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Donne e azzardo. Quale emancipazione può venire dalle slot?

Pietro Barbetta direttore del Centro milanese di Terapia della Famiglia: «Se metto sotto casa tua una slot machine, se la metto dove vai a prendere il caffè, nell’immaginario questo significa che porterai a casa dei soldi e darai uno schiaffo morale a tuo marito. Ecco la patologia»

di Anna Spena

Negli ultimi anni i bar e le tabaccherie si sono riempite di slot machine. Forse nessuno ha veramente compreso per tempo il disastro che si stava prefigurando. Non pensate alle slot come a strane latte di metallo inanimate. La forza delle macchinette è, al contrario, una forza paradossalmente "viva" che fa leva su fragilità e problematiche preesistenti. Le macchine diventano soggetti attivi che distruggono vite, consumano relazioni, spaccano famiglie. E anche le donne, che delle famiglie sono il cuore. Nel numero di Vita in edicola "Exit Slot" abbiamo dedicato una sezione proprio a loro.


Pietro Barbetta direttore del Centro Milanese di Terapia della Famiglia, insegna Teorie psicodinamiche all’Università di Bergamo ed membro di World Association for Cultural Psychiatry (WACP) e dell' International Society for Psychological and Social Approach to Psychosis (ISPS). Tra le altre cose, il professor Barbetta dirige un importante master all'Università di Bergamo sulle patologie da gioco d'azzardo.
La sua attenzione è rivolta in particolare al tema della violenza e della violenza di genere. Sul rapporto tra violenza, genere e "gioco" lo abbiamo incontrato.

Perché sta crescendo vertiginosamente il numero delle giocatrici in Italia?
Le donne cercano fuori dalla famiglia ambiti in cui possono produrre autodeterminazione. A volte incappano in distorsioni, come chiunque, le distorsioni son lì, ci aspettano, sono, per dir così, attori sociali. Un conto è studiare, avere un lavoro e vivere di quello. Un altro invece è sognare di emanciparsi attraverso condizioni che ricordano la scena del film “il Caimano”, dove dal soffitto ti casca una valigia piena di bigliettoni. In qualche modo io credo che il gioco d’azzardo produca una distorsione nel processo di emancipazione femminile. Dal momento in cui non c’è più un soggetto collettivo, o il soggetto collettivo viene meno, gli individui vengono parcellizzati e si comportano nel sociale in maniera inusitata. Si producono così patologie che non sono individuali ma sociali. Il gioco d’azzardo è soprattutto una patologia sociale perché produce una distorsione illusoria.

Cosa intende per soggetti collettivi?
Tutte quelle istanze in cui il soggetto non si identifica con se stesso e basta. Ma si mette in relazione con l’altro. Riconosce le differenze con lui. La famiglia è un soggetto collettivo. Per essere tale ha bisogno di auto-riconoscimento.

Qual è il soggetto collettivo principale per le donne?
Per antonomasia è il femminismo, lo si può chiami così o movimento femminile, a seconda dei casi e delle epoche storiche. In questo soggetto si vede come la femminilità (il femminino) produca, in qualche modo, un auto riconoscimento che gli uomini non sopportano. Nel momento in cui questo soggetto collettivo viene meno ci sono “uscite individuali”. Il soggetto individuale viene poi “collettivizzato” dall’altro, che ne approfitta: alcol, gioco d'azzardo, ecc.

“L’altro” che poi ne approfitta, in questo caso, sono le slot machine?
È chiaro che se metto sotto casa tua una slot machine, se la metto dove vai a prendere il caffè, nell’immaginario questo significa che porterai a casa dei soldi e darai uno schiaffo morale a tuo marito. L’idea è quella che in un colpo di slot “guadagnerò tanti di quei soldi che mio marito non ha mai visto in tutta la sua vita!”. Questa è la patologia.

Quindi giocano alle slot perché attraverso il denaro vogliono emanciparsi?
Il denaro di per sé non ha mai prodotto alcuna emancipazione; la cultura la crea.

Però, in questi casi, diventa quasi come l’ago della bilancia. Uno strumento “per rifarsi” sui mariti…
Esatto, il termine “marito” è azzeccato. Se dentro la struttura della famiglia eterosessuale moderna non ci sono forme di emancipazione vera, come la cultura (teatro, cinema, studio, letture, musei, arte, musica, ecc.), si crea un’emancipazione falsa, illusoria, si va dentro la patologia. Le slot machine in queste nuove forme patologiche si configurano come soggetti attivi. Attori sociali: “la puntata”, l’ambiente, la macchina, il luogo, l'assnza di orologi, ecc. Si crea una trappola, un altro dispositivo si sottomissione.

Quanta violenza c’è dentro l’esperienza di gioco?
Gioco d'azzardo, non gioco, non dimentichiamolo, il gioco onesto, infantile, senza imbrogli è indispensanile alla nostra vita. Nell'azzrdo invece molta, è la violenza stessa a diventare fattore attrattivo. Un modo per violare il principio di piacere.

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