Welfare

Dopo il Coronavirus? Avremo un milione di bambini poveri in più

Il 77% delle famiglie già fragili ha visto cambiare la propria disponibilità economica e il 63,9% ha ridotto l’acquisto di beni alimentari. La metà dei 2,2 milioni di minori in povertà relativa stimati dall’Istat, rischiano di scivolare nella povertà assoluta senza misure tempestive per le famiglie. È il quadro che emerge da un’indagine condotta da Save the Children

di Redazione

Un milione di bambini in più rischiano di cadere in povertà assoluta, dopo l’emergenza Coronavirus. Il 77% delle famiglie già fragili ha visto infatti cambiare la propria disponibilità economica e il 63,9% ha ridotto l’acquisto di beni alimentari. Il quadro emerge dall’indagine condotta da Save the Children tra le famiglie con figli minorenni beneficiarie del progetto “Non da soli”, lanciato dall’Organizzazione in risposta all’emergenza Covid-19. Fra queste famiglie, il 73,8% ha perso il lavoro o ridotto drasticamente il proprio impegno retribuito, il 17,6% è andato in cassa integrazione.

Difficile fare stime in questo momento, dice l’organizzazione, ma sulla base degli elementi disponibili sembrerebbe piuttosto concreto, in assenza di interventi immediati, il rischio che il numero dei bambini in condizioni di povertà assoluta aumenti di un ulteriore milione. Una cifra che potrebbe essere anche più alta se non verranno presi provvedimenti a sostegno delle famiglie in difficoltà. L’ultimo dato disponibile stimava in 1,2 milioni i minori in povertà assoluta in Italia. Il 2019 dovrebbe aver segnato un miglioramento rispetto a quel dato per effetto del reddito di cittadinanza, di cui hanno beneficiato famiglie con circa mezzo milione di minorenni. Ma il rischio è che nel 2020 il tasso di povertà minorile possa avere un balzo drammatico, come è accaduto nella precedente crisi del 2008. Molti dei minori in povertà relativa definiti come “appena poveri” (circa la metà dei 2 milioni 192 mila minori in povertà relativa stimati dall’Istat per il 2018) potrebbero per effetto della crisi scivolare in povertà assoluta. «Molto dipenderà dai provvedimenti economici e sociali che verranno presi nelle prossime settimane, ma l’allarme è serio. Non possiamo rischiare di accrescere ulteriormente la schiera di bambini in povertà assoluta e per questo è necessario agire il prima possibile, per dare un sostegno a tutte quelle famiglie che in queste ore stanno vedendo la loro condizione aggravarsi in maniera così repentina», afferma Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

Molto dipenderà dai provvedimenti economici e sociali che verranno presi nelle prossime settimane, ma l’allarme è serio. Non possiamo rischiare di accrescere ulteriormente la schiera di bambini in povertà assoluta e per questo è necessario agire il prima possibile, per dare un sostegno a tutte quelle famiglie che in queste ore stanno vedendo la loro condizione aggravarsi in maniera così repentina

Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children

L’indagine realizzata da Save the Children tra le famiglie beneficiarie del progetto “Non da soli”, racconta di come le famiglie abbiano fatto fronte all’improvvisa mancanza di disponibilità economica con il ricorso ai propri risparmi. L’aiuto pubblico, al momento non impatta e anzi una famiglia su tre di quelle intervistate non sa se ne riceverà mai uno (30,4%) e più di una su 4 pensa che non lo riceverà (26,9%). I risparmi non bastano, tuttavia: il 63,9% delle famiglie ha ridotto da subito la spesa per l’acquisto di beni alimentari e una famiglia su due anche quella per l’acquisto o il pagamento di altri beni e servizi di prima necessità (affitto e utenze 35,9%, farmaci 30,8%, prodotti per l’infanzia 26,9%, materiale scolastico 3,8%, materiale per comunicare on-line 2,6%). «L’indagine che abbiamo effettuato con le famiglie che già versavano in situazioni di disagio socio-economico ha mostrato come la crisi sociale che accompagna quella sanitaria abbia acuito criticità e problemi già presenti. Sono tutti aspetti che rischiano di trasformare questa crisi in un detonatore verso disuguaglianze territoriali e sociali ai danni dei bambini. Con il nostro intervento sul territorio registriamo ogni giorno un significativo aumento di richieste di aiuto di beni di prima necessità», spiega Raffaela Milano.

La crisi sociale ed economica ha risvolti pesanti sul fronte educativo: l’emergenza Coronavirus e la chiusura prolungata delle scuole sta colpendo molti bambini e adolescenti che rischiano di rimanere isolati rispetto alla loro classe e non raggiunti dalla didattica a distanza. «La prolungata chiusura delle scuole ha fatto sparire dal radar molti studenti a rischio, nonostante l’impegno di insegnanti e dirigenti per contattarli uno ad uno e l’intervento di molte associazioni che affiancano le scuole e i loro alunni garantendo il sostegno della comunità educante. Se la didattica a distanza non riuscirà a raggiungere tutti, saremo di fronte al rischio concreto di indebolire ulteriormente gli alunni in condizioni più critiche», spiega Raffaela Milano. Sul fronte della dispersione scolastica, che in Italia è faticosamente scesa al 14,5% (dato 2018), c’è ora il rischio concreto che si torni ai valori del 2008, sopra al 19%.

L’accesso alla didattica digitale è ancora oggi un miraggio, laddove device e connessioni sono un privilegio che molte famiglie non possono permettersi: i dati Istat rilevano che il 12,3% dei ragazzi tra 6 e 17 anni non ha un computer o un tablet a casa (significa 850mila ragazzi), quota che sale quasi al 20% nel Mezzogiorno (470mila ragazzi). Tra le famiglie con minori (0-17 anni) circa 1 su 7 non ha un computer o un tablet a casa (il 14,3%), con differenze geografiche nette che passano da picchi del 21,4% al Sud all’8,1% nel Nord-Ovest. Quindi anche se quasi tutte le famiglie con figli hanno accesso ad internet, magari attraverso il cellulare di un genitore, risulta molto difficile seguire le lezioni online e svolgere compiti a distanza (stampare e inviare schede, elaborati, esercizi), se non sono presenti almeno un computer o un tablet in casa da utilizzare varie ore al giorno. Tra le famiglie intervistate da Save the Children, quasi sei su dieci (57,2%) non hanno una connessione internet casalinga, mentre la quasi totalità degli intervistati ha a disposizione almeno una rete mobile (95,5%). Ad aggravare la situazione, quasi 1 famiglia su 5 dispone di meno di 30 giga al mese (19,8%) e di questi, l’8,3% dispone di meno di 5 giga al mese. Il problema della mancanza di connessione e della difficoltà ad avere supporti informatici adeguati, mette quindi in gravi difficoltà quei bambini e adolescenti che si trovano a dover fare i conti con i compiti e le lezioni a distanza: nel 30,6% delle famiglie intervistate i figli non riescono a seguire le lezioni a distanza, perché queste non sono offerte dalla scuola o per l’impossibilità di seguirle. Tra i motivi che rendono impossibile seguire la didattica a distanza, nella quasi totalità dei casi (97,9%) le famiglie annoverano anche il problema della concomitanza delle lezioni tra i fratelli.

«Con il prolungarsi della chiusura delle scuole, il digital divide territoriale e sociale mette a rischio il diritto all’istruzione. La scuola italiana, grazie alla dedizione di molti docenti, ha cercato di rispondere all’emergenza mettendo in campo soluzioni creative e inaspettate. Allo stesso tempo, è evidente come l’istituzione scolastica sia giunta a questa crisi impreparata sul fronte della didattica a distanza, sia per quanto riguarda la preparazione stessa dei docenti che la possibilità per gli studenti di fruire di questa opportunità e per questi motivi è indispensabile raggiungere, grazie ad un patto tra scuole, comuni, terzo settore e mondo produttivo, tutti gli studenti ancora oggi esclusi dalla didattica a distanza, provvedere a fornirli di device e connessioni e accompagnarli, anche attraverso un sostegno individualizzato, alla ripresa del percorso educativo», conclude Milano. «Siamo di fronte al rischio concreto di un forte aumento della povertà educativa, già tanto presente nel nostro Paese. Mai come oggi sono da evitare misure spot e disarticolate che rischiano di creare sprechi e diseconomie e bisogna affrontare la crisi attraverso un piano organico immediato e di lungo periodo, da costruirsi a partire dai territori».

Per supportare il programma Non da Soli, in risposta all’emergenza Coronavirus, è partita l’iniziativa #piattodelcuore, una staffetta virtuale in cui tante celebrities – da Cesare Bocci a Laura Chiatti, da Elisa a Filippo La Mantia – si stanno mettendo in gioco sui social preparando il piatto preferito della propria infanzia per raccogliere fondi a favore dell’intervento di Save the Children.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.