Famiglia

Donne, Pace, Sicurezza e Infowar. I conflitti ricuciti dalle donne

Tre tavole rotonde, sessanta ore di formazione, nove giornate, ottanta peace builders, giornaliste, attiviste, accademiche provenienti dai paesi euromediterranei e da Afghanistan, Iran, Russia, Ucraina, Sahel, Birmania, Tigray, Colombia. Sono a Bari dal 22 al 25 novembre per discutere di Donne, Pace, Sicurezza e #Infowar al settimo Forum delle Giornaliste del Mediterraneo.

di Gabriella Debora Giorgione

Il Forum delle Giornaliste del Mediterraneo, arrivato alla settima edizione, si svolge a Bari a ridosso del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne e che ha come mission dichiarata quella di «Creare ponti e abbattere muri, promuovendo una riflessione sul lavoro delle giornaliste investigative, come presidio di Democrazia e di pace».
Doppio, il filo conduttore della programmazione: “Donne, Pace, Sicurezza e Infowar” sul tema di fondo che si concentra su “Corpi, ecosistemi, comunità: smembrati dai conflitti, ricuciti dalle donne”, accendendo un faro sulle pratiche di costruzione di pace messe in atto dalle donne, sui territori devastati dalle guerre.
L'Università di Bari, con il Dipartimento Formazione, Psicologia, comunicazione, Master in Giornalismo e Balab, Centro per l’innovazione e la creatività, che fin dalla prima edizione ha condiviso la spinta valoriale del progetto, ha inserito il percorso formativo del Forum – che è organizzato da Fondazione Pangea e dall’Associazione Giornaliste del Mediterraneo, in collaborazione con il Corecom Puglia, l’Università di Bari, la cooperativa di giornalisti IdeaDinamica, Giulia Giornaliste in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri – nel dottorato di ricerca in “Scienze delle relazioni umane”.

Un lavoro di networking che, insieme a quanto emergerà da questi tre giorni, saranno la base per sviluppare tre position paper sull’Agenda DPS-WPS (Women, Peace and Security) Piano d’azione Nazionale dell’italia “Donne, Pace e Sicurezza”, ossia i conflitti ideologici, sociali, politici, religiosi, ambientali in tre aree di crisi: Afghanistan, Ucraina, Sahel. Nella prima sessione del Forum, tenutasi a Roma dal 9 al 12 novembre scorsi, attiviste, peace builders, giornaliste, provenienti da Afghanistan, Ucraina e Sahel hanno elaborato tre documenti sui quali ci si sta confrontando a Bari.

Quest'anno il Forum si inserisce in un contesto politico internazionale dilaniato dalle guerre: «La guerra è, come sempre, lo strumento per la ridefinizione dei poteri», dice Simona Lanzoni, Vice Presidente Fondazione Pangea onlus, e aggiunge «Per questo, quando parlano le armi, le donne vengono spesso cancellate e ridotte a una condizione di subalternità e di sole vittime. È fondamentale invece riconoscere il loro ruolo nei processi di pace, nella ricostruzione del tessuto sociale e umano e nella risoluzione dei conflitti. Un ruolo spesso taciuto o trascurato, perché le guerre storicamente vengono raccontate al maschile».

Il Forum, infatti, mette insieme donne che lavorano per la pace provenienti da luoghi dilaniati dai conflitti come l’Afghanistan, l’Ucraina o il Sahel e questo proprio perché vuole rivendicare «Il ruolo attivo e centrale delle donne nei processi di pace e ribadire che l’agenda legata alla risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza e quelle seguenti su Donne, Pace e Sicurezza, le riconoscono non solo come vittime ma anche come costruttrici di pace dei processi politici», conclude Lanzoni (foto sopra).
In Ucraina come in Afghanistan o nel Sahel sulle donne ricade il costo economico e sociale delle guerre. Sui loro corpi, emozioni, intelligenza. Le guerre le rendono povere e invisibili, perché rendono invisibile qualsiasi altro attore a parte i governi, gli eserciti e gli uomini. Per questo il Forum delle giornaliste del Mediterraneo ritiene indispensabile far parlare le donne di tutto il mondo, perché il loro contributo è fondamentale per la difesa dei diritti umani e per scardinare quelle disuguaglianze di genere che la guerra vuole rafforzare.

«Assistiamo ad una informazione di guerra spesso “pornografica”», sostiene in apertura Marilù Mastrogiovanni (foto sotto), direttrice del FMWJ, che rincara: «Il soffermarsi compiaciuto sui dettagli, il non rispetto della privacy delle vittime, la negazione delle voci di chi si oppone alla guerra, di chi dissente, e di chi ricostruisce. Per questo anche quest’anno il Forum si impegna a dare voce alle giornaliste che ogni giorno, raccontando e approfondendo i fatti, anche mettendo a rischio la propria vita, diventano human rights defenders, difensore dei diritti umani, in un momento in cui la libertà di stampa e d’espressione, anche nel nostro Paese, è nel mirino».

Bussola del Forum è la dichiarazione dei diritti delle donne scaturita dalla conferenza mondiale delle donne a Pechino e dalla Risoluzione 1325 dell’ONU, accompagnata dal profondo convincimento che la libertà di stampa e di espressione, insieme alla conoscenza, siano diritti umani inviolabili.

foto copertina: ONU

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