Welfare

Dopo di noi: in cinque anni crollerà la capacità assistenziale dei caregiver

Il 35% delle famiglie metterebbe a disposizione un appartamento per il dopo di noi del proprio figlio e il 43% è disposto a mettersi insieme con altre famiglie. Il dato emerge dall'indagine di quattro cooperative sociali di Prato per progettare il dopo di noi. Nel giro di cinque anni triplicheranno le situazioni in cui i caregiver riusciranno a garantire solo un'assistenza bassa: dal 18% di oggi al 60%

di Sara De Carli

Più di una famiglia su tre (il 35%) metterebbe a disposizione un appartamento per il dopo di noi del proprio figlio. E più di 4 su 10 (il 43%) è disposto a mettersi insieme con altri genitori/famiglie. È questa la sorprendente disponibilità delle famiglie di Prato rispetto ad una progettazione di servizi per il Dopo di Noi che emerge da un report promosso da quattro cooperative sociali della città che hanno indagato direttamente con gli utenti dei loro servizi i bisogni assistenziali, le aspettative e la disponibilità rispetto al dopo di noi. Una spinta di innovazione e un desiderio di protagonismo da parte delle famiglie e delle persone con disabilità che va assunto. La ricerca “Misurare i bisogni presenti e futuri del Dopo di Noi”, promossa dalle cooperative sociali Alice, CUI, Kepos, e Pane e Rose appartenenti all’Area Welfare di Legacoop Toscana e condotta da IRIS – Idee e Reti per l’impresa sociale, è stata presentata oggi.

In Toscana sono oltre 210.000 le persone con disabilità (Secondo Rapporto sulla disabilità in Toscana, 2017). Questa ricerca ha mappato il bisogno relativo al Dopo di Noi oggi, nel medio periodo (fra 3 anni) e nel lungo periodo (fra 5 anni), sul territorio di Prato: le considerazioni e la programmazione si baseranno non su una ‘lettura’ esterna o su una stima del fenomeno ma su dati che rappresentano le esigenze di uno spaccato reale della popolazione disabile e delle loro famiglie. Le risposte sono venute da un campione di 97 persone con disabilità che vivono a casa e che hanno almeno un caregiver per cui si può ipotizzare una sensibile riduzione della capacità assistenziale nell’arco dei prossimi 5 anni.

Quasi l’80% del campione ha disturbi cognitivi e di apprendimento, il 47% patologie neuromotorie–muscolari, il 28% patologie psichiatriche e il 26% malattie metaboliche. Oggi il loro bisogno assistenziale è medio, ma in aumento: i soggetti con un carico assistenziale alto passeranno infatti dal 34% odierno al 54% fra tre anni e saliranno al 66% fra cinque anni. La capacità assistenziale del caregiver oggi è media nel 62% dei casi, ma fra tre anni solo il 38% potrà avere ancora questo livello medio di assistenza e fra cinque anni solo il 24%. Al contrario la capacità assistenziale bassa caratterizzerà sempre più caregiver: oggi sono il 18%, fra tre anni saranno il 42%, fra cinque anni il 60%.

La rete dei caregiver è composta nel 20% dei casi da entrambi i genitori insieme a un fratello o sorella, dai soli genitori nel 17% dei casi, da solo un fratello o sorella nella stessa percentuale. Nel 3% dei casi l’unico caregiver è la badante. Il 42% frequenta un centro diurno, il 16% usufruisce dell’assistenza domiciliare e solo il 10% è impegnato in un percorso di autonomia. Uno su due ha una pensione di inabilità più l’accompagnamento, uno su quattro circa ha solo l’accompagnamento e uno su cinque la sola pensione di inabilità. Il 41% vive ancora con entrambi i genitori, il 15% con un solo genitore e il 4% ha la badante come unica figura presente in casa. Prendendo in considerazione solamente le persone oltre i 41 anni (il 60% del campione è fra i 41 e i 60 anni, il 7% di over60), le cose cambiano: il 17% vive da solo, il 16% con un solo genitore, il 24% con entrambi i genitori, il 21% con un parente (per lo più un fratello/sorella), nell’11% è presente la badante e nel restante 11% i disabili vivono con parenti diversi.

Ma quali sono gli aspetti più rilevanti da garantire nella prospettiva del dopo di noi? Al primo posto (96%) vengono gli aspetti assistenziali, seguiti dall’inserimento sociale (69%) che viene prima degli aspetti sanitari (57%). Una famiglia su tre (33%) ritiene una necessità quella di progettare gli aspetti abitativi. Come detto, il 50% delle famiglie sarebbe disposta a partecipare con un contributo economico al dopo di noi, il 35% metterebbe a disposizione un appartamento e il 43% è disposto a mettersi insieme con altri genitori/famiglie e solo il 26% non ha alcuna disponibilità per partecipare alla progettazione del dopo di noi.

Il tema del dopo di noi ha bisogno di una risposta collettiva, non può essere solo l’ente pubblico né solo una cooperativa a progettare il dopo di noi, deve essere la risposta di un territorio

Marco Paolicchi, responsabile Dipartimento Area Welfare di Legacoop Toscana

«I dati evidenziano la necessità di occuparsi della questione ‘dopo di noi’ in tempi rapidi, a fronte di una popolazione interessata che con il passare degli anni manifesterà un carico assistenziale crescente, tendente all’alto, a fronte di caregiver meno capaci di garantire assistenza perché più anziani, più malati e meno in grado di sostenere il carico emotivo e psicologico della cura», afferma Marco Paolicchi, responsabile Dipartimento Area Welfare di Legacoop Toscana. Le esigenze raccolte con questa indagine «ci ha portato, sul territorio, a metterci insieme ad altre realtà per presentare un progetto a Regione Toscana per il dopo di noi a valere su un bando POR del Fondo Sociale Europeo», anticipa Paolicchi. Il progetto Dopo di Noi presentato oggi da Michele Mezzacappa, Direttore della Società della Salute di Prato, prevede diverse azioni, fra cui la messa a disposizione di alcuni appartamenti che vengono dalle famiglie.

Si tratta di un’idea che «nasce da un’esperienza già realizzata dalla cooperativa Alice a Vaiano, dove una famiglia ha messo a disposizione un proprio appartamento in cui oggi vivono due persone con disabilità. A volte si pensa che il problema del dopo di noi sia mancanza di risorse strutturali ed economiche, in realtà i dati che abbiamo raccolto ci dicono come il problema sia più che altro culturale: una città come Prato ha tanti appartamenti vuoti, riuscire a superare la diffidenza del mettere a disposizione certi beni aiuterebbe molto a superare il tema della carenze di risorse o strutture. Il messaggio che abbiamo voluto dare oggi è che un tema come questo ha bisogno di una risposta collettiva, non può essere solo l’ente pubblico né solo una cooperativa a progettare il dopo di noi, deve essere la risposta di un territorio. Vinte le barriere culturale, insieme si potranno sfruttare le risorse che in realtà la città offre», conclude Paolicchi.

Il 27 marzo la Regione Toscana ha approvato i progetti relativi al fondo nazionale per il dopo di noi, introdotto dalla legge 112/2016. I fondi stanziati sono di circa 5,5 milioni per il 2016, 2,3 milioni per il 2017. L’importo complessivo destinato dalla Regione Toscana per il dopo di noi a luglòio 2017 è di euro 11.250.000.

Foto G. Villa /Unsplash

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