Cultura

Don Santoro: Perché ero lì

«Venire qui per far che cosa? Nulla. Per vivere da cristiano». Così il sacerdote romano spiegava la sua scelta davanti alle telecamere di Sat2000. di Andrea Santoro

di Redazione

Il privilegio di questa terra è il privilegio della memoria biblica, che ci riporta alla generazione di Noè. Qui il monte Ararat ci fa pensare a un peccato alto 5mila metri, ma anche a una misericordia ancora più alta che tutto risana e purifica e rilancia una nuova generazione. Oggi questa montagna unisce e separa l?Azerbaijan, la Turchia, la Russia e l?Armenia. Ma forse indica a noi una direzione: come Dio ha purificato, lasciamoci purificare confessando a noi stessi le nostre bassezze, la nostra meschinità.

Aprire a tutti il cuore e la chiesa

Qui giù abbiamo modo di confrontarci con diverse realtà. Con i pochissimi cattolici da curare, custodire, da far crescere. Con i tanti ortodossi che vengono dalle ex repubbliche sovietiche che qui non hanno un prete, una chiesa, persone da accogliere come fratelli di una fede. Occorre aprire ad essi le porte del cuore e quelle della chiesa. Con i visitatori, tantissimi, soprattutto giovani, che vengono in chiesa a vedere, a chiedere, vogliono capire un po? meglio il cristianesimo. Poi c?è la città nel suo complesso, le autorità, la gente dei quartieri e il grosso mondo della prostituzione di Trabzon. Moltissime prostitute sono cristiane e tutti i clienti musulmani. Si tratta di entrare in questo mondo così difficile.

Perché qui?

Ho scelto questo posto per due motivi. Il primo perché rappresenta il punto di incontro tra ebrei, cristiani e musulmani. Partire da qui, da dove è partito Abramo. Il secondo motivo è che trovavo affascinante l?idea di ricominciare da capo. Abramo fu chiamato a 75 anni, quando venni qui ne avevo 55. A 55 anni si può, anzi si deve avere il coraggio di ricominciare, scoprendo le vie che Dio indica. Non c?è fede che non sia partenza. Il cristiano deve essere sempre disponibile a partire, se non c?è questa disponibilità non c?è fede. Partire vuol dire mettersi in cammino e andare dove Dio si manifesta. Più sei riempito e svuotato da Lui, più diventi una fonte di benedizione per gli altri. Avere la disponibilità di misurarsi faccia faccia dove Lui prende le redini della tua vita, dove Lui organizza, dove le incertezze che vengono da Dio sono preferibili alle certezze che vengono da te.

Vivere da cristiano

Quando invito delle persone a stare qui con me chiedo loro di regalare la loro semplice e umile presenza di cristiani. Venire qui per fare cosa? Nulla. Vivere da cristiano. Quando si sta qui ci si domanda sono davvero un cristiano? Non posso parlare, non posso fare, non ho molto da agire. Ma allora chi sono? Cosa ho dentro? Tutto questo mi ha cambiato. Credo mi abbia migliorato. Mi ha fatto riscoprire nell?umiltà, nella pochezza, nella solitudine, nel nascondimento, le sorgenti nascoste. Se tra te e Dio c?è qualcosa questo si manifesta. Se ami gli altri pur non potendo fare, allora ami davvero. Se ogni parola, ogni sorriso, ogni saluto, ogni spesa che fai, ogni dischiudersi di una porta è un atto di amore sincero, gioviale, allegro, spontaneo, limpido, pulito, allora veramente puoi dire che ami. Ma se ami soltanto quando sei circondato da un certo apparato, quando hai certe soddisfazioni, forse, chissà, il dubbio che non sia amore così profondo, così vero.

Il mio sogno

Qual è il sogno che affido al Signore? Il primo sogno è che i suoi sogni si realizzino, i nostri sogni valgono poco, sono i suoi che contano. Al Signore chiedo di realizzare i suoi disegni, i suoi desideri. Anche per noi sognare è lecito purché i sogni vengano rimessi a Lui, alla sua volontà. Io ne ho uno. Mi piacerebbe che si realizzassero piccole, piccolissime luci che rendano presente il nome di Gesù e che diventino dei piccoli fermenti di incontro, di riconciliazione, di dialogo, di testimonianza tra ebrei, musulmani e cristiani. Che queste piccole luci in fraternità, attorno alla parola, alla preghiera, all?eucarestia, e in comunione fraterna risplendano in mezzo agli altri portando sul volto quello che hanno dentro.

Il mio sangue per la rappacificazione

Gesù diceva «gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente avete dato». Che cosa? Lo spirito di Dio. La riconciliazione nasce dal sangue di Dio. Una rappacificazione che paga un prezzo, il prezzo è il proprio sangue, il proprio dono, il proprio amore. Qui siamo al confine con terre dilaniate dall?odio, dalle guerre. Benissimo è la stessa parola di Gesù, il suo stesso nome che ancora oggi può riconciliare le comunità cristiane tra di loro, i cristiani e i musulmani, i cristiani e gli ebrei e gli ebrei e i musulmani. Il nome di Gesù è un nome di pace, un nome che indica l?unione con il Padre, che unisce chiunque, che non conosce frontiere, che non conosce la parola nemico, non conosce la parola straniero. Dopo Paolo ora tocca a noi.

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