Welfare

Don Mimmo Battaglia: l’indulto non risolve i problemi

Don Mimmo Battaglia dopo il messaggio del Presidente Napolitano osserva che «il mero provvedimento di clemenza, oltre a mettere in discussione il valore educativo della pena, non è risolutivo». Perché «la legge da sola non educa!»

di Redazione

Per Don Mimmo Battaglia, presidente della Fict  –  Federazione Italiana delle Comunità Terapeutica «una legge da sola non risolve il problema…!». Il riferimento è al messaggio del Presidente Napolitano per ribadire la necessità che il Governo assuma iniziative efficaci per porre rimedio al problema del sovraffollamento carcerario.
E prosegue: «Da sempre questa Federazione ritiene che il mero provvedimento di clemenza, oltre a mettere in discussione il valore educativo della pena, non sia risolutivo della problematica in quanto rischia di decongestionare solo per un breve arco temporale gli istituti penitenziari, sicuramente fatiscenti ed inidonei».

«Un buon carcere e una più attenta politica  dell’esecuzione penale che punti ad una  alternativa alla pena, che non si riduca a provvedimenti sbrigativi come  il decreto “ svuota carceri”, che non ha inciso significativamente sul problema del sovraffollamento, garantiscono anche una maggiore sicurezza sociale» continua il presidente della Fict. «Per prevenire comportamenti recidivanti è necessario accompagnare la pena  con adeguati interventi di sostegno o da misure alternative alla pena stessa. I dati confortano il pensiero che, in tali casi è più difficile che la persona commetta nuovi reati. Finora è prevalsa la sola la linea repressiva, abbiamo bisogno, invece,  di una politica che costruisca e restituisca speranza alla gente e che aiuti anche chi ha sbagliato a riscattare la propria storia. Per questo la politica è chiamata ad avere coraggio: la legge da sola non educa!»

Don Mimmo Battaglia conclude: «Concordiamo con il Presidente della Repubblica allorquando invita  i nostri Giudici a fare un utilizzo più prudente della custodia cautelare in carcere: i dati confermano la massiccia presenza di detenuti in attesa di giudizio la cui pericolosità ben potrebbe essere contenuta con misure differenti»
 

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