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Dopo il referendum /2

Chi ha vinto e chi ha perso, si discute

di Redazione

Caro direttore, mi permetta di dissentire dal suo editoriale. Io non penso proprio di aver perso un bel niente. Intanto il referendum è stata una occasione per dibattere nel Paese un tema di cui non si era mai parlato in maniera così diffusa. E se non ci fosse stato il referendum certamente nessuno avrebbe aperto un dibattito così capillare dal titolo: «A un anno dalla legge sulla procreazione assistita». è proprio qui il punto: il bene fondamentale della vita non può riguardare la coscienza dei cittadini ma deve essere riconosciuto dai cittadini di uno stato civile in quanto bene, altrimenti i cittadini sono potenziali delinquenti e lo Stato un?organizzazione indifferente ai delitti contro la vita. Meno male che i partiti si scontrano su qualcosa di importante e lottano per le proprie convinzioni. è logico che si siano schierati, però le scelte sono state trasversali ai due poli e molto spesso plurime nell?ambito dei singoli partiti. Riguardo al comportamento dei Ds, con un governo di centrodestra che fa di tutto per accreditarsi presso Ruini perché ha un disperato bisogno dell?appoggio del voto dei cattolici devoti per continuare a governare nella prossima legislatura, che scelta avevano i Ds (naturalmente dal loro punto di vista)? D?altra parte, se un partito non riesce ad avere una posizione chiara su una materia delicata e difficile come la bioetica, che partito è? don Ezio Fonio, salesiano, Torino Caro direttore, hai ragione, abbiamo perso un po? tutti. Io mi sento avvilito dall?esito dei referendum perché mi pare che il dibattito non sia andato nella direzione del capire i problemi che venivano sollevati nei quesiti referendari. Soprattutto mi sembra che ci siamo persi in discussioni sui massimi sistemi, a discapito del prendere in seria considerazione le situazioni concrete di chi queste problematiche le vive sulla propria pelle. Ma di questo dibattito non mi è piaciuto nemmeno il vedere tante persone che rappresentano cariche importanti, soprattutto nel mondo dell?associazionismo, fare campagna referendaria. Sia chiaro: non ho niente da dire – almeno sul metodo – a chi ha parlato portando la voce di un?organizzazione che sui referendum si era confrontata al suo interno e perché è interpellato proprio in qualità della notorietà conquistata in quanto esponente di importanti movimenti e organizzazioni. Non dico che debba censurarsi, ma dal non nascondere il proprio parere al rilasciare decine di interviste ai giornali, al partecipare a conferenze stampa, al fare spot radiofonici ce ne corre. Daniele, Roma

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