Non profit
Dopo il Meeting. Parla Vittadini. Ci smarchiamo dalla politica diktat
"Non possiamo restare ostaggio di partiti da 3 %. E il potere esecutivo non può ricattare così il legislativo". Il presidente uscente della Cdo lancia lidea di un nuovo trasversalismo.
Dove va Cl (e con lei la Cdo)? Dove approderanno i ciellini, ragazzi acqua e sapone che, scoprono i giornalisti, osano il piercing all?orecchio o l?ombelico scoperto ma preferiscono i bigliettini scritti a penna alle email? Dove e come si sposteranno, se lo faranno, adulti impegnati nel sociale e nel non profit che muovono l?economia e le speranze del Paese da ?laici, cioè cristiani?, battendosi contro gli sconfinamenti della politica nel Terzo settore (vedi battaglia contro Tremonti sulle Fondazioni) oppure per dare più spazio al privato sociale, che non vuol dire meno Stato, ma ?Stato mite?, come sulla sussidiarietà (orizzontale, che verticale ormai piace solo alla Lega, nemmeno più alla sinistra)? Descrivere e comprendere un movimento come questo, dunque, è difficile se non impossibile prescindendo dai principi che lo ispirano: sono principi religiosi, non politici, ?follia per il gentile?, che li animano, in società secolarizzate come le nostre. Abbiamo passato a Rimini qualche giorno, cercando di capire “dove sta andando Cl”. Per farlo abbiamo scelto un interprete autentico delle aspettative e delle speranze del popolo ciellino, Giorgio Vittadini, presidente uscente della Compagnia delle opere e futuro presidente di quella Fondazione per la sussidiarietà che ne sarà il nuovo pensatoio sociale e politico, mentre la Cdo resterà a lavorare nel campo direttamente economico, fermi restando i vari organismi strettamente ecclesiali di Cl. “Il Meeting”, spiega Vittadini, “è un posto dove si dialoga realmente. Discutiamo ogni anno di lavoro, non profit, economia, sussidiarietà, ma anche di senso della vita”.
L?Europa neocorporativa
Sulla polemica più forte del Meeting, quella sul mancato riferimento alle radici cristiane nella bozza di Costituzione, Vittadini s?accalora: “Non vogliamo che l?Europa diventi un puro concentrato d?interessi, di neocorporativismi. Il problema per noi è generale: abbiamo letto gli articolati della costituzione uno per uno. Mancano i riferimenti alla famiglia, all?ambiente, alla sussidiarietà, per non parlare del lavoro e del ruolo dei sindacati. Ma è possibile che partiti e organizzazioni che affondano le loro radici nella storia del movimento operaio non abbiano nulla da dire, in merito? Noi vogliamo che pesino e abbiano voce in capitolo i corpi intermedi dei vari paesi”.
Naturalmente il discorso scivola sull?attualità interna, le riforme e la lotta politica. “Lo stesso principio che cerchiamo di affermare in Europa vale anche per la discussione che si fa in Italia sulle riforme: o si fanno con il consenso di tutti e con dietro un pensiero alto, oppure non sono di nessuno e non servono a niente. Il tessuto nazionale ha bisogno di una coesione ideale sui principi generali che oggi non vedo. Le leggi non si possono fare su misura per una persona né si possono cambiare le costituzioni a colpi di maggioranza. Non è la legge che anima la democrazia, ma il principio che c?è dietro. Oggi vedo due pericoli: gli sconfinamenti di campo tra politica e magistratura e il prevalere del potere esecutivo a scapito del legislativo, una debolezza forte delle nostre democrazie. Serve una stima reciproca, nella nostra classe politica, che manca da troppo tempo. Ricordo che il settimanale Il Sabato fece, in anni in cui andava forte come adesso la logica della contrapposizione muro contro muro, una battaglia a favore della cultura del compromesso”.
La bicamerale del sociale
Cita Il Sabato ?eretico?, dialogate con il centrosinistra, il disincanto per il Polo è palpabile? “Vede, il compromesso non è un confuso pateracchio, ma un?idea profondamente cristiana e umana: vuol dire che c?è un pluralismo in atto, nella società, e che va riconosciuto il senso del limite. Girotondini giacobini da un lato e estremisti del Polo dall?altro non lo riconoscono.
Ma la politica non si può aggregare intorno a piccoli partiti di facinorosi che col 3% condizionano le scelte di coalizioni intere. Ecco perché abbiamo lanciato l?idea della ?Bicamerale del sociale? per cercare di dare respiro ai riformisti di ogni schieramento, per creare forme di compensazione che, partendo dal sociale, trovino terreni comuni. In fondo, è il metodo che il mondo del non profit segue da sempre: statuti comuni e incentivi ai migliori, ma con una base, la dignità umana, che non è mai in discussione. Oggi il Paese rischia la paralisi, bloccato dai problemi giudiziari del premier e dai facinorosi che lo contestano. Sulla riforma del mercato del lavoro, invece, è all?opera un asse trasversale fatto dai discepoli di Biagi al governo, come da Bersani, Letta e altri all?opposizione. Puntiamo su di loro per dialogare e costruire. Però vorrei chiudere ricordando proprio a Vita che il Meeting (e Cl) sono prima di tutto un?esperienza di vita e di comunità, un movimento ormai internazionale che non lotta per il potere né vuole fondare un partito politico. Il problema centrale non è il potere, per noi, ma il desiderio e la ricerca della felicità dell?uomo. Il ?voglio che tu viva?”.
A proposito, il prossimo Meeting si ispirerà a una frase di san Bernardo: “Il nostro progresso non consiste nell?essere arrivati, ma nel tendere continuamente alla meta”. Decisamente l?orizzonte è aperto…
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