Pacchetto sicurezza

Donne incinte in carcere, Cittadinanzattiva: «Norma incivile»

Il Consiglio dei ministri approva una misura che prevede la detenzione per le mamme in attesa e con bambini piccoli fino a un anno. Le reazioni della società civile affinché il disegno di legge non prenda corpo in Parlamento

di Nicola Varcasia

In uno dei tre disegni di legge approvati dal Consiglio dei ministri lo scorso 16 novembre, e che compongono il nuovo “pacchetto sicurezza”, emerge la previsione dell’ingresso in carcere per le donne incinte e per le mamme con bambini piccoli al seguito. In particolare, per le donne in gravidanza e le madri di figli fino a tre anni, si prevederebbe di introdurre «un regime più articolato per l’esecuzione della pena». Ma quale sarebbe questo regime più articolato?

Misure inasprite

In pratica, si eliminerebbe il rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena per le donne incinte e le madri di bambini di meno di un anno di età, prevedendo la detenzione negli istituti a custodia attenuata per detenute madri – Icam: «Nell’ipotesi di donne incinte e madri di prole fino a un anno, ove si escluda il differimento della pena per grave pericolo, si prevede sempre e comunque l’esecuzione della pena presso gli istituti a custodia attenuata», è scritto sul sito del Governo.

Allarmismi mediatici

Sulle ragioni di denuncia Laura Liberto, coordinatrice nazionale giustizia per i diritti di Cittadinanzattiva, commenta: «Una stretta inutile e gratuita che, in nome di presunte e indimostrate esigenze di sicurezza pubblica, come il contrasto alle borseggiatrici che minaccerebbero le nostre città, colpisce con il carcere mamme e bambini».

Le alternative ci sono


Prosegue Liberto: «Da anni denunciamo il problema della reclusione dei bambini, ristretti in carcere al seguito delle madri detenute, con la campagna L’infanzia non si incarcera. Nel tempo abbiamo lavorato, assieme alle forze politiche, alla elaborazione di misure di sistema che garantissero, a donne in gravidanza e madri con piccoli al seguito, percorsi del tutto alternativi alla detenzione in istituti penitenziari, attraverso l’implementazione del sistema delle case famiglia».

Una stretta inutile e gratuita che, in nome di presunte e indimostrate esigenze di sicurezza pubblica, come il contrasto alle borseggiatrici che minaccerebbero le nostre città, colpisce con il carcere mamme e bambini

Laura Liberto

Quelle proposte, ricordano ancora da Cittadinanzattiva, sono stata presentate nella scorsa legislatura all’interno della Legge Siani e riformulate in quella attuale con un identico testo di legge, non hanno mai visto la luce proprio a causa di un’improvvisa e strumentale levata di scudi da parte delle forze politiche di maggioranza che, pochi mesi fa, ne impedirono l’approvazione.

Mobilitazione

Ora si interviene con provvedimenti addirittura peggiorativi della normativa vigente, che colpiscono un presidio di civiltà giuridica, aprendo alla possibilità di detenzione per le donne in gravidanza e che finirebbero con l’aumentare il numero dei piccoli ristretti negli istituti penitenziari. «Non uno, ma mille passi indietro rispetto alle iniziative legislative percorse negli anni e rivolte a porre la tutela della maternità e del benessere psicofisico dei bambini al centro degli interventi di riforma. Una prospettiva», conclude Liberto, «da scongiurare con decisione e su cui ci mobiliteremo affinché non prenda corpo in Parlamento». Un Paese che inasprice l’accesso al carcere per le donne incinte, sia pure presso gli istituti a custodia attenuata, è un Paese insicuro, certo. Ma di se stesso.

In apertura foto di Piero Cruciatti per LaPresse

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