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Doninelli: «I porti chiusi sono la negazione dei principii fondamentali della nostra civiltà»
Lo scrittore ha firmato l’appello “Non siamo pesci” promosso da Luigi Manconi e Sandro Veronesi, con cui chiedono l'istituzione di una commissione di inchiesta sulle stragi nel Mediterraneo e di realizzare una missione in Libia perché “non possiamo e non vogliamo essere complici di questa strage”. A Vita.it il perché di questa scelta. «Secoli di storia e di intelligenza ci hanno insegnato che i problemi si risolvono affrontandoli, non negandoli. Da questo è nata la più grande civiltà che la storia umana ricordi»
Voglio spiegare in breve perché, nonostante la mia strutturale incapacità di firmare appelli e di aderire a schieramenti (fosse anche quello di mia madre) ho deciso di firmare l’appello “Non siamo pesci” (scaricabile in allegato) promosso da Luigi Manconi e Sandro Veronesi. L'appello inzia così: “Non siamo pesci”: così Fanny, fuggita da un conflitto armato in Congo e per 19 giorni a bordo della nave Sea Watch.
Premetto: non sono mai stato di destra e men che meno di sinistra. Ho una sola patria: la mia (poca) fede cristiana. Una fede semplice, rozza se vogliamo, dalla quale non traggo conseguenze etiche del tipo “se sei cristiano, allora devi…”. E amo la civiltà nella quale sono cresciuto, che ha dato al mondo Omero, Aristotele, Seneca, Giotto, Dante, Cervantes, Velazquez, Dostoevskij, Tolstoj, Céline e tanti altri uomini dai quali ho imparato a diventare quello che sono.
Insomma, io sento di appartenere alla comunità cristiana e a quella culturale, non a una comunità politica o ideologica. Probabilmente è un difetto, un errore di natura, non so: ma è così.
Firmo l’appello “Non siamo pesci” perché uno di quei “pesci” vive a casa mia: è intelligente, giovane, ha una vita interiore profonda, porta con sé infiniti drammi, ha visto tragedie inimmaginabili, ha visto morire il suo migliore amico ucciso in Libia, pensa anche meglio di me e vuole avere una vita come l’ho avuta io.
Per me è un figlio, ma per il mondo è un clandestino.
Purtroppo, nel frattempo, la gente ha ricominciato a morire in mare. Uomini come me, con un nome e un cognome, fuggiti da condizioni difficili da immaginare, ma con un cuore come il mio, taluni peggiori di me, altri migliori, non m’interessa. Esseri umani unici, irripetibili, come il mio caro Abdoul Kader, anche lui sbarcato a Lampedusa, anche lui accolto in qualche modo, anche lui alla ricerca di essere, semplicemente, quello che è: un essere umano.
Intanto, i porti restano chiusi. Non ce l’ho particolarmente con Salvini, ce l’ho con tutta l’Europa (quindi anche con Salvini, che ha soltanto allineato l’Italia al vergognoso silenzio europeo): un’Europa che ha dimenticato la propria origine greca, romana, cristiana e universalista, e sa solo difendersi come fanno tutti quelli che non hanno futuro.
Questi non sono pensieri di sinistra. Io voglio un futuro per i pochi anni che mi restano, per i miei figli, per Abdoul Kader e per tutti quelli che vogliono un futuro.
Questi sono principii fondamentali della nostra civiltà: quella stessa civiltà che i suoi “difensori” sembrano aver dimenticato completamente. Il razzismo, il rifiuto dell’altro, la difesa strenua dei confini sono cose che non appartengono affatto alla civiltà occidentale, ma al mondo tribale.
Gli arabi generalmente odiano i neri, i senegalesi mal sopportano i nigeriani, e così via.
Noi abbiamo imparato qualcosa di nuovo, di diverso. La considerazione della vera natura umana è frutto della nostra storia. Chi dice di difenderla e chiude i porti fa uno sproposito innanzitutto verso la civiltà in cui è nato. Siamo veramente all’eterogenesi dei fini.
Secoli di storia e di intelligenza ci hanno insegnato che i problemi si risolvono affrontandoli, non negandoli. Da questo è nata la più grande civiltà che la storia umana ricordi.
Perciò per il caro Abdoul, per tutti gli Abdoul del mondo, per tutti gli uomini che hanno diritto di partecipare ai tesori della mia civiltà (che è stata edificata per il mondo intero, non solo per sé stessa) io firmo e sostengo il sacrosanto appello di Manconi e Veronesi. E non me ne frega niente se mi daranno del comunista. Vorrà dire che il mio povero nonno, comunista dal ’21, di lassù sarà un po’ contento di me.
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