Politica
Dopo di noi: ecco i criteri guida per valutare le buone prassi
L'Osservatorio Nazionale Disabilità ha terminato un lavoro di tre anni per stendere le linee guida relative all'attuazione dell'art.19 della Convenzione Onu. Un capitolo è dedicato ai criteri per valutare le buone prassi per il dopo di noi e la vita indipendente e individuare così quali di esse possono diventare modelli operativi. Sergio Silvestre (CoorDown) anticipa i fondamenti del lavoro che sarà portato alla V Conferenza Nazionale per le Politiche della Disabilità appena annunciata per il 16-17 settembre
L’aveva detto a novembre, lo torna a dire adesso: se il legislatore si fosse raccordato con l’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, la legge sul dopo di noi sarebbe stata migliore. Sergio Silvestre è il presidente di CoorDown, il Coordinamento Nazionale Associazioni delle persone con la sindrome di Down: «Non critico la legge, rispetto al nulla è sicuramente un passo avanti, ma non possiamo dire che sia un traguardo: semmai un punto di partenza». Per Silvestre c’era bisogno di fare «una legge spartiacque, cosa che non è. Si parla di evitare l’istituzionalizzazione, che però è cosa diversa dal promuovere la deistituzionalizzazione. E ricordo che – dati Istat – in Italia ci sono 257mila persone a rischio di segregazione». Per invertire la tendenza e spingere un nuovo modello ci volevano parole più decise e maggiori investimenti: «servivano indicazioni precise alle Regioni per ridurre i trasferimenti, non finanziare più nuove strutture, quello sarebbe stato un segnale importante. Oggi invece abbiamo 180 milioni di euro in tre anni, non abbastanza per invertire il paradigma, si finanzierà qualche progetto per regione, coinvolgendo una trentina di persone… Lo stiamo già vedendo con l’azione sperimentale per i progetti di vita indipendente».
Proprio in questi giorni l’Osservatorio Nazionale Disabilità ha terminato un lavoro durato quasi tre anni per stendere le linee guida relative all'attuazione dell'art.19 della Convenzione Onu, proprio quello che sta alla base della legge sul dopo di noi e che ribadisce il diritto delle persone con disabilità di scegliere liberamente dove, come e con chi vivere, evitando ogni situazione segregante o di esclusione o di isolamento. Il documento ancora attende l’approvazione definitiva da parte dell’Osservatorio: sarà poi discusso nei prossimi mesi in vista della definizione del Programma biennale di azione sulla disabilità da approvare entro il mese di ottobre, focus della V Conferenza Nazionale per le Politiche della Disabilità annunciata dal ministro Giuliano Poletti per il 16-17 settembre a Firenze. Nella bozza delle linee guida per l’applicazione dell’articolo 19 della Convenzione Onu si ribadisce che a tutte le persone con disabilità, a prescindere dalla tipologia e dalla gravità, deve essere garantito il diritto di essere coinvolte attivamente. «La redazione e la realizzazione dei piani individuali e dei progetti di vita indipendente sono il presupposto per qualsiasi ragionamento sull’autodeterminazione, purtroppo accade che l’articolo 14 della legge 328 del 2000, indicata da tanti come la miglior legge d’Italia, su cui anche la legge sul dopo di noi si fonda, in tanti territori d’Italia praticamente non esiste», commenta Silvestre.
Abbiamo affrontato nel dettaglio il tema del dopo di noi e gli strumenti necessari per rendere possibile una reale vita indipendente. Si tratta di un documento molto preciso e dettagliato, ma soprattutto condiviso da tutti i componenti dell'Osservatorio. L’obiettivo è far sì che dai principi si passi all'attuazione concreta di modalità condivise e che queste diventino patrimonio di tutti. Lanciamo uno sfida a quanti oggi plaudono alla promulgazione della legge come ad una reale svolta
Sergio Silvestre
«Abbiamo affrontato nel dettaglio il tema del dopo di noi e gli strumenti necessari per rendere possibile una reale vita indipendente. Si tratta di un documento molto preciso e dettagliato, ma soprattutto condiviso da tutti i componenti dell'Osservatorio», anticipa Silvestre. «L’obiettivo è far sì che dai principi si passi all'attuazione concreta di modalità condivise e che queste diventino patrimonio di tutti, da chi ha il potere decisionale di allocare le risorse per favorire il cambio di passo, fino agli operatori che devono garantire il massimo della professionalità. Lanciamo uno sfida a quanti oggi plaudono alla promulgazione della legge come ad una reale svolta». L’ultimissimo impegno del gruppo ha portato alla stesura del capitolo 4, “Verso buone prassi e modelli organizzativi”, nella consapevolezza che la spinta propulsiva di famiglie e associazioni in questi anni hanno già realizzato nuovi modelli, che possano rappresentare un riferimento per la futura organizzazione di politiche e servizi congruenti, inclusivi e sostenibili.
«Non si tratta di costruire un modello sulla base della selezione di quanto attualmente è già praticato o praticabili, ma di individuare criteri condivisi, legati al rispetto dei principi della Convenzione ONU, che fondino soluzioni operative valide su tutto il territorio nazionale», spiega Silvestre. «Il gruppo si è dato la regola di superare l’immediatezza o la soggettività della valutazione (cos’è e cosa non è buona prassi), per assumere criteri guida per valutare in modo più rigoroso e scientifico la distanza fra le prassi analizzate e i principi cardine della Convenzione ONU. Questa individuazione dei criteri guida rimanda ad una successiva e più impegnativa elaborazione di veri e propri indicatori, che a quel punto non saranno utili solo a valutare una prassi, ma potranno essere utili come strumento operativo per modificare un servizio, una prestazione, un’attività nella direzione di quanto espresso idealmente dalla Convenzione ONU».
Foto Getty Images
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