Politica

Dopo Riccò fate l’antidoping a Bulbarelli

di Riccardo Bonacina

Auro Bulbarelli, uno dei tanti “figli” nella nostra categoria (è figlio di Rino Bulbarelli, ex “direttore storico” de La Gazzetta di Mantova) dal 2000 racconta per la Rai Giro d’Italia e Tour de France. In 8 anni è diventato il re della retorica (solo Marino Bartoletti gli tiene testa).
Un re della retorica ha bisogno di inventarsi un eroe per ogni suo racconto. Perciò ogni sua telecronaca, si tratti di Giro d’Italia o Tour de France, da 8 anni in qua, racconta di eroi che non ci sono più, come Pantani. E ne cerca l’erede, e dove non arrivano “le imprese” (termine da usare con molta parsimonia in un mondo da comunità terapeutica) arrivano le parole. Appunto la retorica.

Per esempio il Tour 2008: Bulbarelli chiamava il nuovo eroe già dal Giro d’Italia, il predestinato? Riccardo Riccò, corridore la cui carriera è stata caratterizzata, oltre che da una certa antipatia, dalle disavventure sanitarie per il valore esagerato del suo ematocrito (sopra il 50). Fermato tre volte per ematocrito alto e una volta sospeso pe 45 giorni. Ebbene figuratevi il Bulbarelli alla prima vittoria al Tour di Riccò e al malumore di più di un ciclista del gruppo ci ha propinato per giorni la favola del valore “naturale” dell’ematocrito di Riccò.
Alternando le gesta del nuovo eroe al prototipo dell’eroe in bicicletta, Marco Pantani. Di cui Raitre la scorsa settimana ci ha propinato un santino (l’ennesimo) manco fosse Papa Luciani.

Christina Jonsson, la danese che per quasi sette anni (fino all’estate 2003) è stata fidanzata al Pirata affidò, nel 2004, al periodico svizzero L’Hebdò il racconto del tunnel in cui era finito Marco Pantani. Eccone un riassunto che chiediamo a Bulbarelli di leggere in diretta come punizione per le favole che ci racconta.
Racconta Cristina: “Un giorno si è lasciato andare con me: ha detto che bisognava prendere delle porcherie per avere successo. Aveva sempre dei prodotti in un contenitore di plastica dentro il frigorifero. Talvolta si faceva delle punture e io lo aiutavo tenendogli il braccio”.  Dopo lo scandalo del Giro d’Italia 1999 in cui risultò positivo a un controllo antidoping, Pantani cominciò a drogarsi: “Rientrò a casa dove passò vari giorni a disperarsi e piangere sentendosi tradito e abbandonato”, racconta la ragazza. Poi il tunnel della droga: “Ha iniziato a drogarsi per sopportare la pressione, per sopravvivere alla situazione che si era venuta a creare. Poi mi ha chiesto di farlo con lui se l’amavo. Mi ha convinto. Questo periodo è stato un incubo”. Ed ancora: “Eravamo soli, a casa, drogati, assediati dai giornalisti. E Marco continuava a pensare che lo tradissi. Diventò anche molto paranoico. Credo che la vita del ciclista professionista renda paranoici perché si vive con il timore di tutti quei controlli antidoping”.

Dopo Pantani, le cui gesta Bulbarelli rimpiange, a lui toccò raccontare quelle di un altro predestinato: Ivan Basso, vincitore del Giro d’Italia 2006, che il 7 maggio 2007 ammise le proprie responsabilità decidendo di collaborare con la procura antidoping del Coni.

Ogni volta, dopo la tragedia di Pantani, dopo la squalifica di Basso, e ora anche dopo il fermo e il lincenziamento di Riccò, si dice che il ciclismo rinascerà.

Mah! Forse perché accada bisogna fermare anche Bulbarelli.

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