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Donazioni, la fiscalità rimane il nodo da sciogliere

L’intervista con Edoardo Patriarca, presidente dell’Istituto Italiano della Donazione: «occorre gestire gli sgravi fiscali come investimenti per lo sviluppo sociale e non come un onere per le finanze pubbliche»

di Monica Straniero

L’Istituto Italiano della Donazione, IID, ha organizzato, in collaborazione con Banco Popolare un evento per presentare tre indagini dedicate al non profit. L’obiettivo, ha spiegato Edoardo Patriarca Presidente IID, è quello di fornire una fotografia dello stato di salute del terzo settore italiano e allo stesso tempo cogliere l’occasione per comunicare i vincitori del bando “Giorno del Dono 2016”, per la ricostruzione post terremoto.

Che sono: l’Associazione Maria Madre della Provvidenza, (AMMP) Giorgio Valsania Onlus, con il progetto “Missione Centro Italia 2016”, l’Ai.Bi con “Un Paese ci vuole” e Cesvi con l’iniziativa “Terremoto Centro Italia”, supporto urgente agli allevatori alle aree colpite. «Il comitato di valutazione ha scelto tre progetti molto diversi tra loro ma accomunati dalla capacità di rispondere in tempi brevi alle necessità reali dei territori più colpiti dal terremoto del 24 agosto scorso», ha aggiunto Patriarca.

«I progetti vincitori da un lato infatti dedicano grande attenzione ai più fragili attraverso un’analisi accurata di ciò di cui hanno davvero bisogno, e, dall’altro, favoriscono la cooperazione e la coesione sociale delle persone e degli enti colpiti».


Ma qual è la situazione del dono in Italia?
È una realtà ancora molto complessa. Con l’evento di oggi si conclude il Giorno del dono 2016, un percorso che in questi mesi ha coinvolto scuole, comuni, associazioni e cittadini per costruire una vera e condivisa cultura del dono orientata alla diffusione dei valori costitutivi dell’Istituto: gratuità, solidarietà, condivisione con gli altri di una parte del proprio benessere economico. Valori invocati di frequente su tanti fronti ma spesso non realizzati. Il messaggio che si vuol far passare è che donare rende felici e fa bene. In un mondo dove le logiche di scambio sono dominate dalla ricerca del profitto, donare denaro, ma anche tempo e idee, non è solo un gesto di solidarietà ma si rivela anche uno strumento prezioso per potenziare le misure di protezione sociale.

Dalla prima indagine presentata oggi da Giovanni Sarani dell’Osservatorio di Pavia, è emerso che nei mass media il dono diventa notizia in occasione di emergenze umanitarie, immigrazione e povertà. Come si può cambiare la rappresentazione del dono nell’informazione italiana?
Al di là della tendenza dei mass media alla spettacolarizzazione delle notizie soprattutto quando riguardano fenomeni come terremoti e altri disastri naturali, occorre cambiare la percezione della donazione nella misura in cui tale pratica è considerata come risposta alle emergenze. L’informazione deve in sostanza mettersi al servizio della cultura del dono, attraverso, ad esempio, un format televisivo ad hoc che racconti ogni giorno ciò che di buono è capace l’Italia.

Paolo Anselmi, Vice presidente di Gfk Eurisko, ha invece delineato il rapporto tra gli Italiani e le donazioni. Negli ultimi dieci anni si sono persi 5 milioni di donatori. Come lo spiega?
È l’effetto della crisi che ha colpito soprattutto i piccoli donatori, persone che elargivano regolarmente somme ridotte, dai 30 ai 100 euro. Una flessione compensata in parte dalla tenuta dei forti donatori. È giunto il momento per le associazioni di sperimentare nuove strumenti di raccolta fondi. Investire in uno sviluppo sistematico del fundraising che abbini le donazioni a progetti continuativi in grado di valorizzare anche i contributi dei piccoli donatori che sono da sempre lo zoccolo duro del Terzo Settore. Le esperienze hanno dimostrato che le emergenze consentono di raggiungere risultati eccezionali solo nel breve periodo.

L’IID svolge periodicamente un’indagine dedicata agli indici di efficienza economica dei propri associati. Cosa dicono gli ultimi dati disponibili?
Che le raccolte fondi più efficienti risultano essere quelle realizzate dalle organizzazioni con maggiore esperienza nella pratica di fundraising e che possono permettersi investimenti per potenziare ed innovare le modalità di raccolta fondi utilizzata. Nello specifico si sono dimostrate più efficienti gli enti capaci di agire con la massima trasparenza per non tradire la fiducia dei donatori e di rendicontare come hanno usato le donazioni raccolte. Non solo. L’efficacia delle donazioni si dimostra anche in relazione all’impatto positivo che sono in grado di generare sulla vite delle persone, sul territorio o sulle comunità di riferimento. La speranza è quella di aumentare in modo significativo il numero dei donatori consapevoli che con il loro contributo possono davvero cambiare le cose.

L’Italia è il primo e unico Paese che riconosce e legittima, con una legge, l’importanza del dono. Quali sono i passi successivi per far crescere le ragioni della solidarietà?
Nella legge di riforma del Terzo Settore il nodo da sciogliere se si vuole puntare a far crescere le donazioni, rimane la questione della fiscalità agevolata prevista per gli enti non profit. Quello che comunque si prospetta è una strada tutta in salita. Almeno fino a quando si continuerà a gestire gli sgravi fiscali come un onere per le finanze pubbliche e non come investimento per lo sviluppo sociale. In sostanza occorre passare ad un sistema di welfare rigenerativo capace di trasformare i trasferimenti economici in investimenti e i costi in rendimenti.

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