil (aumentato, nel 2002, del 3,3%) del 3%. Le imprese interessate ad investire in Siria, segnala l’Ice, potrebbero beneficiare del basso costo della manodopera e di alcune materie prime, di un mercato in espansione soprattutto per quanto riguarda i bambini ed i giovani e di una posizione geografica strategica per le esportazioni nella regione. In materia di legislazione sugli investimenti, la legge n.10 del 1991, emendata nel 2000, ed ancora in fase di ammodernamento, concede limitate sanzioni fiscali per incoraggiare gli investimenti esteri, ma è carente sul piano valutario. Permangono infatti alcune difficoltà soprattutto in relazione alla riesportazione dei profitti. Anche se il paese sta faticosamente cercando di passare da un’economia dirigista a una più orientata al libero mercato, l’economia siriana è ancora dominata dalla massiccia influenza dello Stato. Molti comparti manifatturieri sono ancora in mano pubblica, anche se il settore privato sta progressivamente estendendosi. Il settore petrolifero costituisce la principale fonte di ricchezza e di valuta estera del paese. Le riserve stimate di greggio ammontano a circa 3 mld di barili, quelle di gas naturale sono valutate in oltre 120 mld di metri cubi. La Siria ha, inoltre, enormi giacimenti di fosfati (1 mld di tonnellate). IRAN: ‘Boom’ delle esportazioni italiane in Iran nel 2002 che hanno toccato quota 1,8 mld di euro. L’incremento, rispetto il 2001, è stato pari al 53,43%. Le importazioni pari a circa 1,9 mld di euro, sono invece diminuite del 20,36%. Le principali voci delle nostre esportazioni sono, nell’ordine: macchine ed apparecchi meccanici, prodotti chimici e fibre sintetiche e artificiali, apparecchi elettrici di precisione, metalli e prodotti in metallo. è da rilevare l’aumento dell’82,62% delle macchine e apparecchi meccanici. La principale voce delle importazioni italiane dall’Iran (1,7 miliardi di euro), malgrado una flessione del 18,26% rispetto al 2001, è quella dei prodotti delle miniere e delle cave. L’Iran, che con 64 mln di abitanti è il paese più popoloso del Golfo persico, ha registrato nel 2001 un pil di 114,1 mld di dollari vede i servizi al primo posto, rappresentano il 51,3% del pil, seguiti dall’industria con il 30,1% e dall’agricoltura con il 18,6%. L’economia è ancora eccessivamente dipendente dalle rendite petrolifere e dunque dall’andamento dei prezzi del petrolio sui mercati internazionali. L’Italia è il principale paese europeo come stock di investimenti con 413 mln di dollari. Tra le aziende che operano in Iran figurano l’Eni, Ansaldo Energia, Danieli, Technipetrol, Snam Progetti, Technip Italia, Sondel (gruppo Falck), Alstom Power Italia, il consorzio Sms Dasmag, Edison, Nuovo Pignone, Fata Engineering. L’Iran si colloca al quarto posto nel mondo per riserve di greggio e al secondo per gas naturale (23 trilioni di m3 stimati). Sebbene il suo territorio sia per lo più arido, il suo settore agricolo è il più vasto della regione. L’industria petrolifera (progetti di esplorazione, sfruttamento, espansione) si conferma come un motore di sviluppo dell’economia iraniana, da cui dipendono l’80% degli introiti in valuta (con un 9% delle risorse mondiali). Notevoli sono le potenzialità offerte dal gas naturale. Il settore minerario ha enormi possibilità anche nel campo metallifero, marmo e pietre naturali. In linea con il processo di apertura in corso, alla fine di maggio 2002 è stata approvata una legge, in linea con il processo di apertura in corso, in cui si stabilisce un limite (25%-35%) nel tetto massimo globale di presenza estera in ogni singolo settore economico eccetto che per le attività strategiche sotto il diretto monopolio pubblico, attività nelle quali non sono ammessi investimenti in Joint venture con aziende straniere. ARABIA SAUDITA: Nel 2002, le esportazioni italiane in Arabia Saudita sono aumentate del 3,2% rispetto al 2001 ed hanno totalizzato il valore di 1.838 mln di euro. Le importazioni sono invece diminuite dell’11,21% ed hanno raggiunto la cifra di 1.898 mln di euro. Le voci principali delle esportazioni sono state, nell’ordine: macchine ed apparecchi meccanici, metalli e prodotti in metallo, apparecchi elettrici di precisione mentre le importazioni sono concentrate sui prodotti delle miniere e delle cave (ovviamente greggio e gas naturale in primo luogo), seguiti dai prodotti chimici e fibre sintetiche artificiali. L’Arabia Saudita ha una capacità produttiva di petrolio stimata per oltre 10 mln di barili al giorno ed ha un quarto delle riserve mondiali di petrolio. Il settore contribuisce per il 90-95% ai proventi che il Paese trae dall’export, per il 70% alle entrate statali e per circa il 40% al Pil. Nel 2002 i settori produttivi non-oil, hanno comunque mostrato buoni segni di crescita. La bilancia dei pagamenti nel 2002 mostra un surplus pari a circa 8,987 mln di dollari. Nel 2001 il pil è stato di 186,5 mld di dollari e vede l’industria al primo posto con il 51,8% del pil, seguita dai servizi (43,1%) e dall’agricoltura (5,2%). Oltre ai settori delle costruzioni, dell’energia elettrica e delle telecomunicazioni, le imprese italiane in Arabia Saudita operano nei settori del petrolchimico e dell’industria pesante. Le imprese italiane hanno beneficiato dell’apertura degli investimenti esteri avvenuto nell’aprile 2002 con la promulgazione del nuovo codice degli investimenti e con la costituzione della Sagia (Saudi Arabian General Investment Authority). Così, Snamprogetti si è aggiudicata tra il 2001 e il 2002 tre contratti dalla società petrolifera saudita Saudi Aramco. Diverse altre società operano nel paese tramite joint-ventures con partners locali: in particolare la Bea Srl (bulloneria speciale per l’industria petrolchimica e petrolifera), la Comerint Spa (formazione e sviluppo risorse umane), l’Alcatel Italia (tlc), l’Electrolux Zanussi, la Mariani Battista (costruzioni edili ed industriali), la Saipem Spa (pipeline), la Snamprogetti (impianti petrolchimici), la Tecnimont (ingegneria e costruzioni) e la Technip Italy Spa (impianti industriali). L’Italiana Simest e l’araba Sagia stanno cercando di definire le forme di una collaborazione, con l’obiettivo di promuovere Joint ventures fra imprese locali e italiane in determinati settori. Tra questi ultimi figurano, tra gli altri, la lavorazione della plastica e quella dei metalli. Esiste particolare interesse per l’alluminio, visti i notevoli giacimenti di bauxite presenti nel Paese. Dal punto di vista finanziario vi è il progetto di costituire una holding di cui farebbero parte Mediobanca Ubae e Simest. EMIRATI ARABI: Le esportazioni italiane negli Emirati nel 2002 sono diminuite del 3,37% rispetto all’anno precedente, attestandosi a 1,8 mld di euro in valore. Le importazioni sono diminuite del 18,64%, fermandosi ad un valore di 120 mln di euro. Le esportazioni consistono principalmente in oreficeria/gioielleria, macchinari ed attrezzature, prodotti chimici, calzature ed articoli di pelletteria, abbigliamento e prodotti tessili, piastrelle in ceramica, mobili ed articoli di arredamento ed illuminazione, marmo e pietre, cavi e conduttori, articoli casalinghi. Gli Emirati costituiscono il principale mercato di sbocco del nostro export nel Golfo insieme all’Arabia Saudita e al Kuwait. Gli investimenti stranieri nel Paese sono stati sempre di entità non rilevante e legati in pratica ai vari progetti infrastrutturali di volta in volta finanziati dalle autorità locali (petrolio e gas, strade, costruzioni, acqua ed energia elettrica, desalinizzazione). I principali investimenti provengono da Usa, Giappone, Germania, Regno Unito e India. Nel 2001 il pil degli Emirati Arabi Uniti è aumentato dell’1,3% rispetto al 2000 per un ammontare pari a 59 mln di dollari. Il settore non oil ha rappresentato il 77,9% del pil (+3,7%). Leprime stime per l’anno 2002 mostrano un aumento del pil pari al 2,4%. Le principali aziende italiane presenti nel Paese sono: Ansaldo, Fiat Iveco, Enel Power, Italconsult, Agip Petroli, Belleli, Pirelli, Impregilo, Saipem, ABB Sae Sadelmi, Agusta, Alitalia, Ignazio Messina, Elsag Bailey, Fisia Italimpianti, Nuovo Pignone, Snam Progetti, Technipetrol, Swissboring, F.M. Construction, FBM Hudson Italiana, Belleli, Stipe, Aster, Safilo, Tecnosistemi, Renco, RINA Registro Navale Italiano, Rizzani De Eccher, Techint, Olivetti Lexicon, Elettronica, ITS, B.Pacorini, Tecnimont, Luxottica, Scame, Fiat Avio Power Services, Telecom Italia, Azimut. Nelle zone franche del Paese, soprattutto in quella di Jebel Ali, alle porte di Dubai, si assiste in questi ultimi anni ad un incremento delle presenze straniere, con attività di stoccaggio/distribuzione, assemblaggio e produzione. Sebbene ancora piuttosto cara nell’affitto dei terreni e delle strutture (uffici, magazzini…), Jebel Ali (e anche le altre zone franche negli Emirati), oltre ai classici vantaggi di una zona franca (esenzione dalle tasse e dai dazi doganali, libera circolazione di capitali ecc.), offre il vantaggio che la proprietà dell’azienda può essere al 100% in mano straniera, al contrario di quanto avviene nel resto del Paese dove, per legge, il 51% del capitale deve essere locale. KUWAIT: Rilevanti sono gli investimenti della Q8 Italia che detiene in joint venture con l’Agip la raffineria di Milazzo più una centinaia di distributori di benzina, nonché attraverso acquisizioni finanziarie effettuate soprattutto del Kuwait Investment Office di Londra, vero e proprio braccio operativo dell’ente governativo Kuwait Investment Authority, in importanti holding e società Italiane. Attualmente l’Azienda Municipale Ambientale S.p.A. (Ama SpA) di Roma sta trattando con il Gruppo Q8 per la costituzione di una joint venture che operi in Kuwait per il servizio di igiene urbana. Nel 2001 il pil del kuwait è stato di 32,8 mld di dollari registrando una flessione rispetto all’anno precedente (35,8 miliardi). La composizione del pil del Kuwait vede l’industria al primo posto con il 51,5%, i servizi al secondo con il 48,1% e l’agricoltura al terzo con lo 0,4%. QATAR: Nel 2002, le esportazioni italiane nel Qatar sono diminuite del 25,82% rispetto al 2001 ed hanno raggiunto la cifra di 260 mln di euro. Le importazioni sono aumentate invece del 220,12%, ma sono in ogni caso molto limitate avendo totalizzato il valore di 16 milioni di euro circa. Il Paese segue una politica volta a diversificare la propria struttura produttiva, e a tal fine sono stati effettuati ingenti investimenti nei settori del gas liquido naturale e petrolchimico. Il Qatar si va inoltre aprendo progressivamente agli investimenti stranieri, nell’ottica di facilitare la modernizzazione economica. è al terzo posto per riserve di gas naturale. Nel 2001, il pil del Kuwait è stato pari a 16,6 mld di dollari. OMAN: Nel 2002 le esportazioni italiane verso l’Oman sono aumentate del 52,09% rispetto all’anno precedente, ed hanno totalizzato il valore 197 mln di euro. Le importazioni sono aumentate del 33,74% ed hanno raggiunto il valore di 13 mln di euro circa. Le voci principali delle nostre esportazioni sono le macchine ed apparecchi meccanici, gli apparecchi elettrici di precisione e i metalli e prodotti in metallo. Priorità del paese sono la privatizzazione e la diversificazione della sua economia. Centrale nei progetti di diversificazione è l’espansione del settore del gas. Negli ultimi anni, il Paese ha anche cercato attivamente di attrarre investimenti, in particolare nei settori dell’industria leggera, del turismo, e della generazione di elettricità. Esistono alcuni incentivi, soprattutto nel campo fiscale, per gli investimenti diretti esteri. Il paese è fortemente dipendente dalle rendite petrolifere, che rappresentano circa l’80% del valore dell’export e il 40% del Pil che nel 2001 è cresciuto del 3,3% e nel 2002 del 3%. Tuttavia, le riserve di petrolio dell’Oman sono relativamente modeste, e l’importanza del Paese nel mercato petrolifero mondiale è collegata soprattutto alla sua posizione strategica.


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